‘L’armata dei sonnambuli’: la Rivoluzione Francese secondo Wu Ming
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‘L’armata dei sonnambuli’: la Rivoluzione Francese secondo Wu Ming

Il romanzo del collettivo bolognese racconta la Rivoluzione combattuta dal basso

Gli autori di Q, 54 e Altai (tutti editi da Einaudi) tornano con un nuovo romanzo storico che ripercorre gli avvenimenti della Rivoluzione Francese del 1789. Lontano dall’immaginario creato dai libri di scuola, ‘L’armata dei sonnambuli ’ (Einaudi) immerge il lettore in una Parigi cupa, imbevuta di sangue, un regno del terrore che dà vita a personaggi tanto incredibili, quanto insospettabili. Non trovano spazio i grandi volti virtuosi dell’Illuminismo che ispirarono le sommosse, da Robespierre a Marat – sono già tutti morti: è la gente comune,la plebe con i suoi eroi, che viene raccontata dall’inchiostro del collettivo Wu Ming.

La Rivoluzione è rivissuta con occhi attenti che analizzano il coacervo di bassi istinti, violenza e credenze fantastiche che animarono le sollevazioni, ritrovandovi la coerenza di un popolo inquieto, ma consapevole – una sorta di microcosmo nella confusione della rivolta. Ogni capitolo è l’atto di uno spettacolo teatrale recitato sul palcoscenico dei “foborghi” della capitale francese, dove quattro personaggi agiscono per ribaltare una situazione inaccettabile, e nel castello di Bicêtre, l’ospedale mentale dove le classi alte tentano strani esperimenti di magnetismo sulla plebe.

Arruolati nell’armata sovversiva che si agita per le vie della città ci sono Leonida Modonesi, attore bolognese di belle speranze che giunge a Parigi per seguire le orme di Goldoni e trovare fortuna; Orphée d'Amblanc, medico borghese che tenta di sfruttare il mesmerismo per gli scopi della Rivoluzione; Marie Nozière, sarta combattente che si arruola con le amazzoni di Claire Lacomb; e infine la voce del popolo, personaggio sfaccettato che si riunisce in un coro compatto.

Con questo romanzo i Wu Ming vanno controcorrente: la Rivoluzione dei sonnambuli non è guidata da una borghesia illuminata e distante dai campi di battaglia, ma da personaggi umili e capaci di interpretare il presente, alternativi a una cultura dominante con le sue falle e ipocrisie. La Ragione delle classi alte perde terreno di fronte ai substrati parigini brulicanti di idee e fermento, anche se apparentemente disorganizzati.

Di nuovo c’è che, per la prima volta in vent’anni di attività letteraria, i protagonisti del libro sono totalmente frutto della fantasia del collettivo e non ispirati a personaggi realmente esistiti. Come sempre, invece, i Wu Ming rimangono fedeli alla linea per quanto riguarda l’impeccabile lavoro di documentazione: la storia nasce da un collage di testimonianze, proclami, lettere d’epoca. Il risultato? 800 pagine da leggere tutte d’un fiato.

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Silvia Malnati