Vinicio Capossela, "Tefteri. Il libro dei conti in sospeso"
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Vinicio Capossela, "Tefteri. Il libro dei conti in sospeso"

Ci sono popoli che hanno una malinconia nell'animo e nella storia. Il destino dei greci è calcare lo stesso suolo che fu un tempo culla di civiltà e oggi è il buco nero d'Europa. Materia ideale per cantori musicanti e poeti che si traduce nello spirito eversivo del rebetiko, l'archetipo delle musiche popolari.

L'ispirazione notturna e ribelle è la cifra che unisce Vinicio Capossela e i rebetis, i fieri interpreti della musica popolare greca. Lo scrittore-musicista è andato a stanarli nelle taverne della Plaka e nei mercati di Salonicco, nei vicoli del Pireo e sotto le volte stellate di Creta e Iraklia. Tefteri , dal nome greco del libricino dei conti, quello dei negozi degli alimentari dove si segnano debiti e crediti, è il suo taccuino di viaggio. Un emozionante viaggio letterario ricco di tante piccole gemme ritrovate dentro una mareggiata. E la testimonianza di affratellamento tra gente che condivide una pena: "vivo una vita di merda e il rebetiko mi parla di me".

Capossela si muove per la Grecia come un sensitivo in cerca di oracoli, nel presente malinconico di un paese in cui il default economico-finanziario, lo spauracchio che occulta una profonda piaga sociale, è lo specchio di una crisi di identità. Dove l'uomo un giorno levò il capo e proclamò se stesso anthropos tutto oggi pare agonizzare, perfino la speranza, perfino il sacro. Dov'è finito il tipico greco che si guarda nello specchio e vede Alessandro il Grande? Cinque milioni di ateniesi vivono immersi nello stesso cemento, in un posto per tutti ma che non è di nessuno.

Vinicio torna viandante per camminare in mezzo alle sterpaglie del dolore e, esiliato tra esiliati, rinvenire le ultime tracce di deità, epifanie, apparizioni, simulacri. Ma diversamente da quanto capitò a Odisseo, le sirene del rebetiko oggi bisogna andarle a cercare seguendo il lamento di un buzuki e schivando le insidie del tum tum massificato, simbolo della catastrofe che arriva da Occidente. L'antro della pizia è la fumosa taverna dove si infrangono gli strati sociali, in mano ancora agli istinti come davanti alla morte. Musica, vino, estasi: si ride e si piange in taverna, si spaccano piatti e si balla da soli ascoltando una colonna sonora che unisce.

È la musica rebetika a incarnare oggi l'essenza della grecità urbana. Serve per spurgare il dolore di cui è impregnata la società, per ritrovare la fierezza perduta, la passione di vivere. Antitesi dell'american way, è anticonformista e intimamente contestataria perché libera. Minaccia l'ordine costituito anche se non tocca temi politici. È la musica della pena, dell'hashish e della prigione, dell'amore perduto di porto in porto. Come ha detto lapidariamente Manolis Papos nel covo ateniese del Klimatarià, una musica con un vaffanculo dentro.

Come e più che nel resto d'Europa, in Grecia l'economia è entrata pesantemente nella vita delle persone, disgregando famiglie e falcidiando la classe media. Ma quaggiù viene naturale leggere il destino come il copione di una tragedia. Non usano mezzi termini i rebetis intervistati da Capossela. La Grecia è il capro espiatorio dei peccati d'Europa. Di più. La Grecia è la cavia di un gigantesco esperimento: come le banche si prendono il potere ubriacando i cittadini con una "instabilità che ingigantisce il nulla". Chi sarà il prossimo? Forse bisogna fallire per ripulire tutto, arriva a dire qualcuno.

Perché la crisi greca ha anche una matrice sociale e culturale. In modo forse inconsapevole, vittima di un nazionalismo classicista che l'ha spinta delle braccia d'Occidente dopo secoli di dominazione ottomana, la Grecia oggi ha bisogno di recuperare la parte orientale di sé. Nell'antico dìlima fra apollineo e dionisiaco, che come insegna la mitologia classica non possono esistere separati, a un certo punto questo paese ha espulso Dioniso, quello che urla e che beve, quello che percepisce il mondo. Dioniso "è stato relegato alla taverna dove si è asserragliato e ha iniziato a prendere in mano il buzuki".

Atene, conclude Capossela, in questo momento è la città più povera e anarchica d'Europa. Ma poiché la povertà ti porta alle origini, non tutto è perduto. La sua identità resiste nella musica popolare e la sua arma è il buzuki, quella specie di mandola a forma di lacrima allungata che, come la Grecia, sta all'incrocio tra Oriente e Occidente.

Vinicio Capossela
Tefteri. Il libro dei conti in sospeso
Il Saggiatore
pp. 156, 13 euro

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Michele Lauro