Marco Cubeddu: "Ridateci lo Youporn dell'immaginazione"
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Marco Cubeddu: "Ridateci lo Youporn dell'immaginazione"

In Islanda vogliono vietarlo, in Gran Bretagna insegnarlo a scuola. Il sesso estremo visto da uno scrittore emergente

di Marco Cubeddu*

Il porno è ovunque. Adesso potrebbe arrivare anche a scuola. In Gran Bretagna il governo ha stabilito che ogni istituto decida in autonomia cosa insegnare nelle ore di educazione sessuale. Ma agli insegnanti è stata distribuita una guida promossa dall’organizzazione non-profit Sex education in cui si afferma che il "porno non è affatto male" perché è "estremamente diversificato".

L’idea prende piede, probabilmente, da un recente rapporto sul sesso che sottolinea come già a 11-12 anni la maggior parte degli studenti inglesi si avvicini al porno su internet. E il dato viene messo in relazione con il più alto tasso di gravidanze minorili in Europa. Non c’è da stupirsi, visto che siti come Youporn e Pornhub attraggono ogni giorno 15 milioni di contatti.

Nei decenni il mercato della pornografia si è evoluto. E il porno contemporaneo si è davvero "estremamente diversificato". La tendenza verso desideri unisex più violenti e umilianti categorizzati dalla A alla Z come Bdsm, gang bang, bukkake, deep throat, si combina con ogni tipo di parafilia (urofilia, gerontofilia, zoofilia, necrofilia). È un porno enciclopedico, forse senza l’autorevolezza della Treccani ma assurto a un livello di diffusione paragonabile a quello di Wikipedia.

Le nuove generazioni sono bombardate dal porno. Non vorrei passare per un bacchettone. Anche la mia generazione, nata poco prima del crollo del Muro di Berlino, ne è stata travolta. Solo che noi possiamo ricordarci com’era. Com’era la scoperta della sessualità senza internet, come funzionava lo Youporn della nostra immaginazione, alternando la compagna di banco, la professoressa, l’amica della mamma o le ragazze di Non è la Rai.

E adesso? Ogni secondo che passa 28.258 persone cliccano contenuti hard. Insegnare il porno a scuola è una risposta possibile. Una risposta di segno opposto viene dall’Islanda che ha deciso di dare lo stop al sesso sul web per proteggere l’infanzia. È difficile giudicare dove finisca la mia libertà e dove cominci la ragion di stato, ma non si può non considerare il rischio che questa sovrabbondanza di stimoli consumi la nostra fantasia. L’orizzonte di soddisfazione sessuale si è spostato. Il sesso com’era una volta non esiste più. Ma mi angoscia pensare che i miei figli possano essere spinti a ricercare il piacere, invece che in un pub, fra cimiteri e zoo.

Quello che mi preoccupa è: che cosa viene dopo? Forse l’Islanda ha ragione e la censura è l’unica soluzione. Forse siamo alla fine di un mondo reale che, non potendo stare dietro al virtuale, si atrofizza.

O forse la soluzione è più semplice e possiamo rimandare le questioni di fondo agli studiosi, limitandoci a una dichiarazione di principio che sia solo una dichiarazione di buon senso. E dire che c’è un luogo e un momento per tutto. E che l’immagine di un attempato professore che si arriccia i baffi baloccandosi con il telecomando per fermare il dvd e spiegare a una classe di attoniti undicenni "questa posizione si chiama…" (almeno per oggi) è davvero troppo hard. 

*autore del libro C.U.B.A.M.S.C. Con una bomba a mano sul cuore (Mondadori)

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