Metodi di scrittura da Ernest Hemingway a Stephen King: rituali, abitudini e manie dei grandi autori
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Metodi di scrittura da Ernest Hemingway a Stephen King: rituali, abitudini e manie dei grandi autori

Ecco qualche esempio di come si concentrano alcuni famosi scrittori. Dalla ferrea disciplina di Dan Brown alle corse di Murakami, passando dalle mutande di John Cheever

Succede spesso, rapiti da un libro meraviglioso, di chiedersi come sia venuto in mente all’autore l’idea per quell’intreccio o lo spunto per quell’immagine, quella metafora o quel personaggio.


Oltre all’importanza della vocazione artistica (il cosiddetto essere portati), comporre un racconto o un romanzo comporta un notevole impegno mentale, e quindi concentrazione, allenamento e metodo. Per questo può essere curioso scoprire come i grandi nomi della letteratura impiegano o impiegavano il tempo dedicato alla scrittura, cercando la giusta ispirazione e le costruzioni più appropriate.

Un po’ per tutti si può tranquillamente parlare di ferrea disciplina, di abitudini consolidate, dettate dalla professionalità e, talvolta, di semplici rituali scaramantici.

Dan Brown, ad esempio, conduce ritmi da preparazione fisica: comincia ogni giorno alle quattro del mattino, e per ogni ora di lavoro, scandita da una vecchia clessidra, si concede una pausa fatta di piegamenti, addominali e squat.

Un po’ più tardi la sveglia di Stephen King , che dalle otto inizia la giornata con vitamine e tè, comodamente seduto alla scrivania, ordinata a puntino. Haruki Murakami , invece, appassionato maratoneta, alterna la scrittura, a cui si dedica dalle quattro del mattino a mezzogiorno, alla corsa del pomeriggio, per andare quindi a letto alle nove di sera.


Bizzarra era l’abitudine di John Cheever , che confessò di aver costruito la maggior parte delle proprie opere in mutande. Ogni giorno, infatti, si svegliava e si vestiva, raggiungeva il suo studio in cantina, si spogliava di nuovo e cominciava a lavorare.Thomas Hardy non aveva bisogno di arrivare ai livelli di Cheever: gli bastava rimanere a piedi nudi. Honoré de Balzac preferiva una particolare casacca e accendeva quattro candele prima di buttarsi tra le parole.


Il poeta inglese John Keats, quasi per una forma di religioso rispetto, prima di cominciare si lavava le mani, e se non aveva acqua a disposizione (poteva accadere nel XIX secolo) utilizzava qualsiasi altro tipo di liquido. Anche Mark Twain usava prepararsi in modo rituale, indossando una camicia rigorosamente bianca.

Perfino la postura in alcuni casi diventa importante, come per Lewis Carroll o Ernest Hemingway , che preferivano scrivere in piedi. Quest’ultimo si sedeva solo per redigere lettere o compilare assegni. Mentre Truman Capote, oltre ad avere una particolare antipatia per il venerdì, giorno in cui si rifiutava categoricamente di cominciare o finire qualsiasi opera, si concentrava solo sdraiato, sul divano o sul letto, con un drink in mano.  

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Andrea Bressa