Merkel 3, sull’euro una conferenza di pace
Economia

Merkel 3, sull’euro una conferenza di pace

E vai, tutti sul carro di Angela, dall’Economist alla Repubblica, dal Wall Street Journal al Corriere della Sera. Die Mutti, la mamma (anche se non proprio Madre Coraggio) alle cui gonne i tedeschi s’attaccano in questi momenti difficili. Una conservatrice …Leggi tutto

E vai, tutti sul carro di Angela, dall’Economist alla Repubblica, dal Wall Street Journal al Corriere della Sera. Die Mutti, la mamma (anche se non proprio Madre Coraggio) alle cui gonne i tedeschi s’attaccano in questi momenti difficili. Una conservatrice rassicurante, nonostante cambi posizione con facilità. O forse tranquillizza proprio questo: è bravissima a muoversi allo stesso passo dell’elettorato, ha scritto Gavyn Davies sul Financial Times.  Bene, domenica vincerà. Ma come e quale governo uscirà dalle urne? La Merkel al suo terzo mandato di che cosa sarà alla guida? Perché i tedeschi in realtà hanno le idee più confuse di quanto noi stessi possiamo immaginare. I liberali sono crollati, lo si è visto anche domenica scorsa nel voto bavarese. Adesso chiedono che la Cdu, l’unione cristiano-democratica, faccia da donatrice di sangue, versando voti nelle loro liste per far sì che non spariscano dal parlamento.  In questo modo si formerebbe di fatto un monocolore, perché i liberali non avrebbero la men che minima autonomia, ancor meno che negli anni scorsi.

Se l’operazione non riesce, ecco allora la Grosse Koalition con i socialdemocratici. Ne uscirebbe un esecutivo più disponibile ad allentare le redini, meno austerità e maggior comprensione verso i paesi del Club Med. Dunque, l’Italia dovrebbe tifare per questa soluzione. Attenti però, le differenze sull’euro sono più tattiche che strategiche. E molto dipende dalla forza che avrà Alternative für Deutschland, il partito euroscettico. Senza trascurare l’estrema sinistra, die Linke, che pure non è tenera verso la moneta unica, anche se dal fronte opposto. La soluzione più favorevole per gli italiani, sarebbe un’alleanza rosso-verde, tenendo conto che i Grünen sono i più eurofili. Ma non è realistica e spunterebbero altri guai dal lato per così dire ecologista, proprio mentre l’industria italiana cammina su un filo sottile con un baratro sotto di sé.

Insomma, l’Italia deve curare i suoi guai. Ma fa bene a interessarsi (e, perché no, a intromettersi). Abbiamo tutti una sola moneta, sebbene di fatto non valga per tutti allo stesso modo e questo non va bene. Anche in Italia governa una grande coalizione. Purtroppo non è abbastanza solida per dialogare da pari a pari con Berlino. Perché altrimenti avrebbe parecchie cose da mettere sul tavolo. E’ vero, la nostra economia non va affatto bene: crescita zero e debito in salita, ce n’è abbastanza perché alla Cancelleria non ci aprano nemmeno la porta. Ma la realtà è sempre piena di sfumature. Le esportazioni italiane dal 2010 tirano allo stesso livello di quelle tedesche, anzi stanno rosicchiando qualcosa nei paesi extra-euro. Il mondo degli affari che vota Merkel lo sa e si preoccupa, così come la DGB il potente sindacato unico che sostiene il partito socialdemocratico.

Un riassetto della moneta unica che garantisca più convergenza (reciproca) e meno turbolenza (almeno per il prossimo futuro) è nel loro e nel nostro interesse. Senza sperare in fughe in avanti oggi fuori tempo e fuori luogo, lasciando alle spalle reciproche minacce di rompere tutto, c’è una finestra aperta prima che i mercati mondiali comincino a ballare perché la Federal Reserve, la banca centrale americana, stringe i freni. Di qui al consiglio europeo di fine anno, Roma potrebbe proporre una sorta di “conferenza di pace” per mettere fine alla guerra dei debiti sovrani. Ma a fine anno Roma avrà ancora questo governo? Anzi, avrà un governo?

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Stefano Cingolani

Stefano Cingolani, nasce l'8/12/1949 a Recanati e il borgo selvaggio lo segna per il resto della vita. Emigra a Roma dove studia filosofia ed economia, finendo a fare il giornalista. Esordisce nella stampa comunista, un lungo periodo all'Unità, poi entra nella stampa dei padroni. Al Mondo e al Corriere della Sera per sedici lunghi anni: Milano, New York, capo redattore esteri, corrispondente a Parigi dove fa in tempo a celebrare le magnifiche sorti e progressive dell'anno Duemila.

Con il passaggio del secolo, avendo già cambiato moglie, non gli resta che cambiare lavoro. Si lancia così in avventure senza rete; l'ultima delle quali al Riformista. Collabora regolarmente a Panorama, poi arriva Giuliano Ferrara e comincia la quarta vita professionale con il Foglio. A parte il lavoro, c'è la scrittura. Così, aggiunge ai primi due libri pubblicati ("Le grandi famiglie del capitalismo italiano", nel 1991 e "Guerre di mercato" nel 2001 sempre con Laterza) anche "Bolle, balle e sfere di cristallo" (Bompiani, 2011). Mentre si consuma per un volumetto sulla Fiat (poteva mancare?), arrivano Facebook, @scingolo su Twitter, il blog www.cingolo.it dove ospita opinioni fresche, articoli conservati, analisi ponderate e studi laboriosi, foto, grafici, piaceri e dispiaceri. E non è finita qui.

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