"Storie in modo quasi classico" di Harold Brodkey
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"Storie in modo quasi classico" di Harold Brodkey

In un libro i racconti del "Proust americano", che naviga fra il male più sconcio e lo humour ebraico

"Che effetto pensi che mi faccia vederti fare ginnastica nella tua stanza, quando io devo morire?". Io risposi: "Non lo so, ti dà molto fastidio?". Il tono è quello del giovane ribaldo Brodkey, personaggio autobiografico del racconto che dà il titolo al libro. Qui la madre adottiva, strapazzata dal cancro, accumula odio e sputa brandelli della sua realtà piagata contro quel suo ragazzo "acquistato" da una famiglia ebrea. I due si scorticano con le unghie aguzze, eppure sono dipendenti l’uno dall’altro, in una perenne sindrome di Stoccolma.
Perché leggerlo
"Il Proust americano": così Harold Bloom definì Brodkey, autore raffinato che naviga fra il male più sconcio e lo humour ebraico. Quasi dimenticati per vent’anni, ora i suoi racconti dilaganti sono una sorta di tsunami ipnotico, eppure numinoso.

Storie in modo quasi classico di Harold Brodkey
(Fandango libri, 864 pagine, 29,50 euro)

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