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China Photos/Getty Images
Economia

L'economia cinese rallenta: le conseguenze a livello globale

Un sistema economico basato sul prestito all'impresa è destinato a fare i conti con un debito pubblico colossale

La Cina tira un sospiro di sollievo. La distensione dei toni della guerra commerciale con gli Usa grazie alla firma del protocollo della cosidetta Fase 1 della trade's war ha dato una ventata di ottimismo alle fabbriche cinesi con la promessa che per i prossimi due anni non ci saranno nuovi dazi sull'export verso gli USA.

L'economia cinese rallenta

Nonostante, però, l'economia della fabbrica della crescita globale resti ampiamente in territorio positivo gli analisti iniziano a essere preoccupati e a temere la crescita di una bolla economica la cui esplosione avrebbe serie ripercussioni a livello globale. Dopo due anni di tensione con gli Stati Uniti, infatti, la fine del 2019 ha segnato un +6,1% di crescita, la più bassa da 29 anni a questa parte.

Intanto, però, all'indomani della firma dell'accordo con gli Usa Pechino si sente forte e il Governo centrale sponsorizza quella che ritiene una grande vittoria: il paese un tempo povero è ora il più grande produttore del mondo e conta oltre 14 trilioni di dollari di produzione annua e nonostante i 360 miliardi di dollari di produzione commerciale cinese su cui ancora gravano i dazi, Pechino è ottimista e si ritiene al punto di svolta del proprio impianto economico verso una maturazione ormai improrogabile.

Il debito cinese e le conseguenze sull'economia

 Lo sviluppo economico cinese, però, è viziato da un colossale debito delle aziende nei confronti dello Stato che per anni ha finanziato l'impresa concendendo prestiti e liquidità al fine di aprire l'industria cinese al mondo.

Questo debito, però, inizia a essere difficile da sostenere per le aziende che fanno sempre più fatica a pagare i fornitori e i creditori oltre che gli impiegati e questo ha fatto sì che lo Stato abbia accumulato un debito pubblico di migliaia di miliardi di dollari.

Per invertire questa tendenza, quindi, Pechino ha deciso, da qualche tempo, di chiudere i rubinetti del credito scegliendo di mandare alla deriva le aziende i cui conti non quadrano per puntare sulle strutture più solide. Uscire dalla dipendenza dai prestiti, però, sarà la vera sfida del futuro cinese, una sfida il cui esito è tutt'altro che scontato.

La spada di Damocle degli I.O.U.S.

Molte anziende, quindi, con meno soldi a disposizione hanno ridotto la produzione o hanno proprio chiuso i battenti.

Per far fronte ai propri impegni finanziari, inoltre, sempre più spesso le aziende cinesi fanno ricorso allo strumento degli I.O.U.S. noti come fatture di accettazione commerciale, sorta di "pagherò" che sostituiscono i pagamenti in contanti.

A metà del 2019 c'erano già in circolazione I.O.U.S per un valore di 200 miliardi di dollari. Così gli I.O.U.S. sono diventati strumenti di compravendita finanziaria e vengono scambiati dalle aziende che li utilizzano come forma di pagamento delle bollette. Solo che non è detto che poi le bollette vengano mai saldate e questo crea un problema di debito sul debito.

Lo scorso anno un numero record di imprese cinesi ha fallito in obbligazioni con investitori locali ed esteri e nel corso dei prossimi due anni queste stesse società dovranno centinaia di migliaia di dollari e investitori e finanziatori di tutto il mondo.

Inoltre la mancanza di liquidità ha impedito investimenti infrastrutturali e industriali che avrebbero permesso alle industrie di crescere di più e di mantenersi all'altezza della velocità produttiva degli ultimi 40 anni, quella velocità che ha creato il gigante industriale cinese e lo ha trasformato nel motore della crescita globale.

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Barbara Massaro