Naomi Wolf: perché la mia vagina fa paura
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Naomi Wolf: perché la mia vagina fa paura

Da quando è uscito il suo libro sull'organo femminile, la scrittrice è al centro di attacchi, soprattutto delle femministe. Questa è la sua replica

di Naomi Wolf

Ai primi di settembre, in America e in Gran Bretagna è arrivato nelle librerie Vagina. A new biography di Naomi Wolf. E da quel momento si sono scatenate polemiche tra femministe e intellettuali convinti che la rappresentazione dell’organo femminile fatta dall’autrice sia troppo meccanicistica e troppo basata sulla morfologia dell’organo.

Numerosi critici e lettori, incluse molte femministe, hanno accsolto con favore il mio libro Vagina. A new biography. Tuttavia altri critici, anche femministe, mi accusano di una specie di eresia contemporanea. La mia opera è un resoconto dei più recenti risultati in campo neuroscientifico e di altre nuove conoscenze che aggiornano in modo significativo la nostra comprensione del desiderio sessuale, dell’eccitazione e dell’orgasmo femminili in un’epoca in cui le conoscenze convenzionali sulla risposta sessuale femminile a livello di ricerca si sono fermate a qualche decennio fa, con Masters e Johnson, in un tempo in cui, pur vivendo in una società ipersessualizzata, il 30 per cento delle donne americane riferisce di non riuscire con certezza ad avere un orgasmo quando lo desidera. Quindi, non è giusto riportare nuove informazioni sulla risposta sessuale femminile?

Ma queste voci critiche mi accusano di "essenzialismo" per il fatto di scrivere tali scoperte; in altri termini sostengono che sto "ricacciando" il genere nel corpo, cosa che nel pensiero femminista contemporaneo rappresenta un peccato. Per i lettori questo punto può sembrare di difficile comprensione e richiede una spiegazione. Una certa corrente ortodossa del pensiero femminista contemporaneo sostiene che il genere sia sempre, ovunque e comunque "socialmente costruito", vale a dire esistente solo negli schemi mentali o nei comportamenti sociali.

Coloro che mi attaccano sulla base di questa asserzione sembrano però non sapere da quanto poco tempo la loro posizione è stata introdotta nella storia intellettuale femminista. Le guerre tra essenzialismo e teoria dei generi sono emerse solo tardivamente, negli anni 80, quando gli attivisti che si occupavano di questioni legali cercarono di minimizzare qualsiasi potenziale differenza biologica tra uomini e donne per ottenere pari trattamento sul posto di lavoro; e quando, in altri contesti, alcune accademiche femministe si ispirarono al poststrutturalismo per creare una disciplina che considerasse il genere come esistente solo in quanto norma sociale.

Ma le recenti e radicali scoperte che descrivo hanno a che fare con il corpo femminile e la risposta sessuale femminile. Queste nuove acquisizioni espandono la nostra comprensione del piacere femminile e del collegamento fra mente e corpo che esiste nelle donne a molti livelli. Alcuni nuovi dati sono importanti per comprendere più approfonditamente il danno causato dai crimini sessuali e altri si riferiscono agli effetti intorpidenti che la pornografia produce sul desiderio. Non dovremmo essere a conoscenza di questi dati? Io provengo da quella scuola femminista che ritiene che la conoscenza sia potere. Conoscere gli aspetti scientifici del collegamento cervello-vagina significa semplicemente che siamo disposte a confrontarci con il mondo moderno. Ciò che mette in difficoltà i miei critici è il fatto che questo libro non è un’opera scritta per esprimere opinioni, né con fini polemici, ma costituisce un’indagine su questa nuova scienza. Perché le loro obiezioni siano fondate, coloro che mi criticano non possono limitarsi ad attaccarmi senza confutare direttamente i risultati delle decine di studi che cito.

La loro riluttanza a prendere in considerazione qualsiasi nuova neuroscienza sulla sessualità femminile e qualsiasi dato sul collegamento mente-corpo è insostenibile; non solo, con il passare del tempo farà sì che il pensiero femminista appaia sempre più scollegato dal sapere umano contemporaneo. Coloro che mi criticano danno prova di una certa amnesia storica, in quanto una solida tradizione femminista di informazioni a favore del sesso si è dipanata fino agli anni 70 prendendo le mosse nel XVII secolo, con la levatrice Jane Sharp, e successivamente in epoca vittoriana con la dottoressa Elizabeth Blackwell, che ispirò le attiviste della contraccezione Marie Stopes e Margaret Sanger degli anni 20, tradizione che ha raggiunto il suo apice durante la "second wave".

In quell’epoca le femministe fautrici della consapevolezza sessuale introdussero tra le attività dei gruppi d’incontro l’uso dello speculum affinché le donne potessero vedere come erano fatte. Germaine Greer ha esplorato il rapporto tra biologia e cultura nella sua opera L'eunuco femmina, tema sul quale è tornata nel 1970 in un articolo intitolato Lady, love your cunt. Judy Chicago ha creato il suo controverso Dinner party – un’opera d’arte che rappresentava donne famose nell’archetipo di diverse immagini della vagina. L’attivista lesbica Tee Corinne ha realizzato un libro di immagini della vagina da colorare; Betty Dodson ha girato dei filmati in cui erano presentati vari tipi di vulva e veniva insegnato alle donne a masturbarsi; Shere Hite ha sostenuto con insistenza che il modello freudiano del coito vaginale da solo non era sufficiente a soddisfare due terzi delle donne. E una generazione di attiviste sul fronte della salute e della sessualità delle donne ha generato delle rivoluzioni nei campi dell’educazione sessuale, dei diritti delle donne in materia di riproduzione e dell’accesso a informazioni sul desiderio e il piacere.

Pussy Riot e Lisa Brown, deputata alla Camera del Michigan, sono sicuramente eredi di questa tradizione che è stata fonte di ispirazione e ha sfidato il ridicolo e in alcuni casi la prigione per aumentare il potere delle donne sulla propria sessualità.

Scrivendo in modo aperto del desiderio femminile e accendendo un riflettore sul legame ormai assodato tra cervello e vagina e sulla nuova scienza del piacere femminile, mi sto allontanando dalla grande tradizione femminista o le sto facendo onore? Io credo nella seconda ipotesi. Confrontandomi con il corpo non intendo dire che le donne sono solo corpo, è piuttosto un segno di rispetto verso l’intelligenza dei miei lettori: alcune situazioni sono socialmente costruite, altre hanno una base biologica e i miei lettori sono abbastanza intelligenti da saper valutare in quale mondo si trovano in base al momento.

La missione del femminismo rimane la stessa, anche alla luce di nuovi dati sulla vagina, sul desiderio e sul cervello femminile. Le nuove acquisizioni non ci devono distogliere dalla lotta per un mondo in cui tutti gli individui sono valutati allo stesso modo e tutte le differenze sono trattate con rispetto. Tuttavia, se vogliamo conservare la nostra onestà intellettuale, non dobbiamo rifuggire dalle nuove idee, ma confrontarci con esse. Personalmente preferisco guardare le nuove evidenze in modo diretto, senza distogliere il mio sguardo da esse (sapendo che la verità ci rende sempre più forti) e proseguire la battaglia per la libertà delle donne.

© The Guardian (traduzione studio Brindani)

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