Quel piacione di Richter in mostra a Basilea
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Quel piacione di Richter in mostra a Basilea

La Fondazione Beyeler dedica una personale a uno degli artisti viventi più pagati ed apprezzati.

Benché Friedrich Nietzsche in Basilea non vedesse altro che un covo di "filistei privi di slancio artistico", fu lì che nel 1872 scrisse la sua Nascita della tragedia. Qualche anno prima, il basilese Jacob Burkhardt aveva dedicato al Rinascimento italiano un librone fondamentale, spingendo verso Roma, a caccia di divinità superstiti, un suo irrequieto concittadino, il pittore Arnold Boecklin. Bastò aspettare, e nel 1900, nella città svizzera si laureò Carl Gustav Jung, guru della psicoanalisi. Viene da dire che sotto una coltre di temperanza e di saggezza, base di una florida economia borghese, Basilea riempie la mente di sogni e di visioni.

D’altra parte, a un niente da Francia e Germania, questa è una città di frontiera, dunque anche di fughe reali e di sconfinamenti immaginari. Il cinico Orson Welles de Il terzo uomo, convinto che, in cinque secoli di pace e democrazia, gli svizzeri non avessero prodotto altro che orologi a cucù, a Basilea troverebbe simultaneamente l’evidenza di una conferma, qui si tiene Baselworld, prestigioso salone di orologeria, e la più plateale delle disdette: ogni anno, a giugno, si apre Art Basel, la maggiore fiera d’arte contemporanea del mondo.

Quaranta musei in una piccola città sono un buon numero, e due di essi, assai belli, li hanno progettati architetti che conosciamo bene, esibendo la complementarità dei loro stili. Uno è il Museo Tinguely ideato da Mario Botta, l’altro è quello della Fondation Beyeler, di Renzo Piano. Se il primo è massiccio, murato, l’altro, di pietra e vetro, è trasparente, leggero: immerso in un parco, "approfitta del verde", come ha detto una volta l’architetto genovese. È nei suoi spazi luminosi che dal 18 maggio al 7 settembre, a cura di Hans Ulrich Obrist, si terrà una spettacolare mostra dedicata a Gerhard Richter (Dresda 1932), forse il più grande artista vivente, di quelli che mettono d’accordo, o a sedere, se preferite, proprio tutti, i fanatici della sperimentazione come i nostalgici della tradizione.

Con un’apertura alare davvero impressionante, capace di toccare tante cose molto a lungo, la sua opera viaggia in assetto variabile circa modalità e temi, ma sempre ad alta quota in quanto a perfezione raggiunta. Attraversa zone di turbolenza fatte di ricerche, tensioni, vuoti d’aria, dubbi, per capolavori di pittura totale, assoluta. Anche affrontando elevati coefficienti di difficoltà tecnica, prova come quest’arte sia eternamente nuova. Apprezzata molto dal mercato, ovviamente: l’anno scorso un suo quadro ha raggiunto in asta la cifra di 28,5 milioni di euro.

Se Basilea è città di sconfinamenti, Richter è nel posto giusto: è uno specialista del ramo. Fuggito dalla Germania comunista, ha poi osservato con un certo distacco anche il mondo occidentale. Modulando sequenze di dipinti, ha intrecciato pittura e fotografia; dalla neutra banalità di una realtà in bianco e nero alle opalescenti immagini trascendentali di mari e ghiacciai ispirate al romanticismo tedesco; dall’amoroso tepore di piccole scene domesticamente figurative alla gigantesca pulsazione cromatica di un universo astratto, inumano. Richter salta da Vermeer a Pollock, e mette sulle montagne russe il nostro sguardo.

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