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Vittorio Emanuele III: storia di un re poco amato dagli Italiani (1900-1946)

La salma è rientrata in Italia tra le polemiche a 70 anni dall'esilio dei Savoia. Dalla Grande Guerra al Fascismo alla fuga a Brindisi

Al momento non andrà al Pantheon la salma di Vittorio Emanuele III. Dovrà accontentarsi di una sepoltura nella provincia piemontese, nel Santuario di Vicoforte (Cuneo) dove già riposa la moglie Elena del Montenegro.

Rientra in Italia tra le polemiche a 70 anni dalla morte il re meno amato dagli Italiani: il re delle leggi razziali del 1938 e della fuga a Brindisi dopo l'Armistizio, che diede avvio alla guerra civile in un' Italia spaccata in due tra Alleati e Repubblica Sociale.

Vittorio Emanuele III era salito al trono dopo l'assassinio del padre Umberto I per mano dell'anarchico Gaetano Bresci il 29 luglio 1900.

Educazione militare

Il nuovo sovrano aveva ricevuto una rigida educazione militare, come nella tradizione dinastica dei Savoia.

Appassionato di geografia, storia e numismatica, fu un sovrano discreto almeno per i primi anni di regno.

Schivo nei confronti della mondanità, aveva sposato Elena del Montenegro nel 1896, matrimonio che gli permise di allargare l'influenza Savoia in tutto l'Adriatico.

La politica estera del "re soldato" nei primi anni del XX secolo vide il sostanziale appoggio alla politica coloniale di Giolitti, culminata con la guerra Italo-Turca del 1911-12 che permise all'Italia di conquistare la "quarta sponda" con l'annessione della Libia ed in seguito delle isole greche del Dodecaneso.

La Grande Guerra

Allo scoppio della Grande Guerra mantenne inizialmente l'allineamento con il neutralismo del Governo, per poi appoggiare pienamente il ribaltamento delle alleanze spinto anche dal suo antigermanismo.

Durante la guerra il re fu molto popolare per le sue frequentissime visite al fronte, avendo scelto di non insediarsi a Udine assieme alla "corte" di Luigi Cadorna, che proprio il sovrano destituirà dopo Caporetto.

Il "re soldato", diventato dopo il 4 novembre 1918 anche "re Vittorioso" vide la sua figura al centro della bufera sociopolitica scoppiata nel primo dopoguerra.

La marcia su Roma

Spaventato dall'agitazione sociale che dilagava nel paese e per la paura del possibile sopravvento del socialismo, Vittorio Emanuele aprì le porte al fascismo non facendo nulla per contrastare la marcia su Roma il 28 ottobre 1922.

Perso il comando dell'esercito a favore di Mussolini, la figura del re sarà riesumata negli anni dei trionfi della dittatura: nel 1936 con la conquista di Addis Abeba sarà nominato Imperatore d'Etiopia, mentre tre anni dopo è proclamato re di Albania dopo la rapida conquista del paese balcanico.

Le leggi razziali

Tuttavia l'anno precedente la sua figura si macchiò dell'atto più grave del ventennio fascista: la ratifica delle leggi razziali nei confronti dei cittadini di religione ebraica, poste in atto nel 1938.

In disaccordo con la politica aggressiva dell'Asse, Vittorio Emanuele si era espresso a sfavore dell'intervento dell'Italia a fianco della Germania hitleriana, giudicando la nazione impreparata alla guerra.

Lo svolgimento del conflitto vedrà il rapido deterioramento della capacità offensiva italiana e la perdita delle colonie appena conquistate tra il 1941 e il 1942. Il disastro in Russia anticipa la drammatica seduta del Gran Consiglio del fascismo al termine della quale sarà proprio il Re a ordinare l'arresto e la prigionia del duce, liberato poco dopo da un blitz tedesco sul Gran Sasso.

Otto settembre

L'Italia firma l'armistizio il 3 settembre 1943, con gli Alleati in avanzata lungo la penisola. Roma e ancora in mano tedesca quando è organizzata la fuga del Re e del primo ministro Badoglio proprio nel giorno dell'annuncio della resa, nella notte tra l'8 e il 9 settembre 1943.

I soldati italiani restano senza ordini precisi, si sbandano e rimangono esposti alle rappresaglie dell'ex alleato tedesco che nel frattempo ha occupato l'Italia Settentrionale fondando lo stato fantoccio della RSI. A Brindisi nasce il Regno del Sud sotto la protezione anglo-americana, con a capo Vittorio Emanuele III e Badoglio.

Il 12 aprile 1944 l'anziano monarca affidava la Luogotenenza al figlio Umberto, (senza tuttavia abdicare) mentre la sua figura e il futuro della monarchia in Italia divideva non soltanto le forze antifasciste, ma anche gli Alleati con da una parte Roosevelt che avversava la continuità dinastica e caldeggiava un governo repubblicano con il Conte Sforza e dall'altra Churchill a favore della continuità della forma monarchica in funzione anticomunista.

Abdicherà nell'ultimo tentativo di salvare la corona in favore dell'ultimo sovrano d'Italia, Umberto II, il 9 maggio 1946.

Italia repubblicana

Pochi giorni dopo il referendum costituzionale sanciva la fine della monarchia e l'esilio dei Savoia.

Il vecchio re si trasferiva ad Alessandria d'Egitto dove morirà e verrà sepolto il 28 dicembre 1947.

Il suo regno lungo quasi mezzo secolo aveva visto la caduta del vecchio stato liberale, due avventure coloniali, la Grande Guerra e la vittoria, vent'anni di fascismo, il Concordato con la Chiesa, le leggi razziali, la Seconda Guerra Mondiale, la sconfitta militare e la fine della dittatura, il voto del referendum ed infine l'esilio.

vittorio emanuele III
IWM
1918: Vittorio Emanuele passa in rassegna le truppe alleate statunitensi.

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Edoardo Frittoli