Banzai, arriva l’ora della crescita
Economia

Banzai, arriva l’ora della crescita

Banzai, altri diecimila anni: con questa tradizionale espressione di entusiasmo, è stato accolto dalle borse il mega stimolo giapponese. Si tratta di 10.300 miliardi di yen (pari a 82 miliardi di euro) da investire soprattutto in infrastrutture, con l’obiettivo di …Leggi tutto

Banzai, altri diecimila anni: con questa tradizionale espressione di entusiasmo, è stato accolto dalle borse il mega stimolo giapponese. Si tratta di 10.300 miliardi di yen (pari a 82 miliardi di euro) da investire soprattutto in infrastrutture, con l’obiettivo di creare 600 mila posti di lavoro e fra crescere il prodotto lordo di due punti. Non basta: il primo ministro Shinzo Abe ha dato uno scossone alla banca centrale, chiedendo di alzare al due per cento l’obiettivo d’inflazione invece dell’attuale un per cento. Il nuovo governatore che rimpiazzerà Masaaki Shirakawa, ha detto Abe, dovrà essere “uno pronto a condurre una politica monetaria coraggiosa”. Fuor di metafora, a fare quel che chiede il governo. Lo yen svaluta e le esportazioni ne traggono vantaggio. Il dollaro e l’euro temono una guerra delle valute, intanto Tokio va per la sua nuova strada.

“Addio alla indipendenza delle banche centrali” ha scritto sul Financial Times Stephen King, capo economista della HSBC la più grande banca britannica e tra le prime al mondo. Non vale solo per il Giappone, ma per gli Stati Uniti e un po’ ovunque. Anche per la Bce la quale, al contrario, ha mostrato la sua autonomia dalle pressioni del più potente tra i propri azionisti, la Germania? “Le decisioni dei banchieri centrali si stanno facendo comunque più politiche”, scrive King ed è conseguenza della crisi. In fondo, è cominciato proprio negli Stati Uniti nel 2008 quando Ben Bernanke ha lavorato insieme al Tesoro e alla Casa Bianca per salvare il sistema finanziario.

I monetaristi levano alti lai e prevedono sfracelli. E tuttavia, stiamo assistendo cambiamenti radicali, come la revisione critica di Olivier Blanchard, il capo economista del Fondo monetario internazionale il quale ha dimostrato che le politiche di austerità sono andate oltre misura trasformandosi in veri e propri boomerang economia.panorama.it/fmi-austerita-errore-2012-tasse-spesa-pubblica. Quando nell’ottobre scorso il Fmi pubblicò le conclusioni dello studio, i sacerdoti dell’ortodossia fecero finta di non averle lette. Il 3 gennaio Blanchard ha presentato l’intero paper ed è stato salutato come liberatorio dagli anti-rigoristi alla Paul Krugman. Il dibattito teorico si trasforma, ma anche i politici saranno costretti a una inversione di marcia.

Dopo aver saltato a pie’ pari il fiscal cliff, Obama dovrà alzare il tetto al debito pubblico (16.400 miliardi di dollari) che verrà raggiunto il mese prossimo. L’idea di battere una super moneta di platino da mille miliardi aveva affascinato i consiglieri della Casa Bianca, ma il dollarone doveva essere scontato presso la Federal Reserve e Bernanke ha detto che lui non lo avrebbe mai accettato. Adesso non resta che spostare in avanti il limite, impegnandosi a colmare il fossato, ma senza provocare la recessione. Un esercizio di equilibrismo al quale partecipa però anche la banca centrale che terrà i tassi a zero fino al 2015 e continuerà a comprare titoli delle imprese e soprattutto immobiliari.

Lo Zeitgeist, dunque, muta, l’austerità lascia il posto alle politiche per la crescita. In Europa, la Germania resiste, ma fa il pesce in barile consapevole che la bassa congiuntura ha colpito anche lei. Sono in molti ormai ad ammonire Angela Merkel: doveva fare da locomotiva, invece rischia di trasformarsi in un macigno sui binari dello sviluppo. E l’Italia? Le agende e le agendine brandite dalle formazioni politiche che si presentano alle elezioni, non dicono nulla che non sia generico. La Cgil annuncia un piano del lavoro che vuol ricordare Giuseppe Di Vittorio, ma intende finanziarlo con altre tasse per 40 miliardi (patrimonialona compresa) e tagli per 20 miliardi, alzando dunque a pressione fiscale e provocando una nuova recessione. In futuro forse verrà nuovo lavoro, ma intanto sarà in parte distrutto quel che c’è.

Il bilancio pubblico italiano non offre spazi, tanto meno se bisogna mantenere il pareggio nella versione più rigorista alla tedesca. Mentre l’impatto dell’Imu potrebbe provocare un ulteriore peggioramento del mercato immobiliare. Se cominciano le vendite per far fronte all’imposta, allora si innesca una vera spirale depressiva. Occorre evitarlo, ma come?

Il compito del rilancio spetta alle imprese e soprattutto alle banche che debbono dare  liquidità e sbloccare il credito. Ci sono due zavorre da rimuovere: i troppi titoli di stato in cassaforte e i troppi crediti a rischio in bilancio. Circolano varie proposte per farvi fronte. Forse la Banca d’Italia potrebbe studiare un piano serio e compatibile, esercitando la propria moral suasion verso gli operatori e verso le principali forze politiche. Un nuovo governo ci sarà se va bene a fine marzo, per partorire scelte di politica economica consistenti dovremmo attendere ancora. Sono mesi perduti e il tempo è tutto in economia, in politica e nella vita.

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Stefano Cingolani

Stefano Cingolani, nasce l'8/12/1949 a Recanati e il borgo selvaggio lo segna per il resto della vita. Emigra a Roma dove studia filosofia ed economia, finendo a fare il giornalista. Esordisce nella stampa comunista, un lungo periodo all'Unità, poi entra nella stampa dei padroni. Al Mondo e al Corriere della Sera per sedici lunghi anni: Milano, New York, capo redattore esteri, corrispondente a Parigi dove fa in tempo a celebrare le magnifiche sorti e progressive dell'anno Duemila.

Con il passaggio del secolo, avendo già cambiato moglie, non gli resta che cambiare lavoro. Si lancia così in avventure senza rete; l'ultima delle quali al Riformista. Collabora regolarmente a Panorama, poi arriva Giuliano Ferrara e comincia la quarta vita professionale con il Foglio. A parte il lavoro, c'è la scrittura. Così, aggiunge ai primi due libri pubblicati ("Le grandi famiglie del capitalismo italiano", nel 1991 e "Guerre di mercato" nel 2001 sempre con Laterza) anche "Bolle, balle e sfere di cristallo" (Bompiani, 2011). Mentre si consuma per un volumetto sulla Fiat (poteva mancare?), arrivano Facebook, @scingolo su Twitter, il blog www.cingolo.it dove ospita opinioni fresche, articoli conservati, analisi ponderate e studi laboriosi, foto, grafici, piaceri e dispiaceri. E non è finita qui.

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