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ANSA/MATTEO BAZZI
Economia

Mps, cosa cambia con l’ingresso dello Stato

In arrivo i decreti per nazionalizzare l’istituto toscano. Ma il piano di risanamento non sarà una passeggiata

Entro un paio di settimane il Monte dei Paschi di Siena (Mps), la più antica banca del mondo, tornerà a tutti gli effetti  a essere una banca pubblica controllata dallo Stato. Proprio come ai tempi della Prima Repubblica, quando il sistema creditizio nazionale era in mano al ministero del Tesoro o agli enti locali, prima della grande stagione delle privatizzazioni degli anni ’90.  


I decreti e l'aumento di capitale


Sono infatti in fase di partenza (e dovrebbero entrare in vigore entro l'11 agosto) i decreti che danno il via alla ricapitalizzazione da circa 8 miliardi di euro di Mps, coperta  con soldi pubblici per circa 5 miliardi, a cui si aggiungono altri 3 miliardi rastrellati convertendo in azioni le obbligazioni subordinate, cioè trasformando in capitale una quota dei debiti dell’istituto. Dunque, poiché a fare la parte del leone nell’aumento di capitale sarà lo Stato, il governo diventerà di fatto il maggiore azionista di Mps, con una quota tra il 55 e il 70%. Non a caso, qualcuno ha già ribattezzato Monte dei Paschi di Stato la storica banca senese.


Una partecipazione del 25-27% nel capitale di Mps  sarà invece in mano ai possessori dei bond subordinati (si tratta di investitori istituzionali) che saranno costretti a convertire le loro obbligazioni in azioni, mentre una fetta residuale del 2-3% rimarrà agli attuali azionisti della banca, che si ritroveranno dunque in mano un quota ridotta all’osso. Poi, inizierà un lungo percorso di risanamento che, secondo il piano industriale approvato nelle scorse settimane, porterà alla riduzione degli organici con la fuoriuscita di 5.500 dipendenti in un triennio (le trattative sono già partite) e la chiusura di 600 filiali.

Banca più solida


Inoltre, è prevista pure la cessione di ben 26 miliardi di euro lordi di crediti deteriorati (npl), attraverso una maxi-cartolarizzazione, cioè impacchettando i prestiti sofferenti in titoli finanziari che verranno poi venduti sul mercato. Nonostante l’intervento salvifico dello Stato, dunque, il piano di risanamento del Monte dei Paschi sarà tutt’altro che una passeggiata. Se tutti i passaggi verranno completati senza problemi, però, alla fine del prossimo triennio la banca finalmente sarà rimessa in sesto.


Entro il 2021, l’utile netto di Mps dovrebbe attestarsi a 1,2 miliardi di euro mentre la quota dei prestiti sofferenti sul totale dei crediti dovrebbe scendere dal 34% circa di oggi a meno del 13%. L’indice di solidità patrimoniale Cet 1 è atteso in aumento dall’8,2% attuale al 14,7%, ben al di sopra dei livelli minimi richiesti dalla Banca Centrale Europea (Bce) e quasi in linea con le migliori banche italiane. Se tutto filerà liscio, insomma, il Monte dei Paschi salvato dallo Stato sarà una banca ben più solida di oggi ma reduce comunque da una cura da cavallo.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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