"Ventiquattro secondi": il romanzo non solo di basket del primo italiano nell'Nba
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"Ventiquattro secondi": il romanzo non solo di basket del primo italiano nell'Nba

Non conoscete Vittoriano Cicuttini? Eppure è approdato tra i "pro" decenni prima di Belinelli e Gallinari. Grazie alla penna di Simone Marcuzzi

Se chiedete a Dan Peterson di Vittoriano Cicuttini, la risposta è uno sguardo stupito. Eppure Vittoriano, pura razza friulana, dopo aver iniziato a giocare a pallacanestro nel Cividale e aver quindi fatto l'esordio in A con la squadra di Udine, è stato uno straordinario protagonista dell'Olimpia Milano che proprio agli ordini del coach americano ha dominato il basket europeo negli anni Ottanta.

Se poi provate a cercare le statistiche di Vittoriano nel dettagliatissimo sito dell'Nba, non vi tornerà indietro nulla. Eppure il ragazzo è stato il primo italiano in assoluto a giocare nel basket "pro", venendo scelto nel 1986 dagli Atlanta Hawks insieme con Cedric Henderson, suo compagno nell'allora Simac Milano campione d'Italia e di cui invece coach Peterson si ricorda benissimo.

La soluzione del mistero? Sta in Ventiquattro secondi, il libro di Simone Marcuzzi pubblicato dall'attivissima 66thand2nd e con protagonista appunto il nostro Vittoriano Cicuttini, al quale l'autore non fa neppure mancare una partecipazione all'All Star Game come sinora mai accaduto ad alcuno dei giocatori italiani davvero approdati nell'Nba. "Presa la decisione di farne una star del basket", commenta lo stesso Marcuzzi, altri due romanzi e una dozzina d'anni da giocatore nelle minors alle spalle, "a quel punto ho anche voluto forzare un po' l'epica, rispettando però la storia dell'Nba e altri dettagli per così dire tecnici. I primi giocatori europei arrivarono infatti nell'Nba proprio negli anni Ottanta ed erano soprattutto lunghi: non a caso Vittoriano è un'ala forte. Poi nel 1986 Cedric Henderson passò davvero dall'Olimpia Milano agli Atlanta Hawks, franchigia allora tra le più interessate a 'pescare' giocatori dal basket europeo".

La vera forzatura, essendo tu nato nel 1981, sta semmai nell'aver scelto di far giocare Vittoriano in un'Nba che non appartiene propriamente alla tua generazione...
"La 'mia' Nba è in effetti quella di Michael Jordan, ma la verità è che il protagonista del libro che avevo in testa, oltre a essere stato un famoso giocatore di basket, doveva avere 50 anni al giorno d'oggi. Da lì è nato tutto il resto, con la necessità ovviamente di documentarmi su un periodo che conoscevo sì, ma non così bene da poterci ambientare una storia. Ho così recuperato diversi libri sull'Olimpia Milano di quegli anni, oltre che numeri dell'epoca del settimanale Superbasket, mentre per l'Nba - oltre che sulla carta - ho potuto contare su youtube, vera miniera di video anche per il basket Nba anni Ottanta".

Nella tua ricerca hai trovato qualcosa che ti ha così colpito da influenzare qualche pagina del romanzo?
"Sapevo ovviamente della rivalità tra Larry Bird e Magic Johnson, ma non la conoscevo così a fondo: leggendone, in particolare nel bellissimo 'Il basket eravamo noi', sono rimasto colpito dalle loro personalità ed è anche per questo che Vittoriano finisce per avere un soprannome dato proprio da Magic in occasione dell'All Star Game... Detto questo, ci tengo però a precisare che il mio non è un romanzo sulla pallacanestro, per quanto la ami, ma che passa anche attraverso il basket per affrontare temi generali della vita, a partire da un faticoso e doloroso rapporto tra padre e figlio. Poi c'è anche la storia di coppia di Vittoriano, che approda a 24 anni negli Stati Uniti con una moglie di 22 e una figlia di 2 per un'avventura che non avrà solo luci. Insomma, attraverso la vita di uno sportivo di alto livello ho voluto e potuto parlare anche d'altro".

Scelta coraggiosa, dal momento che la letteratura sportiva non è così considerata in Italia...
"Diciamo pure che in Italia, se c'è di mezzo lo sport, non è considerata letteratura. Al contrario di quello che accade invece oltreoceano: Don DeLillo, John Fante, Bernard Malamud, Paul Auster sono solo alcuni dei grandi scrittori americani che si sono cimentati anche con pagine sportive, considerate pagine della letteratura americana (della quale tra l'altro mi nutro da sempre) al pari delle altre. La sfida del romanzo stava quindi anche in questo, con il titolo che non solo indica il tempo a disposizione nel basket per andare al tiro, ma anche e soprattutto un'unità di tempo molto piccola in cui possiamo ritrovarci a prendere decisioni che possono cambiare tutto nella nostra vita. A Vittoriano accade un paio di volte".

E c'è ovviamente un solo modo per sapere se riuscirà a giocarsela al meglio.

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Paolo Corio