Se i socialisti sono piu’ austeri della Merkel
Economia

Se i socialisti sono piu’ austeri della Merkel

“Signora Merkel, lei vuol spendere troppo”. Come? Spendacciona la paladina del rigore? L’accusa sembra inverosimile. E diventa addirittura paradossale se si guarda al pulpito dal quale arriva la predica: non gli euroscettici di Alternative für Deutschland né i liberali, ma …Leggi tutto

“Signora Merkel, lei vuol spendere troppo”. Come? Spendacciona la paladina del rigore? L’accusa sembra inverosimile. E diventa addirittura paradossale se si guarda al pulpito dal quale arriva la predica: non gli euroscettici di Alternative für Deutschland né i liberali, ma i socialdemocratici.

Accade in Germania e accade in tempo di elezioni. Tutto il mondo è paese. O quasi. E’ stato il leader della Spd, Sigmar Gabriel, un socialista d.o.c., ad accusare la Cancelliera di fare promesse che non può mantenere e ha parlato di “frode elettorale”. Fin qui tutto come da copione. Ma la stranezza è che la Merkel propone cose da sinistra sociale: benefici fiscali per i figli, aumento delle pensioni per le casalinghe e più investimenti nelle infrastrutture. La Spd ha calcolato che gli sconsiderati impegni costeranno 28,5 miliardi di euro, troppo anche per un bilancio pubblico in pareggio. “Proprio lei che dice a tutta Europa di risparmiare, ha le mani bucate!”, accusa Gabriel.

Ora, è vero che tutto fa brodo per attaccare l’avversario e montare la panna della propaganda, ma Gabriel dovrebbe sapere che il resto d’Europa aspetta come la manna dal cielo che aumenti la domanda interna, si attenui l’ossessione antinflazionistica (visto che i prezzi sono sotto la media Ue) e il denaro torni a correre. Così i tedeschi potranno comprare abiti italiani e arance spagnole, offrendo un po’ di sollievo all’economia dei paesi mediterranei.

Spenda Frau Angela, spenda e non dia retta ai suoi avversari. Quanto a Gabriel che va in giro a braccetto con i compagni Hollande e Bersani, facendo finta di appoggiare la fine dell’austerità, dovrebbe capire che l’accusa si ritorce contro di lui: è la Spd adesso a cavalcare la stretta per ritorsione contro una Cdu che cerca con estrema prudenza il modo di tirarsi fuori dal cul de sac nel quale ha infilato il resto d’Europa. Ma come la purezza, anche l’austerità va maneggiata con cura: c’è sempre qualcuno più rigoroso degli altri. Con la differenza che in economia rischia di provocare disastri peggiori di quelli causati dal fustigatore dei costumi morali.

Accade in Germania, in tempi di elezioni che possono rivelarsi cruciali per tutti, a cominciare proprio da noi italiani. Di qui a settembre le seguiremo con attenzione in questo blog, segnalando le contraddizioni del paese con il quale tutti dobbiamo fare i conti perché, bon gré mal gré, è l’azionista numero uno dell’Eurozona. Senza germanofobia, ma con spirito critico. E cercheremo di mettere in guardia chi si illude che possa emergere una svolta se vince la Spd.

Per una serie di motivi storici, ma anche per la miopia egoistica delle classi dirigenti (economiche non solo politiche), lo Zeitgeist in Germania è come l’ardesia nelle Gole del Reno. Stabilità monetaria, conti pubblici in equilibrio, bilancia con l’estero in attivo, regole certe e rigide senza eccezioni. Nul comma nul, zero virgola zero. Guai a ricordare ai tedeschi che loro hanno appena finito di pagare l’ultima rata dei debiti contratti nella prima guerra mondiale (per la seconda ci hanno pensato gli americani). O che nel 2003 chiesero in ginocchio all’Italia di concedere altro tempo per aggiustare i loro conti. In questo, la memoria è corta. Un grande pensatore tedesco, Carl Gustav Jung, la chiamava rimozione dell’inconscio collettivo.

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Stefano Cingolani

Stefano Cingolani, nasce l'8/12/1949 a Recanati e il borgo selvaggio lo segna per il resto della vita. Emigra a Roma dove studia filosofia ed economia, finendo a fare il giornalista. Esordisce nella stampa comunista, un lungo periodo all'Unità, poi entra nella stampa dei padroni. Al Mondo e al Corriere della Sera per sedici lunghi anni: Milano, New York, capo redattore esteri, corrispondente a Parigi dove fa in tempo a celebrare le magnifiche sorti e progressive dell'anno Duemila.

Con il passaggio del secolo, avendo già cambiato moglie, non gli resta che cambiare lavoro. Si lancia così in avventure senza rete; l'ultima delle quali al Riformista. Collabora regolarmente a Panorama, poi arriva Giuliano Ferrara e comincia la quarta vita professionale con il Foglio. A parte il lavoro, c'è la scrittura. Così, aggiunge ai primi due libri pubblicati ("Le grandi famiglie del capitalismo italiano", nel 1991 e "Guerre di mercato" nel 2001 sempre con Laterza) anche "Bolle, balle e sfere di cristallo" (Bompiani, 2011). Mentre si consuma per un volumetto sulla Fiat (poteva mancare?), arrivano Facebook, @scingolo su Twitter, il blog www.cingolo.it dove ospita opinioni fresche, articoli conservati, analisi ponderate e studi laboriosi, foto, grafici, piaceri e dispiaceri. E non è finita qui.

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