Niccolò Ammaniti: "Il momento è delicato", racconti contro la depressione
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Niccolò Ammaniti: "Il momento è delicato", racconti contro la depressione

Capita solo ai più grandi (più talentuosi, più fortunati, più astuti): bazzicare i piani alti della classifica con una raccolta di B-Side

Si ricomincia sempre da capo: ogni racconto, come suggerisce il suo artefice raccontando la matrice di una scrittura ebbra che fiorisce nel cuore delle tenebre, è la passione di una notte. Se l'incipit non ti prende addio. Ma è raro. Niccolò Ammaniti magari fatica coi finali ma la gemma del suo talento è abbordarti inerme con insight rapidissimo. Tre-quattro righe e sei già dentro la storia. Sotto le lenzuola o su una sedia sdraio, sul sedile di un tram o su una panchina, dovunque tu sia ti strapperà quella risata che da quanto non ti veniva. Perché allora subito dopo ti avvinghia un disagio, un'incertezza, un peso?

Da La figlia di Shiva, racconto d'esordio nel lontano 1993, al breve e folgorante finale di Apocalisse (2012), l'antologia Il momento è delicato propone un percorso narrativo in cui è riconoscibile un plot ormai classico: la fase amletica della metamorfosi che diviene miccia di pensieri, fantasie, eventi, errori fatali. Quasi sempre gli eroi sono adolescenti "sfortunati da morire", con un corpo eccessivo, aspettative estreme, fantasie sgangherate, sensi di colpa opprimenti, amici perversi. Ammaniti lavora sul contrappasso riservando ai suoi eroi un girone mostruoso in compagnia delle vittime del loro odio. Quasi sempre l'esito finale è un pulp grottesco e un po' trito, fra mostri deformi, crudeltà efferate, schizzi di sangue e tanfo di budella.

Ma ogni racconto, prima che la festa cominci, propone nell'incipit scenari realistici e invitanti, incredibilmente fedeli a qualcosa che ci sembra di avere vissuto: la città rovente d'agosto, luogo cosmico che trasmette l'idea della fine del mondo con la sua massa di disperati sempre sul punto di sbroccare; quell'estate che tornammo al mare con grandi aspettative sulla compagnia dell'anno prima e invece, che due palle; quella moto che "prima o poi papà lo convinco"; quel viaggio che doveva essere memorabile e il momento più immortale lo passasti al cesso; quella ragazza che chiamano idrovora e adesso finalmente è venuto il mio turno.

La prima short story è metafinzione. Una pagina di diario. In "E se..." Niccolò Ammaniti ricorda quando si presentò in Mondadori con i racconti di Fango sottobraccio, sentendosi dare picche da Gian Arturo Ferrari: "Lasciamo perdere, il momento è delicato". Il sassolino tolto dalla scarpa diviene una chicca per i fan, una caramella per gli addetti ai lavori. In realtà è una deliziosa excusatio non petita. I racconti non tirano? Dimostratemelo voi, lettori. In uno degli aneddoti più divertenti del mondo editoriale la trasformazione dello stereotipo in grottesco, della sfortuna in apocalisse, della frase banale in sentenza trova il cinico, liberatorio contrappasso proprio nel titolo preso in prestito dal rifiuto dell'editore.

Il girino Niccolò gonfia il petto da rana e segna un gol. Il primo sfigatissimo ragazzo del suo campionario infinito non è altri che sé stesso. Risolto il pietoso dilemma fra giacca e cravatta, sbarca in stazione a Milano senza portafoglio e si trova costretto a farsi mandare a prendere in taxi da Segrate. Stavolta il contrappasso non è immaginazione ma la scia di un luminoso destino. Diversi milioni di copie dopo, è Niccolò Ammaniti a decidere che è venuto il momento letterario per liberare le schegge accumulate nei cassetti. Volendo, potrebbe fare perfino a meno di un editore ma perché non sfruttare le cartucce di un marketing editoriale affamato di best of? L'occasione è troppo ghiotta ora che, davvero, il momento è delicato.

A partire dalla sua avventura quindi, con lingua vischiosa Niccolò ci attira ancora una volta fra i suoi eroi schiacciati dalle proprie debolezze. La frattura della normalità nello specchio in cui tutti abbiamo temuto di guardarci.

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Michele Lauro