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Economia

Quanto valgono il petrolio e il gas italiano

Il giro d'affari è di oltre 4 miliardi di euro. Sfruttare a pieno i giacimenti farebbe risparmiare agli italiani 10 miliardi

Un fatturato di 4,5 miliardi di euro e 10 mila addetti. Sono i due numeri da tenere a mente quando si parla dell’industria estrattiva mineraria in Italia, tornata sotto i riflettori con il referendum delle trivelle in vista del voto del 17 aprile.

Per farsi un'idea del settore finito nel mirino di sei governatori e degli ambientalisti, che vorrebbero interrompere le estrazioni entro le 12 miglia (cioè una ventina di chilometri da terra) al termine della concessione e non quando si esaurisce un giacimento, basta dare una sbirciatina ai dati pubblicati da Confindustria Assomineraria, che raggruppa le industrie del settore.

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I posti di lavoro e le royalties
Che l'attività estrattiva in Italia non sia marginale, lo dimostra il giro d'affari "allargato", che sale a 17 miliardi di euro, se consideriamo anche il fatturato del parapetrolifero, quella galassia formata da centinaia di piccole e medie imprese, che operano nel campo della fornitura di servizi per le attività petrolifere e che danno lavoro a 19 mila addetti compreso l’indotto esterno al settore.

Posti di lavoro che potrebbero salire ottimisticamente addirittura a 90 mila, se si riuscisse a portare a termine la strategia energetica nazionale che prevede 17 miliardi di euro di investimenti in impianti produttivi nell’arco di quattro - sei anni per lo sviluppo delle riserve accertate.

Ciò consentirebbe di raddoppiare la copertura del fabbisogno nazionale di idrocarburi da quella attuale (9,4% per il petrolio e 10,2% per il gas nel 2014) e alle casse dello Stato di incassare più soldi grazie a una crescita dell’80% di imposte e royalties: 580 milioni le tasse pagate nel 2014 dalle aziende del settore, 340 milioni di euro sborsati dagli operatori per sfruttare i giacimenti.

Il risparmio sulla bolletta energetica è stato quantificato in 10 miliardi l'anno per la durata di produzione (3,2 miliardi nel 2014).

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Il nodo delle concessioni
Piano che, comunque, sarebbe ridimensionato solo in parte, se domenica prevarranno i "sì": delle 119 piattaforme in mare, non tutte le 92 che operano entro le 12 miglia (76 dell'Eni) sarebbero chiuse dall’oggi al domani.

Le concessioni, infatti, hanno una durata massima trentennale e possono essere rinnovate per altri dieci anni, la prima volta, e altri cinque anni, la seconda e terza volta. 

Gli esperti hanno calcolato che, in caso di vittoria dei sì, la prima chiusura sarebbe tra due anni, l'ultima – una concessione sul mare Adriatico rilasciata a Eni ed Edison che scadrà nel 2034 - tra 18 anni.

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Stando alla stima di Assomineraria, di riserve accertate di gas e petrolio, se ne contano per 125 mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), mentre 700 mtep sono classificate come "certe, probabili e possibili" distribuite tra la Pianura Padana, l'Alto e il Medio Adriatico, la Basilicata e il Canale di Sicilia.

Nel 2014 (ultimi dati disponibili) sono stati estratti oltre 11 milioni di tonnellate di minerali solidi, di cui 5,5 milioni di tonnellate di petrolio e 6,9 miliardi mc di gas naturale.

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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