Dee Dee Bridgewater incanta Torino - Recensione
La cantante americana ha omaggiato in "Memphis" la grande tradizione del soul con brani di Otis Redding, Al Green e Prince
Il soul, una delle più eccitanti invenzioni della cultura afroamericana, è nato negli anni Sessanta dall'incontro tra la carnalità del soul e la spiritualità del gospel. Memphis ha dato i natali ad Aretha Franklin e ha visto muovere i primi passi discografici di Sam Cooke, Otis Redding, B.B.King, Johnny Cash ed Elvis Presley, che qui è sepolto.
Per questo Dee Dee Bridgewater, che nel corso della sua lunga e fortunata carriera ha dimostrato di essere la vera erede delle “signore del jazz” quali Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Sarah Vaughan e Dinah Washington, ha voluto rendere omaggio alla città del soul e del blues in Memphis, uno degli eventi più attesi di Narrazioni Jazz a Torino ospitato all'Auditorium del Lingotto, dove si sta svolgendo il trentesimo Salone del Libro.
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Nel 1997 la cantante, nata a Memphis ma cresciuta a Flint, nel Michigan, aveva messo d'accordo pubblico e critica riproponendo in Dear Ella i classici di una leggenda del jazz come Ella Fitzgerald, album premiato con un meritatissimo Grammy Award.
La Bridgewater è riuscita ancora una volta a superarsi nello splendido Eleanora Fagan: To Billie with love from Dee Dee Bridgewater, anch’esso premiato con un Grammy Award, rileggendo i classici di Billie Holiday, dotata di un timbro vocale inimitabile.
La sua voce limpida e versatile, ma al tempo stesso calda e ricca di sfumature, le ha permesso di affrontare senza alcun timore reverenziale il grande patrimonio del soul e del blues, in un concerto applauditissimo che ha confermato ancora una volta la sua grande comunicativa e la capacità di far propri, rendendoli più moderni, brani del passato.
Una frattura al piede destro, con una visibile ingessatura, non ha limitato la straordinaria energia della vocalist, che ha iniziato il concerto rendendo omaggio a Bobby Blue Bland nell'intenso blues tradizionale Going down slow.
"Quando avevo 14-15 anni -racconta Dee Dee- passavo di nascosto le notti ad ascoltare con una radio a transistor la stazione WDIA, che trasmetteva da Memphis solo musica black.La prima canzone che mi ricordo è Giving up di Gladys Night & The Pips, che vi canterò ora".
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Dopo l'emozionante interpretazione della torch song, è la volta della versione di I can't get nex to you, brano originariamente interpretato dai Temptations nel 1966, riproposto nella versione di Al Green, altro gigante della musica dell'anima e oggi reverendo, anzi, "bishop" a Memphis. Un brano ricco di groove, dominato da fiati e tastiere, che mostra le qualità di Charlton Johnson in un bel solo di chitarra.
Dopo tanta adrenalina, i ritmi si fanno più morbidi nella romantica e sognante Yes I'm ready di Barbara "Babbie" Mason, perfetta nel tratteggiare il fuoco incontrollabile dell'amore adolescenziale.
Atmosfere completamente diverse caratterizzano la canzone politica Why Am I Treated So Bad di Mavis Staples, dedicata ai cosiddetti Little Rock Nine, un gruppo di nove studenti afroamericani che nel 1957 si iscrissero alla scuola superiore di Little Rock, Arkansas, ricevendo continue minacce per il colore della pelle.
B-A-B-Y di Carla Thoms è intepretata dalla Bridgewater in modo giocoso e sensuale, Don't be cruel di Elvis Presley ha un arrangiamento assai diverso dall'originale, decisamente bluesy, così come The thrill is gone di B.B.King, che viene trasformata in un tiratissimo brano soul nel quale è quasi impossibile rimanere fermi al proprio posto.
Il concerto si chiude con un omaggio al grande Otis Redding, di cui nel 2017 ricorrono i 50 anni dalla tragica morte in un incidente d'aereo il 10 dicembre 1967, nella struggente Try a little tenderness, un brano con un quoziente di difficoltà elevatissimo per i continui cambi di tempo e di atmosfere, che Dee Dee onora con il suo talento cristallino. Il pubblico del Lingotto riserva alla cantante un applauso fragoroso e una meritata standing ovation.
Il bis è un tributo al genio di Prince con il suo brano più celebre, la monumentale Purple rain, che viene cantata in coro dal pubblico in un momento di grande suggestione, con gli smartphone a mo' di accendini del Terzo Millennio.
Una seconda standing ovation saluta l'uscita di Dee Dee Bridgewater, scortata dall'amico e collega Gegè Telesforo, e del suo eccellente gruppo formato da Marc Franklin alla tromba, Arthur Edmaiston al sassofono, Dell Smith al pianoforte, Charlton Johnson all chitarra, Barry Campbell al basso, James Sexton alla batteria e alla direzione musicale, le sorelle Sharisse Norman e Shontelle Norman-Beatty come seconde voci.
Un concerto che ha dimostrato ancora una volta, grazie alle prodigiosi doti tecniche e interpretative della cantante, come il soul e il blues siano i generi che, più di tutti, sono stati in grado di raccontare le gioie, i dolori e le inquietudini di un'intera comunità.
Dee Dee Bridgewater ha raccolto idealmente la torcia dei grandi artisti di Memphis, portandola ai giorni nostri con intatta luminosità.