Banche e governo Renzi: quattro cose da sapere
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Economia

Banche e governo Renzi: quattro cose da sapere

Perché le dimissioni del premier hanno ripercussioni sul sistema creditizio italiano in affanno

La partita più delicata è quella del Monte dei Paschi di Siena, che potrebbe rinviare di un po' il suo aumento di capitale da 4 miliardi di euro. Colpa della fase di instabilità politica che l'Italia rischia di attraversare, dopo le dimissioni del governo Renzi. Per adesso sui mercati non c'è stato uno scossone come si temeva. Ma è pur vero che la dipartita del premier fiorentino da Palazzo Chigi può indubbiamente lasciare il segno sul sistema bancario italiano. Da mesi, infatti, il governo uscente era impegnato come regista di alcune operazioni di salvataggio e di messa in sicurezza di diversi istituti di credito nazionali. Ecco, di seguito, una panoramica sulle partite ancora aperte (clicca su avanti).

Il rebus Monte Paschi

L'operazione più delicata è senza dubbio quella che riguarda il Monte dei Paschi di Siena. Venerdì scorso l'istituto toscano è riuscito a rastrellare sul mercato circa 1 miliardo di euro convertendo in azioni una parte dei suoi bond subordinati. Ora, però, Mps ha ancora bisogno di un'iniezione di liquidità per quattro miliardi di euro, due dei quali dovrebbero arrivare da una serie di anchor investor inernaizionali tra cui il Fondo Sovrano del Qatar. Proprio questa settimana dovrebbe partire un roadshow dei vertici di Mps per incontrare i grandi investitori istituzionali i quali potrebbero sostenere una ricapitalizzazione della banca . Certo, non sarà un bel biglietto da visita presentarsi alla comunità finanziaria con una crisi di governo in corso e non sarà facile convincere i grandi fondi internazionali a fare un investimento in Italia.

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Unicredit a caccia di soldi

La crisi di governo in Italia non lascia indifferenti neppure i vertici di Unicredit, un'altra banca italiana che ha bisogno di una maxi-ricapitalizzazione, per un valore che raggiunge addirittura i 13 miliardi di euro. Di questi, circa 6 miliardi verranno raccolti dalla banca con la vendita di due controllate: la società di gestione Pioneer e la polacca Bank Pekao. Al netto di queste cessioni, Unicredit dovrà dunque mettere in cantiere un aumento di capitale di 7 miliardi di euro circa. La crisi di governo non dovrebbe avere un grande impatto su questa operazione se non nel caso di una forte flessione della borsa di Milano (che per adesso non c'è stata) causata da una crisi politica. Per fare un aumento di capitale ed emettere con successo sul mercato un una montagna di nuove azioni, infatti, ci vuole sempre una borsa bella tonica.

Le banche venete ancora in affanno

Altre due banche in crisi sono la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, entrambe controllate dal Fondo Atlante. Devono fondersi tra loro e devono fare pulizia nei bilanci liberandosi di almeno 4 miliardi di euro di non performing loans (npl), cioè di crediti deteriorati. Gli npl verranno venduti sul mercato, con un'operazione di cartolarizzazione (cioè saranno trasformati in titoli finanziari). A realizzare l'operazione sarà lo stesso Fondo Atlante che però, avendo quasi esaurito le risorse, dovrà di nuovo rastrellare i soldi presso altri investitori. C'è da chiedersi come sarà possibile trovare un sostegno nel caso in cui il periodo di incertezza politica fosse più duraturo del previsto.

Banca Etruria e le altre

Infine, è ancora aperta la partita per l'acquisto delle cosiddette Good Bank, cioè le banche che hanno ereditato le attività sane dei 4 istituti di credito falliti nel 2015: Banca Etruria, CariChieti, CariFerrara e Banca Della Marche. Per tre di loro (Banca Etruria, CariChieti, e Banca Della Marche), c'è una proposta di acquisto in fase avanzata da parte di Ubi Banca mentre CariFerrara potrebbe finire nell'orbita della Popolare dell'Emilia Romagna. L'operazione è però delicata e prevede una serie di passaggi tra cui l'intervento di un organismo di garanzia come il Fondo Interbancario. Anche in questo caso, una crisi politica non favorisce certo il buon esito dell'operazione visto che il governo Renzi è stato fin dall'inizio il regista principale del salvataggio dei 4 istituti.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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