Imprese in crisi, è allarme sblocco dei pagamenti
Economia

Imprese in crisi, è allarme sblocco dei pagamenti

La Cgia di Mestre lancia l’allarme sulla mancanza di liquidità delle pmi, costrette a pagare gli stipendi a rate

Ormai si tratta di un appello quasi quotidiano quello che arriva al mondo della politica da parte degli imprenditori italiani: c’è una pesantissima crisi di liquidità e bisogna in tempi rapidissimi trovare il  modo di rimettere moneta in circolazione. A non farcela sono soprattutto le piccole e medie aziende, strozzate soprattutto dall’impossibilità di incassare ingenti somme di denaro in particolare dalla pubblica amministrazione . Secondo dati allarmanti forniti proprio in questi giorni dalla Cgia di Mestre, risulta infatti che in conseguenza di questa assoluta carenza di fondi, dall’inizio della crisi i titoli di credito che alla scadenza non hanno trovato copertura proprio da parte di piccole e medie imprese, sono cresciuti del 12,8%.

A questo si aggiunga che le sofferenze bancarie in capo alle aziende hanno fatto registrare un’impennata spaventosa pari al 165%, portando l’ammontare complessivo delle insolvenze nel 2012 alla folle quota di 95 miliardi di euro. Una situazione che non poteva non avere ripercussioni altrettanto negative sui dipendenti, visto che ormai, sempre secondo la Cgia di Mestre, la metà delle Pmi è costretta a rateizzare i pagamenti degli stipendi proprio a causa della persistente carenza di liquidità. Il tutto senza contare che in tutta questa situazione il fisco non ha assolutamente allentato la propria morsa, costringendo comunque gli imprenditori a fare fronte in maniera puntuale alle incombenze periodiche. Questo combinato disposto dunque tra mancanza di liquidità e rigidità delle richieste tributarie, sta letteralmente strozzando migliaia di imprese.

IMPRESE, LE PRIORITA' DEL NUOVO GOVERNO

E’ dunque questo lo scenario quanto mai preoccupante da cui dovrà partire l’azione del governo che vedrà la luce nelle prossime ore, qualunque sia la sua natura, politica o tecnica. Questi dati infatti non fanno altro che confermare  l’urgenza assoluta e irrinunciabile di un provvedimento che adottato nei primissimi giorni di insediamento, possa sbloccare una parte consistente di quei 180 miliardi che sono la massa stimata di debiti che l’amministrazione pubblica avrebbe contratto finora nei confronti del sistema privato delle aziende. Una massa immane, che anche se solo scalfita potrebbe ridare ossigeno soprattutto alle tante piccole e medie imprese ormai sull’orlo del collasso finanziario. E’ questo, e non può essere altro, il senso dell’allarme lanciato dalla Cgia con il supporto di numeri che ormai servono solo a confermare una realtà nota a tutti. E che però si fa bene a ribadire quotidianamente affinché il nuovo presidente del Consiglio, chiunque sarà, una volta insediato non possa dire di non sapere dal primo minuto quali siano le urgenze del Paese.

NUOVO GOVERNO, ECCO LA PRIMA SFIDA

Ovviamente poi la soluzione non può passare solo da un intervento d’urgenza di questo tipo. Le imprese soffrono anche, come risaputo, del calo pesante della domanda. E tra l’altro, il dover rateizzare gli stipendi di milioni di dipendenti, come sopra accennato, non fa altro che incidere ancora più pesantemente sulla contrazione dei consumi, in una sorta di circolo vizioso infernale. Da non dimenticare poi anche il problema altrettanto serio della carenza di finanziamenti ottenibili dal sistema bancario, sempre più impermeabile a qualsiasi richiesta di emergenza che giunga dal mondo delle imprese. Tre fattori dunque, quello dei mancati pagamenti della Pa, del calo della domanda e dell’impossibilità di accesso al credito bancario, che stanno letteralmente uccidendo le Pmi.

E’ forse troppo sperare che un nuovo governo possa intervenire su tutti e tre questi nodi con la stessa incisività e rapidità, ed è per questo che tra operatori del settore ed economisti si è fatta strada la convinzione che è proprio il primo punto, quello dello sblocco dei pagamenti statali, il fattore su cui si potrebbe intervenire con la maggiore tempestività. E speriamo davvero che il nuovo governo ne tenga conto.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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