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Economia

Perché l'era delle multinazionali è finita

Grandi e macchinose, hanno costi di gestione troppo elevati per continuare a macinare profitti in un mondo sempre più competitivo

L'era delle multinazionali è finita. O almeno così sentenzia The Economist in un editoriale che approfondisce un tema di cui si discute già da moltissimi anni.

Le multinazionali sono un modello di business in grado di massimizzare l'efficienza al punto da renderle eternamente vincenti oppure no? E' questa la domanda cui si cerca di rispondere oggi, per capire se un sistema che fino a ieri ha funzionato alla perfezione sia destinato a cedere il passo a nuovi modelli più dinamici e funzionali, proprio perché gestiti su scala ridotta.

I vantaggi delle start-up

Abbiamo già parlato di come, al momento, siano le start-up i modelli di business più promettenti in un'ottica di medio e lungo periodo. Sono in grado di sfruttare meglio le nuove tecnologie; possono seguire ritmi di crescita personali e irregolari; hanno la flessibilità di acquistare ciò di cui hanno bisogno, dai capitali alle capacità, nel momento in cui la necessità di puntare su nuove risorse effettivamente si verifica; sono più libere di testare un'idea e di aggiustare il tiro strada facendo; sono più gestibili dal punto di vista delle risorse umane e libere di decidere se rimanere un punto di riferimento per un mercato geograficamente ristretto e di nicchia o se puntare sull'espansione scegliendo, a seconda delle proprie necessità, su quali mercati puntare.

In realtà per capire quale sarà il modello di business che sopravvivrà nel Terzo Millennio dobbiamo renderci conto soprattutto di una cosa, ovvero che il mondo è cambiato, e per continuare ad accumulare successi (e profitti) è fondamentale adattarsi. Il problema delle multinazionali secondo il settimanale britannico sarebbe proprio questo: enormi e macchinose, non sono sufficientemente dinamiche per adeguarsi alle regole di un mercato iper-competitivo come quello contemporaneo.

I difetti delle multinazionali

Spesso quando pensiamo alle multinazionali le descriviamo come realtà commerciali enormi, con solide basi in ogni angolo del pianeta o quasi, invincibili proprio per questa loro presenza capillare, e sostenute da squadre di manager ben preparati ed agguerriti. Ecco perché anche quando i dati ne denunciano continue perdite in termini di redditività e competitività è facile arrivare alla conclusione che la parabola discendente sia solo temporanea e il successivo recupero non tarderà.

Del resto, il McKinsey Global Institute ha calcolato che tra il 1980 e il 2013 i profitti delle circa 30mila multinazionali analizzate sono, in media, triplicati. Negli anni '80 dipendeva da loro circa il 7,6 per cento del Pil mondiale. Trent'anni dopo questa percentuale è salita al 10. Di questo dieci per cento, tanto per cambiare, una quota che oscilla tra il sei e il 7 per cento è in mano ai gruppi occidentali, anche se i colossi del Terzo Mondo stanno progressivamente recuperando terreno.

Quale futuro attende le multinazionali

Eppure, è un dato di fatto che l'età dell'oro delle multinazionali non sia dipesa solo ed esclusivamente dalle capacità di queste ultime, quando dalla fortunata coincidenza di ritrovarsi a muovere i primi passi in un mondo sempre più interconnesso e globalizzato in cui i costi di produzione erano, di fatto, precipitati. Anche se provarlo è impossibile, sono tanti gli economisti convinti che in assenza di queste condizioni le multinazionali non avrebbero avuto vita facile, o non avrebbero avuto così tanto successo.

Oggi il livello di competizione è alle stelle, i profitti vanno e vengono, e i costi di produzione e di gestione sono sempre più elevati, anche nei paesi in via di sviluppo. Come se non bastasse, i modelli di business che puntano su idee, flessibilità e nuove tecnologie stanno dimostrando di essere più forti. Forse non sul piano della presenza, ma certamente su quello della redditività, perché con sforzi limitati riescono a raggiungere risultati eccezionali. Ecco perché, prima che la nuova realtà le travolga, le multinazionali farebbero bene a pensare a come adeguarsi ai tempi. Anche per non perdere i vantaggi accumulati, questa volta con fatica, a livello di idee e popolarità dei loro marchi.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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