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Perché la Città Industriale Olivetti a Ivrea è diventata patrimonio Unesco

Seguì l'utopia umanistica di Adriano Olivetti. Costruita tra gli anni '30 e gli anni '60, fu un modello universale

L'utopia di una grande fabbrica a misura d'uomo, integrata con una comunità che potesse superare le storture e gli aspetti disumani delle due grandi realtà economiche dominanti alla metà del secolo XX: il capitalismo fordista e il marxismo applicato alle fabbriche sovietiche.

In buona sostanza questo fu il sogno (poi realizzato) di Adriano Olivetti, figlio del fondatore del colosso industriale di Ivrea. La Città Industriale nasce e si sviluppa in massima parte con la congiuntura favorevole e l'espansione del business mondiale della Olivetti, negli anni '50.

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Dalla fabbrica alla città

Dalla fondazione dell'azienda da parte di Camillo Olivetti nel 1908 l'area produttiva si era sviluppata incessantemente fino agli anni '40. L'edificio originario, costruito in mattoni rossi secondo i canoni della prima rivoluzione industriale si rivelò ben presto inadeguato.

Il primo complesso nuovo risale al 1934, quando alla guida dell'azienda vi è già Adriano Olivetti, figlio di Camillo. L'edificio concettualmente all'avanguardia fu battezzato ICO, dall'acronimo del fondatore Ing. Camillo Olivetti. Fu opera dei due giovani architetti Luigi Figini e Gino Pollini. Entrambi furono tra i massimi rappresentanti del razionalismo italiano capitanato da Terragni. Il secondo sarà il padre del grande pianista e direttore d'orchestra Maurizio Pollini, nato nello 1942.

Il cuore della nuova sede produttiva della Olivetti rispecchiava nelle forme e negli studi architettonici l'umanesimo di Adriano: il nuovo edificio presentava finestrate a nastro che garantivano una elevata luminosità come ausilio psicologico nel benessere dei dipendenti. Dopo un secondo ampliamento tre anni dopo il primo, nel 1939 la ICO fu integrata con un secondo edificio lungo 130 metri con le pareti interamente vetrate tipiche delle avanguardie degli anni '30.

L'ultima fatica di Figini e Pollini sul complesso industriale eporediese si compirà con il 4° ed ultimo progetto sulla fabbrica Olivetti, che comprendeva la nuova ICO del 1956, molto diversa rispetto alle precedenti. Al posto dell'unico grande ambiente indifferenziato per la produzione, la nuova fabbrica presentava diverse disposizioni a seconda delle fasi del ciclo produttivo. Il ritmo dell'edificio nell'ambiente è scandito dalla sequenza di torrioni portanti rivestite in maiolica gialla secondo i gusti ricorrenti in quell'epoca.

Un villaggio a misura d'uomo

Le idee olivettiane, in gran parte ispirate dall'opera del filosofo cattolico Jacques Maritain, furono messe in pratica anche nella vera e propria Città Industriale completata attorno alla grande fabbrica negli anni '50.

Il senso della "comunità" era il perno che avrebbe permesso di scardinare le storture sociali dell'individualismo capitalista e del collettivismo marxista. Il benessere dei dipendenti si sarebbe realizzato soltanto in un ambiente dove i lavoratori (dai dirigenti agli operai) avrebbero avuto a disposizione una serie di fondamentali servizi per l'individuo e per la famiglia.

L'esperienza comunitaria della Olivetti era articolata sul territorio di Ivrea attraverso una serie di edifici progettati da architetti di primo ordine e comprendeva:

Centro Studi ed Esperienze

Progettato e costruito tra il 1951 e il 1955 dall'Architetto Eduardo Vittoria, ospitava la scuola disegnatori Olivetti. Dalla pianta a 4 bracci asimmetrici ad indicare la libertà nello spazio delle forme architettoniche è ricoperto in klinker blu lucidi.

Case per famiglie numerose

Si tratta di una delle prime realtà abitative nate con lo sviluppo della Olivetti già nel 1940, progettate da Figini e Pollini. Sono abitazioni che rivelano in toto i canoni del razionalismo italiano tra le due guerre, con edifici di pianta rettangolare di soli tre piani con un piccolo spazio verde di pertinenza.

Casa popolare di Borgo Olivetti

Coeva alle abitazioni per famiglie numerose, è sempre opera dei due architetti razionalisti milanesi. Farà da guida ad un più ampio programma di edilizia popolare pensato dal fascismo. Anche in questo caso lo sviluppo è soprattutto orizzontale, con soli 4 piani fuori terra che ospitavano 24 famiglie.

Mensa aziendale e circolo ricreativo

Opera di Ignazio Gardella, fu realizzata tra il 1953 e il 1961. E'immersa nel verde di un parco alla sommità di una collina, alla quale le forme dell'edificio si adattano. Offre un panorama sulla città di Ivrea. Di pianta esagonale, l'interno della mensa è caratterizzato da ballatoi integralmente percorribili che mettono in comunicazione i diversi livelli dell'ambiente. I richiami sono all'architettura di Frank Lloyd Wright. Nei piani superiori erano ospitati la biblioteca e locali adibiti alle attività extralavorative per i dipendenti Olivetti.

Centro Servizi Sociali e asilo nido

Sono tra gli edifici più rappresentativi dello spirito comunitario di Olivetti. Il primo è ancora opera di Figini e Pollini, una delle ultime realizzate ad Ivrea (1958-59). Con i due architetti lavoreranno anche i colleghi Roberto Guiducci e Paolo Radogna.

La pianta esagonale si sviluppa su tre piani sfalsati e due corpi fabbrica collegati tra loro. caratterizzato dalla luminosità e dal senso di fruibilità degli spazi, ospitava i locali infermeria, la cassa di solidarietà tra i dipendenti Olivetti e gli uffici delle colonie aziendali.

L'asilo nido è invece una delle prime realizzazioni della coppia Figini-Pollini (1939). Ancora oggi è utilizzato dal Comune di Ivrea, ha un corpo centrale che si richiama esplicitamente alle forme di Le Corbusier.

Ex edificio Sertec

Era la sede dei servizi di engineering della Olivetti. Fu una delle ultime opere che andarono a completare la struttura della Città Industriale (a parte la nuova palazzina uffici degli anni '80), realizzata nel 1968. E'opera di una dei più importanti esponenti della corrente architettonica del brutalismo, il milanese Ezio Sgrelli. E'infatti caratterizzata dall'uso pressoché totalizzante del cemento armato, dominata dal torrione esterno dell'ascensore anche esso realizzato in cemento grezzo.

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Edoardo Frittoli