Agenda Digitale, a che punto siamo
Economia

Agenda Digitale, a che punto siamo

Il piano per colmare i ritardi tecnologici dell'Italia resta sulla carta. L'attuazione toccherà al prossimo governo. E c'è già chi chiede un ministero dedicato

La parola è un puro latinismo, il gerundivo del verbo agere, e letteralmente significa “cose da fare”. Agenda è parola di gran moda nel nuovo lessico politico, al punto da aver soppiantato (e sacrificato?) il “programma” delle precedenti Repubbliche. Ma nella legislatura appena conclusa ce n’era una per antonomasia, l’Agenda Digitale, il piano che dovrebbe colmare i ritardi tecnologici dell’Italia, tagliare i costi, spingere lo sviluppo. Per il momento resta, appunto, un elenco di impegni, promesse, inviti . Un piano complesso, frastagliato per competenze e quindi difficile da “controllare”: adesso è finito nel limbo preelettorale e non sembra particolarmente presente nelle agende dei candidati, a partire da quella del premier uscente.

Nell’Agenda Monti al tema sono dedicate poche e generiche righe che segnalano la necessità di proseguire nell’opera già intrapresa, senza dire come. Ma è proprio sull’attuazione dei provvedimenti del governo tecnico che adesso si gioca la partita, secondo l’opinione di imprese, osservatori ed esperti. «La sfida vera comincia ora, perché è necessario che dalla carta si passi ai fatti», dice Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale. E Andrea Rangone, fondatore e Direttore degli Osservatori ICT & Management della School of Management del Politecnico di Milano e responsabile del progetto PoliHub sulle startup , lancia già la palla al prossimo inquilino di Palazzo Chigi: «Adesso c'è il tema dei decreti attuativi, da affrontare subito con il nuovo governo. Su questo dobbiamo tenere una grande attenzione, tutti quanti, perché finisca nell'agenda politica con la massima priorità. E' la sola via per creare sviluppo in un'Italia in recessione. Ma la politica deve crederci senza indugi». E non è per nulla scontato che accada.

Tutti riconoscono che il governo Monti, con il ministro Corrado Passera in testa, abbia fatto un passo avanti sui temi dell’innovazione e del digitale, nonostante molte lacune e dimenticanze (ad esempio il sostegno all’ecommerce o la gestione ancora troppo dispersiva dell’IT pubblico) ma molti temono che resti un passo verso il nulla. «La confusione in cielo è grande. Senza un nuovo intervento fattuale da parte del governo la partita del digitale italiano rischia di restare una questione di principio», è l’analisi realistica da politico navigato del pd Paolo Gentiloni, ex ministro delle Comunicazioni e ora candidato sindaco a Roma, tra i più attenti a seguire le evoluzioni digitali del governo.

In sintesi questo è lo stato dell’arte. Il Decreto Crescita 2.0, diventato legge poco prima di Natale , è solo un pezzo dell’Agenda Digitale. Ci sono molti provvedimenti già presi e bandi già emanati dai ministeri dell’Istruzione e dello Sviluppo economico ma anche finanziamenti dell’Unione europea. I pilastri della rivoluzione annunciata sono le infrastrutture per la banda larga e ultralarga, le smart cities (cioè i progetti per i servizi urbani di nuova generazione), la digitalizzazione della pubblica ammininistrazione, della scuola e della sanità, il documento digitale unificato. Ce n’è abbastanza per capire che passare dalle parole ai fatti non sarà né semplice, né rapido. E seguire lo stato d’avanzamento dei lavori per nulla facile. Al punto che il Corriere delle Comunicazioni, periodico specializzato in innovazione e tecnologia, ha lanciato un sito interamente dedicata al tema, agendadigitale.eu , che fa il tracking dei provvedimenti presi e dei passaggi per la loro attuazione.

Al prossimo governo quindi toccherà l’execution. Troverà già "servita" l’Agenzia Digitale con il suo direttore generale Agostino Ragosa, che deve solo firmare il contratto dopo il via libera della Corte dei Conti: dovrà vedersela con cinque diversi ministeri al momento di incerta coloritura politica. Merita tutti gli auguri per un brillante 2013. Anche perché c’è già chi pensa che per l’Agenda non basti solo l’Agenzia. Roberto Sambuco, autorevole grand commis di Stato (è attualmente capo del dipartimeto Comunicazione del ministero dello Sviluppo economico ed è stato candidato alla poltrona di Ragosa), vorrebbe addirittura un Ministero: «Per procedere spediti serve istituire il Ministro per l'Agenda digitale», ha scritto su agendadigitale.eu. «Lancio dunque un appello alle forze politiche affinché qualunque sia il colore del prossimo governo comunque si preveda la nomina di un Ministro per l'agenda digitale che abbia le competenze che oggi ha la Kroes in Europa». Capita l'antifona? Per passare dalla carta ai fatti c’è sempre di mezzo la politica (e la burocrazia).

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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