The price of Inequality: quando la disuguaglianza costa cara
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The price of Inequality: quando la disuguaglianza costa cara

Il libro in cui Joseph Stiglitz racconta l’America delle ingiustizie e delle disuguaglianze

C’era una volta il sogno americano. Ora, per molti, si è trasformato in un incubo.
Negli anni ci siamo abituati a vedere gli Stati Uniti come terra di opportunità e di sogni, patria dei self made man, il luogo dove a tutti era permesso fare fortuna. Oggi non è più così. Almeno secondo l’economista premio nobel Joseph Stiglitz, che nel suo ultimo libroThe Price of Inequality (W. W. Norton & Company), descrive l’America come il paese delle ingiustizie e delle diseguaglianze.

Il libro prende le mosse da un’osservazione semplice quanto spaventosa: 1% degli Americani tiene per sé il 40% della ricchezza prodotta, lasciando il restante 99% a spartirsi quel che rimane.
Chi nasce nel 20% più povero della popolazione ha poche chance di diventare ricco: meno di sei americani su dieci compiono con successo questo salto di classe sociale. Anche gli stipendi a stelle e strisce non tengono il passo con l’aumento della produttività ed il risultato è l’erosione del potere d’acquisto e una popolazione sempre più povera. Un’ingiustizia insopportabile, ma soprattutto, secondo Stiglitz, economicamente insostenibile.

The Price of Inequality tratta il tema della disuguaglianza sfuggendo sapientemente ai sentimentalismi: non tira in ballo immoralità, ingiustizia, iniquità. Stiglitz ragiona da economista: la diseguaglianza nella redistribuzione del reddito è soprattutto una questione di sprechi, perché non consente di sfruttare tutte le opportunità. E uno spreco in economia è un costo.

La logica seguita dal libro è schiacciante e mette a nudo in pochi passaggi tutti i paradossi dell’economia di mercato in cui viviamo. La disoccupazione, il calo della produzione, la stretta del credito sono tutti figli di un’iniqua distribuzione del reddito che crea inefficienza e spreco di risorse. Un lavoratore disoccupato è un lavoratore sprecato, una risorsa che si potrebbe utilizzare per far riprendere la produzione.

Ma il vero ritratto della disuguaglianza è, secondo Stiglitz, il mercato immobiliare americano. Negli Stati Uniti, dopo lo scoppio della bolla immobiliare del 2008, milioni di persone hanno perso la casa. Contemporaneamente, sempre a causa della crisi, il mercato immobiliare ristagna: non ci sono acquirenti per le case lasciate da chi non può più pagare il mutuo. Da un lato quindi si trovano milioni di case vuote, e dall’altro, a guardare impotenti, milioni di persone che avrebbero bisogno di un tetto.

L’economia capitalista, che da manuale dovrebbe fondarsi sull’efficienza e sulla produttività, in un mercato drogato da profonde disuguaglianze, tradisce il suo principio base: domanda e offerta non si incontrano. Si guardano invece dritte negli occhi, senza toccarsi: i bisogni rimangono insoddisfatti e le risorse inutilizzate.

Nelle pagine di The Price of Inequality l’autore resuscita una parola che credevamo sepolta nei manuali di  macroeconomia anni ‘70: la classe. Gli economisti di oggi ci hanno abituati a pensare noi stessi come consumatori singoli, individui razionali isolati. Stiglitz invece torna a parlare di classi: la classe media, non esiste più (nemmeno in America) si è frammentata in una serie di micro classi, alcune, precipitate verso il baratro della povertà, altre (poche fortunate) sono state attratte ai vertici.

Senza arrivare a teorizzare la lotta di classe, l’economista evidenzia le tensioni che la disuguaglianza crea, strizzando l’occhio alle proteste del movimento Occupy Wall Street, che ha spesso indirettamente appoggiato in questi mesi.

Stiglitz mette in guardia i suoi lettori. Il prezzo da pagare per la diseguaglianza potrebbe essere enorme. Con un mercato ed un’ economia che non rispondono più alle regole, anche la democrazia potrebbe cambiare equazione. Non più “una persona, un voto”, ma un’altra ben più pericolosa: “un dollaro, un voto”.

Joseph Stiglitz
The Price of Inequality
W. W. Norton & Company, 224 pagine

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Ilaria Liprandi

Manovale del web e digital something in Mondadori, ha scritto per Altreconomia e SocialNews e - malgrado l'accento piemontese - per un po' ha parlato a Radio Bocconi.

Nonostante una laurea in economia e una in politiche internazionali, i social network, lei, li prova tutti. Senza vergogna, neppure di un hashtag.

Cintura nera di raccolta differenziata, se volete farla felice, chiedetele dove si butta il Tetra pak.

E' nata fra gli orti, ma ha dovuto aspettare di trasferirsi in città per apprezzarli davvero.

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