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Economia

Alitalia commissariata, come siamo arrivati fino a qui

Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari nominati commissari. Dai programmi di privatizzazione alle fusioni con altri vettori una storia di fallimenti

Dopo il no del referendum all'accordo di salavatagggio, Alitalia è stata commissariata. Il collegio che dovrà decidere del suo futuro è composto da Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari come annunciato il 2 maggio in una nota dal Mise, riferendo che "il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ha disposto oggi con decreto l'ammissione di Alitalia all'amministrazione straordinaria in base al decreto legge Marzano".

Inoltre, per garantire l'operatività nei prossimi mesi il Governo ha concesso un prestito ponte di 600 milioni.

Secondo uno studio di Mediobanca l’Alitalia sarebbe costata finora alle casse dello Stato poco più di sette miliardi di euro. Una cifra monstre se si pensa che l’ultima manovrina economica vale meno della metà. Per capire come si è arrivati a questo punto è bene ripercorrere la varie fasi di questa storia che si può far iniziare dai primi tentativi di privatizzazione messi in campo a partire dagli Anni Novanta.


I programmi di privatizzazione
Le peripezie industriali e finanziarie di Alitalia, un vettore che ha iniziato le sue operazioni di volo nel lontano 1947, prendono le mosse negli Anni Novanta, quando a fronte delle prime, evidenti difficoltà economiche, l’allora premier Romano Prodi lancia la prima privatizzazione. Siamo nel 1996 e la quotazione in Borsa del 37% della società non porta i frutti sperati. Un secondo tentativo verrà poi fatto nel 2006, sempre da Prodi, con una modalità diversa: invece della Borsa si sceglie di mettere sul mercato un altro 39% con una procedura di gara, che però fallisce, dopo che alcuni soggetti interessati prendono visione dei conti già fin troppo in rosso del vettore italiano.

Klm, il primo tentativo di alleanza
Siamo ancora negli Anni Novanta quando si prova a mettere in campo una prima alleanza strategica con il vettore Klm. La partnership però fallisce e la compagnia olandese decide nel 2000 di ritirarsi dall’operazione in maniera unilaterale. Una scelta che le costerà caro, visto che su denuncia di Alitalia scatterà un arbitrato internazionale che nel 2002 costringerà Klm a pagare una penale da 250 milioni di euro. Intanto c’è da segnalare l’evento drammatico dell’attentato alle Torri Gemelle che insieme alla concorrenza determinante dell’Alta Velocità, contribuiranno non poco negli anni successivi ad assestare colpi decisivi agli equilibri industriali di Alitalia.

Air France, e l’acquisizione fallita
Con i conti di Alitalia sempre più barcollanti, tra la fine del 2007 e gli inizi del 2008, il governo decide di intavolare una trattativa privata con Air France che nel frattempo ha rilevato Klm. Il negoziato va avanti per mesi, ma quando il vettore francese si rende conto che, da una parte i sindacati erano contrari ai tagli previsti dall’operazione, e dall’altra Silvio Berlusconi stava impostando l’allora campagna elettorale all’insegna dell’“italianità” dell’ex compagnia di bandiera, decide di tirarsi indietro.

I capitani coraggiosi
E in effetti Berlusconi riesce a vincere le elezioni e lancia quella che sarà denominata l’operazione dei “capitani coraggiosi”. Dopo che infatti Alitalia porta i libri in Tribunale e ottiene una sorta di fallimento controllato grazie alla Legge Marzano, scende in campo la Compagnia aerea italiana (Cai) una cordata guidata da Roberto Colaninno e di cui fanno parte investitori come  Benetton, Riva, Ligresti, Marcegaglia e Caltagirone. Alla cordata partecipa anche Intesa SanPaolo allora guidata da Corrado Passera. La parte sana della compagnia viene rilevata da Cai per 300 milioni mentre tutto il passivo, ovvero circa 2 miliardi di euro, viene messo in una bad bank e diventa debito di Stato.

Nuovo tracollo e arrivo di Etihad
La nuova Alitalia riparte, con un taglio di circa 8mila dipendenti, ma ben presto le cose cominciano di nuovo ad andare male. Nonostante tra gli azionisti, accanto a Cai, ci sia ora anche Air France, partner strategico al 25%, e malgrado altri 2.400 esuberi e un taglio del 20% degli stipendi dei manager, nel 2013 è necessario un aumento di capitale. A questo punto Colaninno annuncia di abbandonare ed è necessario un nuovo aiuto pubblico che arriva attraverso Poste Italiane che entra nella compagine azionaria. A questo punto all’orizzonte si prospetta una nuova alleanza con Etihad, compagnia degli Emirati arabi, che acquisisce il 49% del vettore italiano. L'operazione si definisce a fine 2014 e il nuovo Piano industriale prevede il break even nel 2017. Ma già un anno dopo, a fine 2015, l'allora amministratore delegato Silvano Cassano si dimette, e così, tra bilanci stiracchiati e nuove perdite arriviamo ai giorni nostri con il commissariamento e la crisi che ormai sembra quasi definitiva.

I numeri di un’agonia
E a sancire il fallimento sono i numeri, insieme allo loro drammatica evoluzione in questi anni di vera e propria agonia industriale e finanziaria. Attualmente Alitalia conta circa 12.700 dipendenti, dei quali circa 5.000 naviganti. Nel 2015, ultimi dati aggiornati, ha trasportato circa 22,9 milioni di passeggeri con un fatturato pari circa a 3,3 miliardi di euro e perdite per circa 381 milioni di euro, che in questo 2016 vengono stimate in quasi il doppio, ovvero 600 milioni di euro, un valore che avvicina sempre di più il definitivo fallimento. Per capire quello che è accaduto alla società, basti solo pensare che nel 2004 i dipendenti di Alitalia erano quasi il doppio, ovvero circa 22mila. Sempre a proposito di numeri poi Alitalia nel 2007 ha trasportato circa 24,5 milioni di passeggeri che già nel 2008 erano calati a poco più di 18 milioni. E ancora, al 31 marzo 2008, la flotta del "Gruppo Alitalia" era costituita  da 174 aerei, un valore che nel 2015 è sceso drammaticamente a quota 109.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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