Fiat-Chrysler e il sogno di Sergio Marchionne
Economia

Fiat-Chrysler e il sogno di Sergio Marchionne

Al Salone dell'auto di Detroit Super Sergio ha parlato: via il sindacato dall'azionariato del gruppo. Ma a che prezzo?

Roma, via Margutta, esterno notte. Un sarchiapone su quattro ruote, grigio metalizzato, dalla linea inconfondibile come quella di un trumoncino Ikea, fa manovra a fatica per entrare in un cortile. Sulla sinistra della cofana – pardon, cofano – portabagagli, un nome un tempo prestigioso: “Thema”. Niente paura, è solo la vecchia Chrysler 305, sommariamente agghindata con qualche dettaglio all'italiana e fregiata di un marchio storico che non merita, anzi due: “Lancia” e “Thema”.

Ecco, per ora è questo il genere di frutti nati dalla fusione Fiat-Chrysler (a beneficio del possibile querelante, va da sé che i giudizi sopra espressi sono solo satira e che, al contrario di essi, in realtà chi scrive è convinto che la Thema-Chrysler sia una berlina stu-pen-dis-si-ma, del resto se ne vendono un sacco). Ma presto la fusione Fiat-Chrysler sarà ben altro. “Fiat e Chrysler devono diventare una cosa sola”, ha ripetuto infatti l'amministratore delegato della casa torinese e del gruppo americano Sergio Marchionne al Salone dell'auto di Detroit.

E si sa che quando Super-Sergio parla, poi fa. Magari tutt'altra cosa, ma fa. Parlò di Fabbrica Italia e l'ha fatta; in Serbia ma l'ha fatta. Ha parlato di un rilancio delle grandi berline e sta rilanciando la Panda, ma in fondo la Panda è una grande macchina. Insomma, un po' di flessibilità – quella, soprattutto nei contratti di lavoro, non guasta mai – e quel che promette, Marchionne, mantiene.

Solo che Big Sergio ha aggiunto una bella dose di insolito veleno alle sue esternazioni (era qualche settimana che sembrava divenuto laconico...): l'acquisizione della quota del sindacato Uaw nella casa automobilistica Usa, ha sottolineato il numero uno del Lingotto, potrebbe avvenire prima della sua quotazione. «Veba non resterà azionista di Chrysler a lungo e non dovrebbe rimanerlo, ma loro devono fare il loro lavoro e vogliono monetizzare», ha detto Marchionne parlando del contenzioso con il sindacato Uaw che tramite Veba controlla il 41,5% di Chrysler.

In parole povere, Marchionne ha detto ai sindacati metalmeccanici americani, quelli che tanto apprezza a confronto con le feroci tute blu della Fiom di Maurizio Landini: “Toglietevi dalle scatole”. Sorvolando sul piccolo particolare che dipende dal prezzo che lui è disposto a pagargli...Loro chiedono 4 miliardi di dollari, lui vuole dargliene 2 e mezzo. Che siano comunisti?

Poi Marchionne ha aggiunto un'altra chicca: “L'Ipo Chrysler è tecnicamente fattibile tra 9 mesi”, cosa verissima, a patto che prima la Fiat superi l'attuale quota del 58% nel capitale del gruppo, e stiamo al punto di partenza. Veba permettendo, visto che i sindacati controllano il 41,5% del capitale Chrysler! Come uscirne? “Occorre trovare un benchmark. Dobbiamo trovare una soluzione. Il processo è in evoluzione". Ma, insiste Marchionne, "Veba non sarà azionista per sempre".

Il sogno del top-manager è che Fiat e Chrysler diventino una sola azienda, così come sta per avvenire per Fiat Industrial e Cnh: "Saranno un'unica entità ma non so dire dove, come e quando. Saranno fusi in un'unica organizzazione che gestirà il settore auto, dobbiamo studiare il modo più intelligente per portare a termine questa operazione. Se fosse dipeso da me lo avrei fatto prima di Natale. L'obiettivo è quello di creare una sola azienda che produce vetture in tutto il mondo".

In base ai contratti in essere, Fiat può acquistare fino al 3,3% di Chrysler da Veba ogni sei mesi tra il 1 luglio 2012 e il 30 giugno 2016, fino a una quota complessiva del 16,6%, e Marchionne ha detto di voler comprare. Nel luglio scorso, la prima opzione. Fiat decide di salire del 3,3% salendo dal 58,5% al 61,8% e offre 139 milioni. Veba ne chiede 342 e non se ne fa niente. A gennaio, altra offerta di Fiat, 198 milioni: avevano ragione allora i sindacati a non accontentarsi sei mesi prima di 139! E neanche stavolta gli basta l'offerta, che quindi giace davanti a un tribunale.

Alla fine si metteranno d'accordo, certo, perchè gli uni vogliono vendere e l'altro comprare, e non c'è per nessuno dei due alternativa (o meglio: in teoria i sindacati possono anche procedere da soli alla quotazione del 24,9% di loro proprietà “fuori opzione”, ma per loro non ha senso fare un'operazione simile contro la volontà di Marchionne). Comunque resta lecito pensare che con la miliardata di dollari in più che, come in qualsiasi onorevole mercato delle vacche Marchionne scucirà per portarsi a casa il bottino, in Italia c'avrebbe pagato tutto il costo del lavoro in più comportato dalle richieste Fiom-Cgil per cinque anni. In fondo, l'edificante morale della favola è che Big Sergio sta scoprendo che tutto il mondo è Paese, applausi a parte.

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