Aeroporto Dubai
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Economia

Compagnie aeree: 3 variabili che cambiano il business

Prezzo del petrolio, componente geografica e impatto della politica: così il settore aereo si piega a nuovi modelli per i suoi affari

Negli ultimi dieci anni, il numero di passeggeri trasportato dalle compagnie mediorientali è triplicato, raggiungendo quota 155 milioni nel 2015. I quattro operatori della regione - Emirates, Etihad, Qatar Airways e Turkish Airlines - sono diventati il punto di riferimento per i viaggiatori in transito dall’Europa all’Asia. Un ruolo che è valso a queste compagnie il titolo di “super-connettori”. Adesso, avverte The Economist, le cose stanno cambiando, perché tre variabili stanno scrivendo un nuovo capitolo nelle strategie dell’aviazione commerciale.

Il prezzo del petrolio

A partire dal 2014, il calo del prezzo del greggio ha ridotto la capacità di spesa dei viaggiatori e ha compresso la domanda per i voli dal Medioriente. In particolare, le imprese operanti nel settore dell’energia, responsabili del 29% del Pil dei paesi del Golfo, hanno tagliato i voli in business e first, le classi di viaggio più profittevoli per le compagnie aeree.  

La componente geografica

Quando nel 1985 Sir Tim Cook, presidente di Emirates, ha aiutato il governo di Dubai a lanciare la compagnia, aveva ben presente che un terzo della popolazione mondiale vive a quattro ore di volo da Dubai e due terzi si trovano a otto ore di distanza. Una serie di attacchi terroristici e la situazione politica in Turchia stanno erodendo i vantaggi di questa posizione: molti passeggeri, infatti, preferiscono usare come hub aeroporti in altri angoli del mondo. In base ai dati di marzo, la capacità di utilizzo delle compagnie mediorientali si è fermata al 73%, il punto più basso dal 2006 e addirittura inferiore al picco della crisi finanziaria del 2008 - 2009. 

L’impatto della politica

A complicare ulteriormente le cose ci si mette la politica: le restrizioni all’immigrazione varate dal presidente americano Donald Trump, infatti, hanno rallentato il traffico di passeggeri provenienti dal Medioriente e diretti verso gli Stati Uniti. Emirates, per esempio, ha registrato un calo della domanda del 35% nelle rotte dirette in America. Ma anche il bando dei laptop ha impattato sul traffico dei passeggeri: sono soprattutto i professionisti pagati su base oraria quelli che non vogliono fare i conti con le imitazioni all’utilizzo di computer in cabina. Risultato: dopo tre anni di rapida espansione, nel mese di aprile, Emirates haridotto del 20% i viaggi verso gli Stati Uniti. 

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I bilanci

In base ai dati presentati recentemente, i profitti di Emirates hanno ceduto l’82% lo scorso anno, mentre Turkish ha annunciato la prima perdita dalla privatizzazione avvenuta nel 2004. Se Qatar Airways continua a mantenere le quote, deve dire grazie al supporto istituzionale del suo paese e all’alleanza con Iag, proprietaria di British Airways in cui la compagnia detiene una quota del 20%. Questo, infatti, garantisce alla Qatar una certa quota di passeggeri in partenza da Londra e diretti verso l’Asia. Etihad, invece, deve fare i conti con un momento di grande difficoltà. Fra le opzioni più radicali sul tappeto - riferisce sempre The Economist - ci sarebbero addirittura la chiusura delle attività o una fusione con Emirates che, però, non avrebbe interesse a gestire la complessità di due hub nella regione. 

L'effetto della tecnologia

Per capire in che direzione potrà evolvere il mercato, bisogna considerare gli ultimi modelli di aeromobili: il Boeing 787 e l’Airbus A350, infatti, rendono più profittevole portare un numero minore di passeggeri lungo le tratte a lungo raggio. Questo non solo permette di aumentare i collegamenti fra città secondarie di paesi molto distanti fra loro, ma mette in discussione la necessità di uno stop-over in Medioriente. Le compagnie aeree tradizionali e le low cost a lungo raggio, come Norwegian e AirAsia X, sono fra i primi acquirenti di questi modelli: Airbus, per esempio, ha 750 ordini in attesa per gli A350 e solo 107 per gli A380.

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Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

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