Gucci vuole Richard Ginori: un altro made in Italy va all'estero
Economia

Gucci vuole Richard Ginori: un altro made in Italy va all'estero

Il gruppo Gucci, controllato dalla famiglia Pinault, ha presentato un'offerta da 13 milioni di euro per acquistare l'azienda di porcellane in fallimento

Un altro pezzo di made in Italy potrebbe passare in mani francesi. Gucci, brand italiano ma controllato dalla famiglia bretone Pinault , nei giorni scorsi ha avanzato una richiesta di partecipazione alle offerte per l'acquisizione del marchio e delle attività Richard Ginori.

Sul piatto ci sono 13 milioni di euro, che saranno versati tramite una società controllata da Gucci, per impadronirsi di quella che l'International Herald Tribune ha definito la "Ferrari delle porcellane", in cui lavoreranno 230 lavoratori dai 330 attuali.

Il condizionale è però d’obbligo: c’è tempo, infatti, fino al 22 aprile per presentare altre offerte, anche se ormai i manager del gruppo fiorentino sono sicuri che l'affare vada in porto.

A comunicare la decisione è stato il gruppo Gucci in una nota di venerdì 5 marzo, diffusa in seguito ad alcune indiscrezioni comparse due giorni prima che parlavano di un gruppo italiano interessato ad acquistare l’azienda di Sesto fiorentino ormai in fallimento, dopo una tormentata vicenda industriale durata trent'anni tra immobiliaristi, imprenditori e banchieri spregiudicati.

Il gruppo fiorentino ha spiegato che l'offerta "è coerente con la strategia di valorizzazione dell'eccellenza del made in Italy nel mondo". Non solo. La decisione si basa "su un progetto industriale e strategico di lungo periodo e si pone l'obiettivo di tutelare e rilanciare un marchio storico di Firenze, quale è Richard Ginori, sinonimo da sempre di qualità e artigianalità".

Tornando all’indiscrezione giornalistica, era vera per metà. Perché Gucci è sì un marchio del made in Italy, ma dal 2003 è controllato per il 99,4% dalla Ppr, multinazionale transalpina (che ora ha cambiato nome in Kering) fondata da Francois Pinault, un multimiliardario che ha iniziato nel commercio del legno per poi sfondare a suon di acquisizioni nel retail (Fnac, per dire, è uno dei marchi del gruppo) e nel lusso.

Guidata oggi dal figlio del fondatore, Francois - Henri Pinault, oltre a Gucci, infatti, suoi sono altri brand del settore, quali Bottega Veneta, Yves Saint Laurent e Sergio Rossi. Kering ha anche una divisione sport&lifestyle e controlla Puma, storico marchio tedesco della famiglia bavarese Dassler (la stessa dell'Adidas).

Ma che la multinazionale francese creda in particolare nei marchi italiani, lo dimostrano anche i dati dell’ultimo bilancio.

Su 6,2 miliardi di euro di fatturato registrati nel 2012 dalla divisione lusso, il 74% proviene dai due marchi Gucci e Bottega Veneta: il primo pesa per oltre la metà con 3,6 miliardi, mentre Bottega Veneta per quasi 1 miliardo, il doppio dei ricavi portati da un marchio come Saint Laurent (poco meno di 500 milioni nel 2012).

Certo, guardando sempre ai numeri, il fatturato della Ginori viaggia molto al di sotto (44 milioni nel 2011), ma contribuirebbe lo stesso ad ampliare la "vetrina" dei brand in mano ai Pinault.

Del resto, la famiglia francese ha dalla sua parte anche la storia: in passato Gucci si era già legata alla Richard Ginori per riprodurre nelle sue porcellane i disegni che Vittorio Accornero aveva creato per il foulard "Flora".

Oggi, invece, si tratta di salvare un pezzo di storia del made in Italy che rischia di rimanere dimenticato negli archivi dei tribunali.

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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