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Economia

Auto: dopo l’incontro con Trump, le prossime mosse di Marchionne

Per andare incontro alle aspettative del nuovo presidente Usa, il numero uno di Fca potrebbe tornare a spingere sulla fusione con Gm

Da una parte c’è l’attivismo del nuovo presidente americano Donald Trump, soprattutto sul fronte dell’industria automobilistica, dall’altra ci sono i grandi big del mercato automotive americano che sperano di poter ottenere sconti importanti su tariffe e oneri ambientali. Date queste premesse, l’incontro di ieri a Washington che ha visto protagonisti proprio il nuovo inquilino della Casa Bianca e i tre Ceo di Gm, Ford e Fca, rispettivamente Mary Barra, Mark Fields e Sergio Marchionne, non poteva svolgersi in un clima migliore. Trump ha chiarito che pensa a un giro di vite su tutta una serie di norme ambientali che creano non pochi grattacapi alle industrie dell’auto americana. “Vi aiuterò, tutto sarà più amichevole” ha detto molto esplicitamente il neo presidente Usa.

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In cambio chiede che si creino nuovi posti di lavoro e che la produzione torni entro i confini nazionali. Richieste d’altronde lanciate già da qualche tempo e che hanno fin da subito sortito effetti pratici. Ford e Fca infatti hanno annunciato ingenti investimenti sul territorio americano, e in particolare Marchionne ha promesso di mettere sul tappeto un miliardo di dollari per la creazione di 2.000 posti di lavoro nel Michigan. Un impegno che è stato particolarmente apprezzato dal presidente Trump, e forse non a caso ieri nell’incontro a Washington il manager italo-canadese sedeva proprio al suo fianco. Ora però si tratta di capire, dopo questa reciproca benevolenza, quali potranno essere le prossime mosse, soprattutto di Marchionne. Intanto, all’orizzonte non si prevedono, almeno per il momento, ulteriori investimenti, oltre a quelli già annunciati.

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Non a caso, l’amministratore delegato di Fca, rivolgendosi a Trump, ci ha tenuto a sottolineare che dal suo insediamento alla guida del nuovo gruppo nato nel 2014 dalla fusione di Chrysler e Fiat, ha già investito negli Usa qualcosa come 9,6 miliardi di dollari, creando 25mila nuovi posti di lavoro. Insomma, come dire, abbiamo già dato molto e l’ulteriore miliardo promesso è la conferma di una strategia che continuerà ad essere questa. E allora, su quali altri mosse potrebbe puntare Marchionne per, se possibile, ingraziarsi ancora di più Trump?

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“Diciamo la verità – ci dice l’economista Giuseppe Berta, grande esperto di automotive e in particolare di Fiat –, da un punto di vista comunicativo, l’annuncio di un investimento di un miliardo di dollari con la creazione di 2.000 posti di lavoro, per Donald Trump, ha un valore piuttosto blando. D’altronde stiamo parlando di nuova occupazione in uno stato come il Michigan che in seguito alla crisi dell’auto, di posti di lavoro ne ha persi a decine di migliaia”. C’è invece un'altra questione che potrebbe risultare quanto mai funzionale alle attuali pretese di popolarità di Trump. “Riuscire a veicolare la fusione tra Fca e General Motors – afferma infatti Berta – potrebbe essere un risultato davvero da sbandierare con orgoglio ai quattro venti. Si verrebbe infatti a creare di gran lunga il primo produttore al mondo di auto. Quindi, poter dire di aver riportato questo primato entro i confini dell’America, sarebbe per il nuovo presidente un ritorno di immagine straordinario”.

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È chiaro allora quale potrebbe essere la prossima decisiva mossa da mettere in campo da parte di Marchionne: puntare, o meglio ripuntare, sulla fusione Fca-Gm. Si tratta infatti di un’idea che nella testa del manager in pullover gira ormai da tempo. “Solo che la prima volta che la lanciò – precisa Berta – i tempi non erano maturi. Qualcuno guardava con sospetto alla piccola Fca che voleva aggregarsi alla grande Gm. Per non parlare del fatto che Marchionne avrebbe voluto guidare questo nuovo mega-gruppo. Ora lo stesso Marchionne ha annunciato che presto lascerà il timone di Fca e, soprattutto, le condizioni economiche e strategiche, potrebbe ro spingere anche i soci di Gm a ritenere vantaggioso l’accordo”. Il tutto, come detto, in un contesto che vedrebbe probabilmente il presidente Trump promotore in prima fila di una tale fusione. Insomma, ci sono tutti gli elementi perché l’intesa vada in porto: staremo a vedere.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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