I conti (neri) del Superbonus
Quanto ci è costato, quanti euro sono stati truffati, perché il Governo ha deciso per lo stop di una misura non più sostenibile
Il superbonus finora è costato 2mila euro a ogni cittadino italiano. E non parliamo di chi ha fatto i lavori e ha usufruito del bonus, parliamo degli italiani in generale. A dirlo è stato il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, nel giorno del decreto-legge che stabilisce lo stop alla cessione dei crediti e allo sconto in fattura.
Finora la spesa è stata di 110 miliardi di euro (61,2 miliardi per il superbonus e 19 miliardi per il bonus facciate). Per il superbonus la spesa preventivata era di 37 miliardi. Uno scostamento di 25 miliardi di euro. E in totale (contando anche l’intervento sulle facciate), c’è uno scostamento di quasi 38 miliardi dalle previsioni iniziali. Risorse che pesano e peseranno sulle casse dello Stato. E la stima è destinata ad aumentare. Si stima che i dati aggiornati a fine gennaio 2023 registrerebbero (quando saranno diffusi) 120 miliardi di euro e le detrazioni a fine lavori a carico dello stato a 71.7 miliardi di euro, quindi 10 miliardi in più dei 61,2 considerati già oggi un problema per i conti dello Stato.
A questo si aggiungono le frodi, centinaia per un valore di almeno 5,7 miliardi, ai danni dello Stato e dei cittadini. Le frodi accertate (non si possono quantificare i danni di quelle sommerse) consistono nella creazione e nell’utilizzo di crediti d’imposta inesistenti, fatte con fatture false per opere edili non eseguite o non ultimate.
C’è poi il versante banche e il caos (costoso per lo Stato) della cessione del credito. Gli istituti di credito non hanno più “spazio fiscale” per comprare nuovi crediti dalle imprese che hanno praticato lo sconto in fattura ai propri clienti. I cassetti fiscali straripano. I crediti si sono accumulati senza controllo e molti questi crediti sono rimasti bloccati, a carico delle aziende edili. Secondo le stime dell’Associazione nazionale costruttori edili ci sono oltre 15miliardi di crediti bloccati che tradotto significa 25mila imprese a rischio fallimento, 130mila posti di lavoro persi nel settore costruzioni e problemi per 90mila cantieri aperti. Bisogna dire che le regole in questi due anni sono cambiate decine di volte, aumentando il caos normativo e i costi. Basta pensare alle condizioni con cui vengono acquistati i crediti dalle banche. Se all’inizio le condizioni variavano da 100 a 105 euro si è arrivati alla fine a 78. E rendere senza limiti la cessazione del credito (visto che i cassetti fiscali sono pieni) significherebbe creare debito pubblico.
A dimostrazione dell’impatto della questione “cessione credito” sul superbonus ci sono anche i calcoli di Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile). Al 31 dicembre 2022 gli investimenti erano 62,4 miliardi, mentre nel 2021 erano stati di 23,7 miliardi. Uno scatto quindi fatto prima che iniziasse a incepparsi l’ingranaggio delle detrazioni. In media (sempre dati Enea) un condominio ha speso 599 mila euro per intervento, un edificio unifamiliare 114 mila euro e un’unità indipendente circa 97 mila euro. Le spese maggiori al Nord. Prima la Lombardia con 11.93 miliardi di investimenti a detrazione nel 2022. Al secondo posto il Veneto con 6,1 miliardi di agevolazioni.
Per concludere i conti in tasca al superbonus va dato uno sguardo all’occupazione. Da agosto 2020 a ottobre 2022 secondo il Censis l’impatto dell’occupazione è stato di 583mila persone direttamente coinvolte nel settore edile e nel suo indotto, più altri 319mila lavoratori in settori collegati indirettamente al mondo dei cantieri.
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