Claudio Visentin, Stefano Faravelli, 'Alla ricerca di Don Chisciotte'
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Claudio Visentin, Stefano Faravelli, 'Alla ricerca di Don Chisciotte'

Un viaggio nella Mancia sulle orme dell'icona letteraria che ha surclassato il suo inventore

Ai tempi della propria gioventù, ha scritto José Saramago (Viaggio in Portogallo), "il viaggiatore aveva un dono che in seguito ha perduto: volava". Con quello spirito Claudio Visentin e Stefano Faravelli - maestri di scrittura di viaggio - sono montati in sella a un clavilegno Alla ricerca di Don Chisciotte, approdando nei luoghi immaginari di Cervantes. L'industria turistica se n'è spesso appropriata con i suoi modi invadenti ma non importa: rispetto al resto dell'umanità, concludeva Saramago, il viaggiatore serba intatto il suo dono per le ore segrete del sogno. E allora via verso la Mancia, "solo il vento per barriera" come nella Confessione di Alonso Chisciano di Ivano Fossati.

L'impreparazione è clamorosa, confessa Visentin raccontando la genesi di questo viaggio. Frutto di una suggestione letteraria ma anche di una rivendicazione cara soprattutto al suo compagno d'avventura, pittore-filosofo di ampie e sincretiche vedute. Se tutti gli uomini si dividono in Amleto o Don Chisciotte, come asseriva lo scrittore russo Ivan Sergeevič Turgenev, non c'è alcun dubbio che Faravelli, anche fisicamente, incarni l'eroe di Cervantes. E soprattutto per quella rivendicazione: il diritto all'idealismo contro l'eccesso di ragionevolezza del nostro tempo.

Per sé Visentin ritaglia volentieri il ruolo di scudiero riluttante, pragmatico e disincantato, un Sancho Panza dalla battuta pronta che tablet alla mano registra gli spostamenti fisici e gli sbalzi d'umore, gli indizi geografici e i luoghi della fantasia, gli incontri con gli spettri e quelli con persone in carne e ossa, gli ardori del suo improvvisato cavaliere della follia. Da Toledo alla grotta di Montesinos, passando per Campo de Criptana e Puerto Lapice con i suoi mulini scrostati, Argamasilla de Alba e Ciudad Real col suo museo pretenzioso, Calatrava e Toboso con le memorie dulcinee, la Ruta de don Quijote si snoda in un paesaggio rurale appetito dalle multinazionali del turismo letterario e del cemento.

Intanto Stefano Faravelli trasforma il tao di questo viaggio in un raffinato racconto visivo usando il pennino come una spada immaginaria sulla tavolozza di un sogno. Impadronitosi dei dettagli più metafisici e bizzarri, filosofeggia con il suo tratto anacoreta. Ironia, malinconia, innocenza, incantamento e passione, impegno civile, amore per la natura ne alimentano le scorribande, armato di pennelli al pelo di martora. Ed ecco improvvisamente materializzarsi sulla carta sagome puntute di persone cose animali angeli demoni ossessioni e lusinghe, in un caravanserraglio di impressioni sottratte all'invisibile.

Memorabili e profondamente donchisciottesche sono le rappresentazioni della Mancia sfigurata dalla meccanizzazione, con i megaimpianti d'irrigazione che acquistano le sembianze di grandi vermi idraulici (velenosi), con le sagome di neri uccellacci simbolo della speculazione edilizia nel cuore dell'Europa latina. La tensione verso l'assoluto porta poi Faravelli a penetrare il mistero dei mulini a vento, disegnandoli dall'interno come fantastici marchingegni escheriani: icone del principio di trasformazione, diabolici custodi del tempo.

Ore di Spagna, come quelle infuocate che negli anni Ottanta del secolo scorso sorpresero l'illustre coppia formata da Leonardo Sciascia e Ferdinando Scianna. Scrittore e fotografo dalla curiosa patronimica allitterante, tra i massimi interpreti della cultura tardo-novecentesca di matrice isolana, vagarono nelle pianure castigliane e andaluse tra i silenzi fantasmatici di Cervantes e Unamuno e le rovine spettrali del franchismo. Da quel viaggio nacque un libro fotografico, pubblicato originariamente per le gloriose edizioni Pungitopo di Marina di Patti e ora riproposto da Contrasto in edizione ampliata.

Anche Alla ricerca di Don Chisciotte è un viaggio archetipico in una categoria dell'animo umano, uno dei tanti che Stefano Faravelli ha riassunto nei suoi Carnet, patchwork esistenziali pieni di meraviglia per la vita che scorre. Qui la coppia si congeda presto dal lettore, che vorrebbe lustrarsi gli occhi e le orecchie con qualche altra impresa. Ma l'incantamento del viaggiatore è una pozione rara, da centellinare. E termina quando Faravelli immagina l'ombra di Don Chisciotte rimproverare Cervantes per averlo fatto morir savio al termine dell'opera, condannandolo alla normalità eterna.

Tutti sappiamo che la verità non è solo quanto appare agli occhi, tuttavia solo gli artisti e gli sciamani sono in grado a volte di restituirne in maniera simultanea le facce antitetiche. Guardate la copertina di questo libro. Pale eoliche o mulini a vento, c'è un cavaliere dentro tutti noi che continuerà per sempre, solo e senza tempo, a scornarsi con il vento.

Claudio Visentin, Stefano Faravelli
Alla ricerca di Don Chisciotte
Ediciclo
112 pp., 12 euro

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Michele Lauro