Romano Luperini, "L'uso della vita - 1968"
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Romano Luperini, "L'uso della vita - 1968"

Pisa, 1968: cronaca romanzata di un'educazione politico-sentimentale e foto di gruppo di una generazione che ha sognato di cambiare il mondo

Si trova in questo romanzo qualcosa di simile alla "leggerezza della pensosità" di cui parlava Italo Calvino nella prima Lezione Americana, dedicata appunto alla leggerezza. Tante "minime tracce luminose" frapposte alla catastrofe che sta per arrivare. Valori morali in embrione, in procinto ma non ancora inchiavardati dalle catene dell'ideologia. Un'idea comunitaria della speranza. Un rapimento sociale capace di estrarre dal limbo il più accanito individualista. La tensione politica tutt'uno con quella emotiva, come se la felicità fosse "diventata pubblica". Un romanzo che si legge come un ricordo.

Professore universitario, saggista, ex dirigente politico e mostro sacro della critica letteraria italiana, alla terza prova narrativa Romano Luperini affronta un genere un po' in disuso. L'uso della vita - 1968 è la "cronaca romanzata" di un anno molto speciale: tra il febbraio 1968 e il gennaio 1969 Pisa divenne uno degli epicentri europei del Movimento, palestra di futuri leader e laboratorio d'avanguardia in cui si sperimentò la difficile saldatura delle istanze operaie con quelle studentesche.

Luperini era fra i militanti. Ma in questo libro compie un'audace parafrasi della sua esperienza ponendo fatti storici e personaggi reali (con tanto di nomi e cognomi: Sofri, D'Alema, Della Mea, Bompressi, Fortini) sullo sfondo delle vicende private di Marcello, il protagonista dalla cui prospettiva siamo introdotti ai tumultuosi eventi. Come spiega nella nota finale, il format del romanzo storico gli ha permesso di penetrare nelle viscere di un'epoca senza sovrapporvi un giudizio né, tantomeno, "uno sguardo distanziante o sentenziante".

Il '68 è dunque lo sfondo, la matrice e forse la ragione stessa di questo romanzo. Eppure vi entra in una maniera assolutamente fluida, conditio sine qua non di una felice tensione narrativa che si respira fin dall'incipit kafkiano. ("Qualcuno doveva aver diffamato Josef K perché, senza che avesse fatto nulla di male, una mattina venne arrestato".) Marcello a processo di fronte alla Commissione federale, l'organo di controllo del Pci, in una nuda stanza con una stretta scrivania e le foto di Gramsci e Togliatti alle pareti. Una mattina il partito che aveva cento occhi convoca Marcello e lo invita a dimettersi. Al suo rifiuto, lo espelle.

La scena si sposta in un'aula magna traboccante di corpi e vibrazioni. Marcello vive sulla pelle il pulsare compatto della cellula universitaria, fremendo di passione ma anche di ansie, dubbi, crisi esistenziali. Scorrono dibattiti, slogan, ciclostilati, sit in, cortei, occupazioni, azioni di protesta. Il Vietnam e Ho Chi Minh, i Beatles e i Rolling Stones, la Cina di Mao, il Black Power alle Olimpiadi messicane. Sfilano in migliaia davanti ai blindati e ai celerini in assetto, fioriscono e si sfaldano amicizie e amori ancora incerti di poter scorrazzare liberi davvero, liberi dai tabù ma anche dal possesso. Il senso di appartenenza, riservato a quella corrente ineffabile protesa con fiducia verso un domani diverso.

Prima che i germi delle "strutture più pesanti e organizzate" infettassero le radici aeree di un movimento che sognava di cambiare il mondo o, quantomeno, di allargare l'area della coscienza umana. Prima che le parole di Lacan (ogni rivoluzionario tende a ritornare al punto di partenza) e quelle del vecchio partigiano padre di Marcello risuonassero profeticamente tra le sbarre di una cella ("Le rivoluzioni sono una tragedia... ogni guerra civile è una tragedia, e noi l'abbiamo fatta senza tante parole, senza slogan e senza canti per le strade, e senza tanti cortei..."), prefigurando una parabola dai tragici sviluppi.

Prima che la violenza rubasse la scena al sogno si poteva dire, con Alejandro Jodorowsky: "C'è un istante preciso in cui la vita è meravigliosa: adesso". L'uso della vita fotografa questo istante. Che è come un flash nella giovinezza di ciascuno (avete mai sfrecciato in motorino con i capelli di una sconosciuta che ti sferzano la faccia?) e che nella giovinezza del Sessantotto era il flusso di una grande corrente. La verità è stata meno gloriosa del sogno ma, in modo nuovo, Luperini ha aperto le porte della memoria a una generazione finora incapace di raccontarsi.

Ideale sequel del Millenovecentosessantotto pisano di Luperini è Foto di gruppo con chitarrista , romanzo di Mauro Pagani uscito nel 2009 e ambientato nella Milano appena squassata dalla strage di piazza Fontana, di cui il fondatore della PFM ricostruisce la scena musicale, sociale e politica fino alla morte di Demetrio Stratos, nel 1979.

Romano Luperini
L'uso della vita - 1968
Transeuropa
pp. 176, 12,90 euro

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Michele Lauro