Mps, la morte e le lacrime di coccodrillo
Economia

Mps, la morte e le lacrime di coccodrillo

Siena piange lacrime di coccodrillo. Prima ha prosciugato la sua banca, il Monte dei Paschi, pensando che fosse la gallina dalle uova d’oro. Poi ha visto crollare il sistema di potere che ha reso ricca e satolla una città che …Leggi tutto

Siena piange lacrime di coccodrillo. Prima ha prosciugato la sua banca, il Monte dei Paschi, pensando che fosse la gallina dalle uova d’oro. Poi ha visto crollare il sistema di potere che ha reso ricca e satolla una città che non vive producendo, ma redistribuendo.  Ora versa calde lacrime per la morte di David Rossi, un giovane funzionario della banca, responsabile della comunicazione, strapazzato come un criminale comune dalla magistratura e dalle “forze dell’ordine”. Hanno fatto irruzione in casa e in ufficio, non hanno trovato nulla, ma lo hanno marchiato con la lettera scarlatta. Precisano che “non era indagato”, adesso, con quel corpo fracassato nel vicolo. Si vergogni Siena per tutto quel che ha combinato. Ma che dire di una magistratura che indaga da oltre un anno, solleva polveroni, incastra quattro rubagalline che facevano la cresta sulle operazioni finanziarie in derivati (cose gravi, ma tutto sommato accessorie) e sembra arrendersi quando deve calarsi nel buco nero? Si vergogni chi getta l’ombra del sospetto fino alle conseguenze estreme.

L’inchiesta sul Montepaschi s’è avvitata su se stessa, dividendosi in molteplici spezzoni che hanno creato un groviglio inestricabile. Il filone principale, l’acquisizione dell’Antonveneta, è finito in un cul de sac. E’ andato avanti solo il ramo secondario, quello sull’uso improprio dei derivati sui quali si sono arricchiti i ragazzi del 5 per cento, quel gruppo che ruotava attorno al responsabile della finanza Gianluca Baldassarri. Così, è diventato lui l’uomo nero, mentre altri responsabili, quelli che gestivano le vere, grandi, operazioni finanziarie che restavano dietro le quinte. Come Marco Morelli che veniva da JP Morgan e con la stessa banca d’affari stipulava accordi segreti. Un gioco di sotterfugi provocati dal semplice fatto che è stata acquistata Antonveneta senza averne i quattrini. E non è solo questione di ratios patrimoniali. Non c’era denaro liquido sufficiente, dopo aver versato quasi dieci miliardi nelle casse del Banco Santander che in un batter d’occhio mette in cassa un guadagno di tre miliardi (sic!).

“Il prezzo è giusto”, dicono gli spagnoli, allora le banche si compravano a peso d’oro. E tutti abboccano, anche i magistrati. Certo, qualcuno di loro prova a convocare don Emilio Botìn, il padre padrone del Santander. Ma riceve uno sberleffo e abbozza, come si dice a Roma. Eppure è lì il nocciolo duro, in quella gigantesca plusvalenza, improbabile anche per i valori di allora. Gira voce di conti segreti allo Ior. Forse sarebbero alla Banca del Fucino per conto dell’istituto vaticano. E intestati a istituti religiosi. Così si dice. Ma c’è chi parla di ben altri paradisi fiscali, probabilmente in Sud America. Voci, depistaggi? Un altro vicolo cieco?

La Banca d’Italia ha cercato di fare chiarezza, è stata anche lei imbrogliata, però resta l’impressione che abbia visto abbastanza per alzare la paletta rossa. Certo, ha chiesto un aumento di capitale, ma il modo in cui Mps l’ha realizzato ha dell’incredibile. Fino alla indemnity letter con JP Morgan e Bank of New York che trasformava apertamente in debito il miliardo di titoli FRESH (obbligazioni convertibili in azioni) che dovevano alzare i coefficienti patrimoniali. Nel 2011, viste le brutte, via Nazionale, ancora guidata da Mario Draghi, ha concesso in gran segreto un prestito di due miliardi per evitare il crac, nonostante Mps avesse usufruito dei Tremonti bond di 1,9 miliardi.

Poi ci sono le intercettazioni telefoniche. Risalgono al gennaio-aprile 2010 e riguardano il presidente Giuseppe Mussari e Nando Ceccuzzi sindaco di Siena considerato una sorta di proconsole del Pd nazionale, in sostanza di Pier Luigi Bersani. Sono conversazioni sbocconcellate, registrate solo in parte perché allora ritenute non rilevanti. Secondo una gola profonda, chiariscono come facevano gli affari a Siena “persone molto note in città che avrebbe sfruttato illegalmente, a fini di lucro, la posizione di potere assunta quale presidente della Fondazione Mps prima e della banca Monte dei Paschi poi, dall’avvocato Mussari”. Si tratta, in sostanza, di compravendita di immobili. Sono intercettazioni compromettenti, soprattutto sul piano politico. Emerge quello scambio ineguale tra prestiti di favore, sponsorizzazioni, donazioni, quote forzose al partito dominante, il Pd, e coperture politiche nazionali a improbabili sogni di grandezza di Mussari e dei suoi amici, senesi, nazionali, e chissà forse anche internazionali. E’ questa la pagliuzza che ha spezzato la schiena di Rossi? Non lo sappiamo. Ma in ogni caso ha poco a che fare con “la madre di tutte le tangenti”, con l’acquisizione Antonveneta, con il male originario che ha fatto crollare Mps.

La banda del buco non era solo quella del 5 per cento. E il bandolo della matassa non sta né a Siena né, probabilmente, soltanto a Roma o in Italia. Ma la magistratura va avanti a tentoni. E il gioco perverso dei sospetti incrociati provoca tragedie. La giustizia faccia il suo corso, si dice. Per ora quel corso è finito nel vicolo dei Rossi.

 

 

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Stefano Cingolani

Stefano Cingolani, nasce l'8/12/1949 a Recanati e il borgo selvaggio lo segna per il resto della vita. Emigra a Roma dove studia filosofia ed economia, finendo a fare il giornalista. Esordisce nella stampa comunista, un lungo periodo all'Unità, poi entra nella stampa dei padroni. Al Mondo e al Corriere della Sera per sedici lunghi anni: Milano, New York, capo redattore esteri, corrispondente a Parigi dove fa in tempo a celebrare le magnifiche sorti e progressive dell'anno Duemila.

Con il passaggio del secolo, avendo già cambiato moglie, non gli resta che cambiare lavoro. Si lancia così in avventure senza rete; l'ultima delle quali al Riformista. Collabora regolarmente a Panorama, poi arriva Giuliano Ferrara e comincia la quarta vita professionale con il Foglio. A parte il lavoro, c'è la scrittura. Così, aggiunge ai primi due libri pubblicati ("Le grandi famiglie del capitalismo italiano", nel 1991 e "Guerre di mercato" nel 2001 sempre con Laterza) anche "Bolle, balle e sfere di cristallo" (Bompiani, 2011). Mentre si consuma per un volumetto sulla Fiat (poteva mancare?), arrivano Facebook, @scingolo su Twitter, il blog www.cingolo.it dove ospita opinioni fresche, articoli conservati, analisi ponderate e studi laboriosi, foto, grafici, piaceri e dispiaceri. E non è finita qui.

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