È morto Luca Ronconi, una vita per il teatro
ANSA/LUIGI LASELVA-UFFICIO STAMPA FESTIVAL DEI DUE MONDI
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È morto Luca Ronconi, una vita per il teatro

Si è spento a Milano il maestro della regia e dell'innovazione. In questi giorni al Piccolo l'ultima sua messa in scena: la Lehman Trilogy

Se n'è andato a poco giorni dal suo compleanno, l'8 marzo, a 81 anni, il grande regista innovatore del teatro italiano, Luca Ronconi, che diresse il Teatro di Roma e il Piccolo del capoluogo lombardo.
È morto al Policlinico di Milano, per complicazioni legate probabilmente al virus influenzale.

Luca Ronconi uno dei grandissimi della regia teatrale: quell'arte complessa che crea gli spettacoli, partendo dalla capacità di istruire gli attori, per sapere offrire al pubblico il meglio della drammaturgia.
Ronconi esercitava quest'arte con la suprema capacità di innovare e sperimentare.

La vita di Ronconi può essere raccontata elencando i cento e più spettacoli, i tanti attori incontrati in palcoscenico, gli allievi che si sono abbeverati alle sue lezioni all'Accademia d'Arte Drammatica di Roma, dove lui stesso aveva studiato anni prima ed anche le schiere di appassionati della sua arte inventiva, che si fregiavano del titolo di "ronconiani".

L'Orlando Furioso
Dapprima e per pochi anni Ronconi è stato attore.
Ma poi a 30 anni, quasi per caso, inizia a lavorare come regista nel 1963, con la compagnia di Corrado Pani e Gianmaria Volonté, e negli anni successivi si fa notare come esponente dell'avanguardia teatrale, fino ad arrivare alla fama nel 1969 con "l'Orlando furioso" di Ariosto, nella versione di Edoardo Sanguineti con scenografia di Uberto Bertacca.
Nato come fatto sperimentale nella chiesa di San Nicolò al Festival di Spoleto, lo spettacolo gli regalerà fama nazionale e all'estero.

Nel 1974 dirige una versione cinematografica dello stesso dramma, dove fra gli interpreti spiccano attori come Massimo Foschi e Mariangela Melato. La versione televisiva andò in onda per cinque puntate nel 1975 la domenica in prima serata: un episodio pressoché unico in cui il teatro (per giunta d'avanguardia) occupò la televisione.

Dagli anni Settanta in poi collabora con diverse istituzioni teatrali, tra cui la Biennale di Venezia, di cui è direttore della Sezione Teatro dal 1975 al 1977.
Nel biennio successivo, (1977 - 1979), fonda e dirige il Laboratorio di progettazione teatrale di Prato.
Sono gli anni di spettacoli memorabili, tra cui "Orestea" di Eschilo (1972), "Utopia" da Aristofane (1976), Baccanti di "Euripide" (1977), "La torre" di von Hofmannsthal (1978).
Tra gli spettacoli da segnalare negli anni Ottanta, ''Ignorabimus'' di Holz (1986), "Tre sorelle" di Cechov (1989).

L'invenzione degli spazi
Al di là delle diverse scelte drammaturgiche, delle occasioni produttive, della ricerca di attori da formare e da lanciare, l'insieme di questi spettacoli si distingue anche per la ricerca o piuttosto l'invenzione di insoliti spazi teatrali: dai cavalli di lamiera che fendevano il pubblico dell'Orlando furioso, alla zattera che faceva da palcoscenico sul lago di Costanza, al labirinto costruito appositamente per "XX" a Parigi.

Gli ultimi giorni dell'umanità
In seguito dirige il Teatro Stabile di Torino (dal 1989 al 1994), dove realizza tra l'altro un imponente allestimento (oltre sessanta attori) de "Gli ultimi giorni dell'umanità" di Karl Kraus, al Lingotto (1991).
Nel 1994 dirige a Salisburgo "I giganti della montagna" di Pirandello.

Il Teatro di Roma
Diventa poi direttore artistico del Teatro di Roma (dal 1994 al 1998), dove nel 1996 dirige "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana" di Gadda e l'anno successivo mette in scena uno dei pochi drammi inediti della sua carriera, il "Davila Roa" di Alessandro Baricco, che viene addirittura fischiato dal pubblico e "I fratelli Karamazov" di Dostoevskij 1998.

Il Piccolo Teatro
Nel 1999 passa al Piccolo Teatro di Milano, dove affianca il direttore Sergio Escobar nel ruolo di direttore artistico. Qui debutta con due pièces: "La vita è sogno" di Pedro Calderon de la Barca e "Il sogno" di August Strindberg.

Al Piccolo, nel 2002 dirige un originale spettacolo, "Infinities", tratto da un testo scientifico del cosmologo John David Barrow.

La lirica
Ricco e carismatico anche il capitolo delle regie liriche, per il quale ha firmato gli allestimenti soprattutto di classici italiani (Monteverdi, Bellini, Rossini). Oltre a vari lavori per la Scala, Ronconi ha partecipato più volte al Rossini Opera Festival di Pesaro - Verdi e Puccini) e a messo in scena stranieri contemporanei (per esempio "Il caso Makropulos" di Janacek e "Turn of the Screw" di Britten).

Nel 2006 realizza cinque spettacoli collegati tra di loro per i XX Giochi olimpici invernali di Torino.

Del 2007 è il progetto "Odissea doppio ritorno", poi ha firmato le regie di La compagnia degli uomini, La modestia, Sei personaggi in cerca d'autore, Ponrografia, Danza macabra, rappresentate al festival di Spoleto.

Il suo ultimo spettacolo, Lehman Trilogy da un testo di Stefano Massini, è in scena al Piccolo fino a metà marzo.
(Ansa)

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