Mytting, Norwegian Wood
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Mytting, Norwegian Wood

Il taglio della legna e la mitologia dell'inverno: un manuale che racconta una storia millenaria, quella dell'uomo e del bosco

Norwegian Wood (Utet, 2016) non è scritto da Haruki Murakami, come si potrebbe pensare dal titolo, ma dall’autore norvegese Lars Mytting, e non è un romanzo ma un manuale su un’arte ancestrale: quella di procurarsi la legna per l’inverno. In Norvegia, infatti, è ancora pratica comune, soprattutto nelle zone rurali, fare a meno del riscaldamento elettrico in favore delle stufe a legna. Per centinaia e centinaia di anni, prima dell’avvento delle stufe elettriche, il bosco è stato l’amico e l’alleato fedele delle popolazioni scandinave durante i lunghi e gelidi inverni: tagliare ed essiccare la legna era una pratica fondamentale, da svolgersi in diverse fasi per tutta la durata dell’anno e da portare a termine necessariamente entro i tempi prestabiliti.

Legna e stagioni
Ma perché, in un paese mediterraneo come l’Italia e nel XXI secolo, dovrebbe interessarci un manuale per tagliare la legna? Prima di tutto perché quello di Mytting è un testo piacevole da leggere, anche per chi non ha mai visto un’accetta in vita sua e la domenica a spaccare ceppi preferisce il brunch. Piacevolezza che si ritrova non solo nella narrazione, che alterna a spiegazioni dettagliate e statistiche i racconti antropologici di un complesso modus vivendi fondato su tradizioni millenarie, ma soprattutto nel sotto-testo nascosto in ogni pagina. Norwegian Wood, infatti, ci parla prima di tutto della lentezza e dell’implacabile circolarità della vita e delle stagioni.

Winter is coming
L’inverno, con buona pace di George R.R. Martin, arriva ogni anno e non si può pretendere che la natura si pieghi ai bisogni dell’uomo, è lui a dover assecondare i suoi ritmi. Per questo c’è un momento per tagliare gli alberi, quelli giusti come la betulla e l’abete rosso, un momento per accatastare la legna e lasciarla essiccare, e un momento per metterla nella legnaia, in attesa di tirarla fuori quando il termostato si abbassa sempre più velocemente.

Abbattere in inverno, o all’inizio della primavera, allora, per lasciare che il legno abbia il tempo necessario per essiccare e per espellere la maggior parte dell’umidità dal tronco in vista dell’inverno successivo. Contrariamente a quanto si può pensare non basta tagliare un po’di legna e buttarla nel fuoco per assicurarsi calore, o, quantomeno, non se si vuole riscaldare la casa: certo se si sta accendendo un falò nel bosco è tutta un’altra storia.

L’abbattimento durante la stagione fredda, poi, è consigliabile anche per altri fattori: gli insetti sono in letargo, spaccare i ciocchi è più facile sotto lo zero e le ruote del mezzo scelto per trasportare la legna non rovineranno il terreno. Il bosco è un amico, dicevamo, e come tale va trattato: possiamo cogliere i suoi frutti ma non dobbiamo turbarne gli equilibri.

I ferri del mestiere
Quella di procurarsi la legna è un’attività lenta e stagionale, che si ripete sempre uguale di anno in anno, di generazione in generazione. Anche gli strumenti del mestiere, allora, devono durare nel tempo e che si parli di una sega elettrica o di un’accetta l’acquisto non è da fare alla leggera. L’uomo è faber in virtù della sua capacità di fabbricare, di servirsi di strumenti per modificare il mondo circostante, e il legame tra l’uomo che taglia la legna e i suoi attrezzi è alle fondamenta della nostra civiltà. Case, barche, carri, ci ricorda Mytting, esistono solamente grazie ad accette primordiali ed è grazie all’accetta, al legno, e al fuoco, che l’uomo ha potuto sopravvivere a una natura selvaggia e matrigna.

I gesti per tagliare i ceppi sono sempre gli stessi, immutabili e ripetitivi. Per questo per molti abitanti della scandinavia, anche quelli che sono stati portati dal lavoro e dalla vita lontani dai boschi, è un’attività fondamentale per ritrovare l’equilibrio perso. Quando si taglia la legna non ci si può distrarre: la lama è affilata e un colpo male assestato può essere molto pericoloso.

Il legno da ardere e il mito dell’inverno
Spaccare dunque accatastare, in modo che i pezzi possano essiccare nel migliore dei modi, perdere tutta l’umidità ed essere pronti per essere messi nella stufa al bisogno. Una legnaia non è solamente una pila di pezzi di legna ammassati a caso, ma una struttura che permette a tutta la legna di essere ventilata in maniera uniforme.
Che sia circolare, a bracciata o a muro aprico, dopo essere stata eretta la catasta diventa il totem stagionale delle fatiche sopportate, che svetta fuori dalla finestra e con la sua presenza rincuora gli abitanti della casa: anche il prossimo inverno non patiranno il freddo.

E poi? E poi si accende la stufa. Non resta che da conoscerne la manutenzione per evitare spiacevoli incidenti come un incendio alla canna fumaria e poi, con il termostato a -°30 gradi, godersi il frutto del sudato lavoro. L’inverno è rigido e buio, e ancora di più lo è quello scandinavo, ed è solo grazie al tepore delle stanze in cui ci muoviamo che sappiamo apprezzarlo. Un tepore che per la maggior parte della storia del mondo è stato possibile grazie alle fatiche di uomini che per tutto l’anno tagliavano, sramavano, spaccavano, accatastavano, essicavano, seguendo i dettami del legno, del vento e delle stagioni, per assicurare a se stessi e alle proprie famiglie la certezza di superare il gelo.

Quella della legna da ardere è una storia che riguarda il genere umano, e la descrizione dei gesti antichi e degli strumenti che accompagnano il lavoro dell’uomo è il racconto di come siamo arrivati fin qui: alla stufa elettrica, al riscaldamento a gas, alla mitologia dell’inverno.

Lars Mytting
Norwegian Wood
Utet, 2016
246 pp., 22 euro

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Matilde Quarti