Agenzie di rating: perché sbagliano spesso
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Economia

Agenzie di rating: perché sbagliano spesso

Moody's, S&P e Fitch giudicano e decidono in maniera troppo poco trasparente. E i loro errori compromettono la ripresa dei mercati

Quanto sono affidabili le agenzie di rating? Dal 2008, vale a dire da quando è scoppiata la crisi finanziaria internazionale, il mondo intero ha iniziato a dipendere dalle scelte e dai giudizi di queste apparentemente infallibili agenzie...e solo oggi, complice una sempre maggiore instabilità dei mercati del vecchio e del nuovo mondo, c'è chi inizia a dubitare della loro capacità di valutare lo stato di salute dei singoli mercati.

Va riconosciuto che l'agenzia di stampa finanziaria Bloomberg già da tempo aveva espresso qualche perplessità sull'infallibilità e sul potere di influenzare i mercati delle agenzie di rating, di cui segue con regolarità i report dal 1974. Oggi, però, l'opinione di Bloomberg ha guadagnato maggiore autorevolezza grazie alla creazione di un nuovo servizio che ha dimostrato come siano stati commessi degli errori nel 53% dei casi analizzati.

"Seguire le decisioni degli arbitri del rischio di credito è meno affidabile che fare a testa o croce", ha affermato Bloomberg, che dopo aver messo in relazione i giudizi di Moody's e Standard & Poor's e gli andamenti dei mercati sottoposti a giudizio si è accorta che è stata sbagliata una valutazione su due. Nella maggior parte dei casi promozioni, tagli del rating, declassamenti non sono stati la diretta conseguenza di ciò che è accaduto sui mercati, e, addirittura, più di recente è capitato che gli andamenti dei titoli di debito sovrano si siano mossi nella direzione opposta rispetto a quanto anticipato da Moody's o S&P. In base ai calcoli di Bloomberg, la prima sarebbe stata ignorata nel 56% dei casi, la seconda nel 50. Come se i mercati avessero (finalmente) imparato a trascurarne le opinioni.

Da quando i giudizi delle agenzie di rating hanno il potere di far crollare in tempi rapidissimi istituzioni e mercati considerati solidi fino a qualche minuto prima del declassamento ufficiale, non può certo sembrare bizzarro il desiderio di capire meglio come funzionano queste società, chi le controlla, e sulla base di quali elementi prendono le loro decisioni.

Nessuno ha ancora dimenticato che il 15 settembre 2008, non appena le agenzie di rating iniziarono a manifestare i propri dubbi sulle capacità di alcune istituzioni finanziarie di onorare i propri debiti, istituti di credito considerati fino a poco tempo prima solidissimi si ritrovarono, a meno di 24 ore dal declassamento ufficiale, senza liquidità. Perché è da quel giorno, e c'é chi crede oggi (quasi esclusivamente) per colpa di Fitch, Moody's e S&P, che gli operatori finanziari di tutto il mondo sono stati via via trascinati in una crisi da cui non sono ancora riusciti a uscire. E quel che è peggio, per gli analisti di Bloomberg e non solo, è che da allora le regole del gioco non sono ancora cambiate: le agenzie giudicano, le istituzioni traballano e gli operatori si spaventano. E così i mercati non ripartono.

Del resto, come dimenticare la grande paura per un secondo collasso dei mercati finanziari generata dall'annuncio di S&P, a metà 2011, di un ulteriore declassamento per l'economia americana? Ma il punto è che, oggi come allora, il fatto che S&P si sia poi scusata per aver elaborato una previsione (che tuttavia decise di non modificare) sulla base di un calcolo errato avrebbe dovuto indurci non a tirare un sospiro si sollievo e a dubitare sì della stabilità dei mercati finanziari, senza temerne tuttavia il crollo repentino, quanto a chiederci fino a che punto fosse giusto che l'economia globale dipendesse ormai quasi esclusivamente dagli annunci perentori di tre agenzie.

Qualcuno lo ha fatto, e l'analisi di Bloomberg che mette in evidenza quanto le previsioni di Fitch & co. siano trascurare con semre maggiore frequenza lo dimostra. Eppure, l'ansia da declassamento fa ancora (purtroppo) parte della nostra quotidianità. E abbiamo solo un modo per curarla: chiedere a questi istituti di diventare più trasparenti. Di spiegare con precisione come prendono le loro decisioni e su quali elementi basano i loro calcoli. Anche per aiutare chi vorrebbe riconquistarsi la fiducia dei mercati a capire come agire, e quali riforme approvare, per recuperare i livelli di rating perduti.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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