Lo stato di salute delle banche in Europa
CARLO CARINO / Imagoeconomica
Economia

Lo stato di salute delle banche in Europa

Il risultato di uno studio di Ernst&Young: le più sane sono le tedesche mentre i problemi sono evidenti in Spagna, Italia e Austria

È uno scenario meno peggiore delle aspettative quello che si sta profilando per le banche dell'eurozona. Sempre instabile e fragile, ma non così emergenzale come da previsioni. Una volta terminata la maxi operazione trasparenza attualmente in corso, la Banca centrale europea (Bce) forse potrà tirare un sospiro di sollievo. Secondo un sondaggio condotto dalla società di revisione Ernst & Young, solo l'8% degli istituti bancari dell'area euro avrà sicuramente bisogno di capitali freschi. Il quadro peggiore è quello per Spagna e Austria, dove i crediti dubbi pesano ancora molto. E nemmeno l'Italia può dormire sonni tranquilli. In arrivo ci potrebbero essere infatti diverse operazioni di consolidamento.

Il Comprehensive assessment della Bce fa meno paura del previsto. Il triplice programma di raccolta dati, verifica di bilancio (l'Asset Quality Review, o AQR) e stress test che sta conducendo l'Eurotower ha già avuto un impatto significativo ancora prima della sua conclusione, prevista per il novembre di quest'anno. Dal luglio 2013 a oggi gli istituti bancari della zona euro hanno domandato, e ottenuto, circa 104 miliardi di euro dal mercato dei capitali. Di questi, quasi 26 sono stati raccolti solo in questa prima parte del 2014. Soldi che sono serviti a un triplice scopo: ripulire parte dei bilanci, creare una rete di sicurezza per il medio termine e sfruttare l'attuale periodo di calma sui mercati. Se a inizio anno si pensava che il numero delle banche a non passare le verifiche della Bce sarebbe stato elevato, complice la durezza delle prove, ora il vento è mutato.
Nel sondaggio di Ernst & Young si parla di chi sarà bocciato e chi no. E lo hanno chiesto ai diretti interessati, in forma anonima. Sulle 294 banche impegnate a rispondere, 22 hanno detto di essere convinte che avranno bisogno di nuovi capitali dopo gli stress test, mentre 43 hanno detto che esiste questa possibilità, anche se non è lo scenario di base. Tradotto in percentuali, circa l'8% ritiene di dover raccogliere risorse sul mercato e il 30% non può escluderlo. Numeri che sono ben diversi da quelli osservati a inizio anno, dove le percentuali erano, in media, ben superiori.

Venendo ai singoli Paesi, la situazione è piuttosto definita. Le banche più tranquille, secondo chi ha risposto al sondaggio, sono quelle tedesche. Per loro non ci saranno nuove esigenze di capitale dopo l'AQR. Eppure, continuano a circolare rumor intorno a Commerzbank, il secondo istituto di Germania. Secondo le indiscrezioni che emergono dalle sale operative, il colosso bancario sarebbe pronto a diluire il capitale azionario facendo entrare nuovi fondi, preferibilmente esteri. Solo il tempo dirà chi ha ragione.

Di contro, fra i Paesi meno virtuosi c'è il terzetto composto da Spagna, Austria e Italia. Per tutti e tre i sistemi bancari a preoccupare è il livello di Non-performing loan (crediti dubbi, o Npl). Nonostante l'avvio di un programma di sostegno da parte di Fondo Monetario Internazionale (FMI), Commissione Ue e Bce, Madrid è vista ancora fragile. Nello specifico, potrebbero esserci delle sorprese negative sul fronte delle cajas, le casse di risparmio. Più complicata la vicenda delle banche austriache. Dopo il salvataggio statale di Hypo, gli occhi sono puntati su Erste e Raiffeisen, gli altri due big del credito del Paese. Anche loro, secondo gli intervistati da Ernst & Young, dovranno scendere ancora sul mercato.

E poi c'è l'Italia. Come noto, il sistema italiano è appesantito da una significativa mole di crediti dubbi. Almeno 160 miliardi di euro, secondo gli ultimi dati della Banca d'Italia. La pulizia dei bilanci è ancora in corso, così come le ricapitalizzazioni, facilitate dalle condizioni di mercato, particolarmente favorevoli. La vera battaglia, tuttavia, sarà sul consolidamento fra i soggetti del sistema. "Ci attendiamo diverse operazioni di fusione o acquisizione entro i primi sei mesi del 2015", ha scritto J.P. Morgan in una nota sull'Italia di un mese fa. In pratica, l'aspettativa è per la messa in atto delle raccomandazioni del FMI, che da oltre due anni e mezzo invoca un sistema bancario più snello e meno ramificato per l'Italia.

Il sondaggio di Ernst & Young arriva alla vigilia della fine della prima parte dell'operazione della Bce. Finora, sia il responso degli istituti di credito sia quello dei mercati è stato positivo. Ma ci sono ancora tante incognite. In primis, il possibile mutamento del quadro congiunturale, che potrebbe impattare sulle banche più delle attese. L'attuale scenario di bassa inflazione non aiuta e, stando a quanto ritiene buona parte degli investitori, nemmeno le nuove misure della Bce potranno essere un supporto adeguato al rilancio del sistema bancario della zona euro.

Sull'altro versante, resta il problema dei Npl. Sono tanti, diffusi e minano alle domanda di credito, così come all'offerta. Data il prolungato periodo di credit crunch, le imprese hanno cominciato a chiedere direttamente al mercato, tramite cartolarizzazioni o emissioni di bond. Così, la disintermediazione ha causato, e il processo non è ancora finito, una riduzione dei profitti per gli istituti di credito, che stanno cercando un ricollocamento non scontato. Tradotto dal gergo bancario, o si trova un'altra fonte di entrate o si deve chiedere, ancora una volta, una mano al mercato.

I più letti

avatar-icon

Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

Read More