La Bce, i problemi dell'Italia e i 4 punti su cui lavorare
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Economia

La Bce, i problemi dell'Italia e i 4 punti su cui lavorare

L'ultimo bollettino della banca centrale ribadisce: i target di bilancio sono a rischio. Bisogna lavorare per ridurre il costo del capitale, svilupparne il mercato, rivitalizzare le cartolarizzazioni, investire in infrastrutture

Un’altra doccia gelata per l’Italia. Un’altra volta dalla Banca centrale europea. Nell’ultimo bollettino dell’Eurotower, che fa eco alla conferenza stampa del presidente Mario Draghi della scorsa settimana, si spiega apertamente che Roma potrebbe non rispettare gli obiettivi di bilancio per il 2014. Colpa del deterioramento del quadro macroeconomico. E colpa pure di quella mancanza di investimento che da circa due mesi è salita agli onori della cronaca finanziaria.

Il rischio è quello di essere come la Francia. Ieri Parigi ha rivisto al rialzo le stime per il rapporto deficit/Pil atteso per il 2015, peggiorandole di 1,5 punti percentuali. Una mossa che in pochi si sarebbero attesi. Tranne in Bce, che ha ricordato più volte quanto fosse sottile il margine operativo dell’Eliseo.

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Fra poco, dopo mesi di annunci tranquillizzanti da parte di Palazzo Chigi, potrebbe essere la volta dell’Italia. Sia chiaro. Non è un problema solo italiano. Come scrive la Bce nel suo bollettino mensile, il primo problema è di domanda interna, che in teoria dovrebbe essere sostenuta dalle recenti misure di politica monetaria. Tuttavia, non c’è solo questo. "Al tempo stesso è probabile che la disoccupazione elevata, la cospicua capacità produttiva inutilizzata, il perdurare di un tasso di variazione negativo dei prestiti delle IFM (le banche, ndr) al settore privato e gli aggiustamenti di bilancio necessari nei settori pubblico e privato continuino a frenare la ripresa", spiega la Bce.

Tutti questi fattori, continua l’Eurotower, "si riflettono nelle proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate in settembre dagli esperti della Bce, che indicano una crescita del Pil in termini reali dello 0,9% nel 2014, dell’1,6 nel 2015 e dell’1,9 nel 2016. Rispetto all’esercizio di giugno, condotto dagli esperti dell’Eurosistema, l’espansione del Pil è stata rivista al ribasso per il 2014 e il 2015 e al rialzo per il 2016". E poco importa che le Targeted longer-term refinancing operation (Tltro), presentate a giugno, possano far crescere il Pil italiano dello 0,5% su base annua, secondo le prime stime della Banca d’Italia. Il problema è nel lungo periodo.

Alcuni Paesi sono più vulnerabili rispetto ad altri in questa congiuntura, come ha ripetutamente ricordato la Bce. Uno di questi è l’Italia. E dall’Eurofi Financial Forum 2014, il consesso del think tank sulla regolamentazione finanziaria che quest’anno si riunisce a Milano, è arrivata anche la stoccata di Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia. "La deludente performance economica dell’Ue va oltre precedenti esperienze. Al cuore del problema la debolezza della domanda aggregata, in particolare degli investimenti", ha detto nel suo speech. Investimenti che sono bloccati da troppa burocrazia, un fisco oltre i limiti e l’illusione che basti solo guardare all’equilibrio dei conti pubblici per attivare fondi esteri.

Secondo i dati della Bce, nel periodo compreso fra il 2007 e il 2013, gli investimenti nel pubblico settore e nel privato in Italia sono calati oltre la media dell’eurozona. Se nell’area euro c’è stata una contrazione del 20%, in Italia sono diminuiti del 25% per quanto riguarda il pubblico, del 30% se si guarda al settore privato. E dopo un brillante inizio di anno, durante il quale gli investimenti esteri erano aumentati senza distinzioni territoriali in tutta l’euro area, le differenze si sono fatte marcate da maggio a oggi. In Italia il rallentamento è stato brusco, complice un clima di sfiducia generalizzato dovuto al ritardo nell’adozione delle riforme strutturali promesse mesi e mesi fa.

La ricetta per ripristinare la domanda interna non passa solamente dalle riforme. Sono quattro i punti, secondo Visco e secondo la Bce, su cui occorre fare di più: ridurre il costo del capitale, sviluppare il mercato dei capitali e migliorarlo, rivitalizzare le cartolarizzazioni, investire in infrastrutture. Misure che devono essere adottate non solo dall’Italia, bensì dall’eurozona nel suo insieme. Francoforte non vuole infatti che ci siano Paesi che corrono da soli, ma il contrario. Tutti insieme, coralmente, verso l’obiettivo finale. Un target ambizioso, considerate le divisioni fra Stati membri. Ma, come hanno ricordato di recente numerosi membri della Bce, l’unico obiettivo capace di traghettare l’eurozona fuori dalla peggiore crisi dalla Seconda guerra mondiale a oggi.

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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