Fiat-Chrysler, la fusione e i numeri che non piacciono alla Borsa
ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO
Economia

Fiat-Chrysler, la fusione e i numeri che non piacciono alla Borsa

Approvata l'unione tra le due società. Bene le vendite in Usa, ma per gli investitori i conti non consentono di raggiungere i target fissati dal gruppo

Fiat e Chrysler sono da oggi una sola società. L'assemblea straordinaria della Fiat. l'ultima che si tiene a Torino, ha dato il via libera alla fusione che darà vita alla multinazionale Fca che avrà sede ad Amsterdam, dove si terranno tutte le prossime riunioni dei soci, e sede fiscale a Londra mentre la quotazione, prima della fine dell'anno, sarà a New York.  

All'evento storico hanno partecipato 1.233 azionisti che rappresentano oltre 655,4 milioni di azioni. Il presidente della società, John Elkann, in apertura, ha elencato i principali azionisti: la Giovanni Agnelli&C. Sapa con il 30,04% (tramite la finanziaria di famiglia Exor); Baillie Gifford con il 2,64%, Vanguard International Growth Fund con il 2,43%; Norges Bank con il 2,15% e People's Bank of China con il 2%. A queste percentuali va aggiunto il 2,76% di azioni detenute da Fiat stessa. Elkann ha anche smentito (nuovamente) le voci di una vendita del gruppo a una società straniera (si è parlato di Volkswagen e di Peugeot).

Nonostante i dati positivi sulle vendite in Usa, citati in apertura, l'assemblea non si apre bene. In borsa il titolo è scivolato (alle ore 12) del 3,3% scendendo anche sotto quota 7 euro: un calo che segue quello, seppur più contenuto, di ieri. In effetti i dati del secondo trimestre e del primo semestre dell'anno non sono come gli analisti si attendevano: nel secondo trimestre 2014 i ricavi sono aumentati, è vero, di circa 1 miliardo (considerando Fiat e Chrysler insieme) raggiungendo i 23,3 miliardi, ma il calo dell'utile operativo si è fatto sentire visto che è passato da 1,073 miliardi a 961 milioni di euro e l'utile netto è passato da 435 a 197 milioni.

Il gruppo ha confermato gli obiettivi di fine allo (93 miliardi di ricavi) che sono stati illustrati all'inizio di maggio nella conferenza stampa di Detroit quando Marchionne, nel suo nono piano industriale predisposto nei 10 anni di guida della Fiat, ha previsto di investire 50 miliardi di euro in 5 anni e, soprattutto, di decuplicare le vendite delle auto del settore del lusso (Maserati e Alfa Romeo) nello stesso arco di tempo, cioè entro il 2018. Probabilmente il ritmo di crescita delle vendite di questi due marchi non è ritenuto sufficiente per raggiungere quei risultati. Maserati ha quadruplicato le vendite, arrivate a 10mila vetture mentre Ferrari ha aumentato l'Ebit da 96 a 105 milioni di euro. Elkann ha aggiunto che "erano 20 anni che Fiat non riusciva ad esprimere prodotti come Quattroporte e Ghibli", i due nuovi modelli della casa del Tridente che hanno trascinato le vendite.

In apertura dell'assemblea dei soci Reid Bigland, capo delle vendite in Usa, ha spiegato agli azionisti che la Chrysler ha venduto a luglio 167.667 unità (più 20%) aggiungendo che "grazie agli aumenti registrati da tutti i nostri marchi, le vendite di luglio sono state le migliori degli ultimi nove anni con un aumento del 20 per cento rispetto a luglio 2013” e che quello appena finito rappresenta “il cinquantaduesimo mese consecutivo di aumenti". Le vendite del marchio Fiat, sempre in Usa, sono cresciute dell'1%, segnando il miglior luglio in assoluto e l'ottavo mese consecutivo di incrementi con la Fiat 500L che ha aumentato le consegne del 49%.

Anche l'amministratore delegato di Fiat (e di Chrysler) Sergio Marchionne è intervenuto in apertura affermando che "anche se siamo una multinazionale non sfuggiamo alla nostra responsabilità sociale. In tutte le scelte che abbiamo fatto e faremo cerchiamo sempre di gusto equilibrio tra logica di profitto e responsbailita' sociale, tra ritorno economico e sviluppo professionale". Marchionne ha aggiunto, rivolgendosi ai soci chiamati a votare la fusione, che questa "rappresenta un altro salto epocale, perché dopo 115 anni segna la fine di un lunghissimo ciclo storico" e "apre un futuro nuovo alla nostra azienda, dandole una struttura internazionale e prospettive di crescita solide e concrete, consentirà un migliore accesso ai capitali e una maggiore flessibilità nel compiere investimenti strategici". Ora, ha aggiunto, "la Fiat è un'azienda capace di generare forti profitti, nonostante le perdite collegate ai marchi generalisti in Europa".

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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