Se anche un vecchio ha diritto alla felicità
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Se anche un vecchio ha diritto alla felicità

Un ritratto inedito della senilità, fra desiderio e pulsioni mai sopite, in "La badante", ultimo romanzo di Matteo Collura.

C'è tutto lo scandalo della vecchiaia ne La badante (Longanesi), nuovo romanzo di Matteo Collura. Scandalo perché, messi da parte i cliché di equilibrio e saggezza, si scoprono nella senescenza le inquietudini che mai si vogliono vedere.

Preziosa eccezione, questo romanzo: abbondano quelli di formazione sulla gioventù, infatti, ma non se ne vedono sulla senilità. Non è un caso, visto che gli anziani sono i nuovi invisibili, segregati in casa con le loro badanti. Collura ci mostra invece quella forza che a 80 anni scuote ancora anima e corpo, nella fretta di vivere un altro momento di felicità, a rivendicare, pure da vecchi, il sacrosanto diritto al desiderio.


Capita al protagonista Italo Gorini, docente di lettere in pensione, vedovo da cinque anni, costretto su una sedia a rotelle e prigioniero nella sua gabbia domestica. È forse tenerezza ciò che prova per la badante romena Paula Grigorescu? Niente affatto. In quella mente che fu brillante, e che adesso perde i colpi, albergano ancora pulsioni forti, che sono sentimentali e sessuali, e si mischiano fra loro, in un fremere della carne che si può fare odio e poi diventare sgomento.


È tutta qui, in un corpo che rifiuta la fine, in un cervello che frulla e singhiozza, la turbolenza vitale di tanti anziani che il nostro sguardo evita. E sono tanti davvero. Saranno il 40 per cento gli ultrasessantenni in Italia nel 2030: baby boomers che diventano baby boomerang. Nella sola Lombardia, tanto per fare altri numeri, aumentano di 40 mila ogni anno. Sempre in Lombardia, nel 2014, si è speso per le badanti oltre un miliardo e 600 milioni di euro: lo 0,1 per cento del Pil.


Non si parli però di romanzo sociologico. Filosofico è invece questo scritto dove sentimenti nobili s’alternano a sogni cupi, silenzi, sproloqui, teoremi, nel tentativo di decifrare un mondo ormai sfocato, divenuto estraneo, a partire dai figli e dagli affetti più vicini.


Il professore che si sentiva onnipotente è finito invece come il Napoleone ritratto da Oscar Rex, confinato nella Sant’Elena dell’oblio sociale. Come reagire, allora, alla pubblica cecità? Cercando conforto tra filosofi e poeti, magari. Oppure, invece, «liberandosi dall’obbligo della decenza», per darsi «agli immensi vantaggi della vergogna».


La badante però non è soltanto questo. È anche la presentazione di un enigma, di una mutazione che è anche famigliare. Leggere questo romanzo è come perdersi in un labirinto borgesiano: un dedalo di sentimenti, dove lo spavento iniziale cede il passo, lentamente, a un dolcissimo abbandono.

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Antonio Carnevale