Nuova Editrice Berti: copertine per gentiluomini (e gentildonne)
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Nuova Editrice Berti: copertine per gentiluomini (e gentildonne)

Ottima partenza per il piccolo marchio indipendente guidato da Cecilia Mutti: i libri dimenticati tornano in libreria con una veste grafica di gran classe.

Quando una casa editrice ama i libri che fa si vede, si vede subito. È il caso della piccola Nuova Berti che, rilevata poco più di un anno e mezzo fa da Cecilia Mutti, cambia volto e progetto editoriale (abbandonando la saggistica teologica) ricavandosi un posto nel cuore dei librai per i suoi libretti agili ed eleganti (art director Pietro Iaccarino).

Li troverete spesso vicino alle casse, assieme ai manuali di scrittura e ai segnalibri d’ottone, alle raccolte di aforismi e ai portachiavi, confusi fra gli oggetti e le storie che ruotano attorno al mondo dei libri. Li troverete lì principalmente perché sono belli da vedere e anche se costano poco sono curati, pronti per essere regalati a un amico in un’occasione speciale. Ma non dimenticate che sono anche belli da leggere.

Ci sono racconti di Henry James, pagine da Virginia Woolf, una memoria di Francis Scott Fitzgerald e tante altre chicche curiose come un alfabeto per gastroamatori firmato da Alexandre Dumas e qualche riga sugli snob scritta da Proust. Tutti titoli indubbiamente golosi proposti in una veste grafica di tutto rispetto.

Le immagini d’epoca vengono presentate con una cromia essenziale e contrastante, ridotta al minimo per risaltare senza apparire gridata: un’estetica vintage che trova le sue astuzie per riuscire ironicamente contemporanea. Persino i libri di cucina hanno qualcosa da insegnare ai loro colleghi più blasonati, come la copertina di Quasi quasi me la bevo. Come preparare un cocktail perfetto aspettando il domani, ammiccante e raffinata, o quella del trattatello Di tutta l’erba un fascioquasi filologica nel suo presentarsi come calco d’epoca. Una bella partenza per un piccolo marchio che promette di avere molto da dire, senza alcun timore reverenziale. Chapeau.

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Giulio Passerini