Se l’interesse privato fa muovere il mondo
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Se l’interesse privato fa muovere il mondo

Un inno alla libertà di essere una "material girl", come cantava Madonna, contro tutti i falsi moralismi: è il libro Siamo tutti puttane.

"Annalisa, un uomo deve darti sempre qualcosa in cambio. Solo Dio merita il tuo amore senza che tu pretenda nulla da Lui". A parlarmi così fu la nonnina, che una malattia logorante costringeva a letto. Io, appena ventenne, stavo seduta al suo capezzale. Udite quelle parole, ebbi un momento di esitazione. Poi presi fiato e, con gli occhi di Padre Pio e del Cristo insanguinato puntati addosso, sibilai: "Nonna, tu ami Dio perché speri nella grazia ultraterrena. Neanche il tuo amore per Lui è gratis". Seguì una pausa che mi sembrò infinita. Forse ho esagerato, stavolta la nonna ci resta male. Ma lei rivolse verso di me lo sguardo languido e mi sussurrò: "Hai ragione".

L’interesse personale è umano e democratico. Muove il mondo. Andrebbe onorato come avviene nei paesi liberi dal moralismo che affligge il nostro. Siamo tutti puttane non è un’arringa in favore della prostituzione. Prostituirsi, come ogni professione, porta con sé vantaggi e svantaggi. Ed è un mestiere di testa più di quanto si creda. Siamo tutti puttane e puttani che cercano, ciascuno come può, di guadagnarsi un posto nel mondo. Le puttane e i puttani d’Italia non sonnecchiano nell’attesa che il destino riservi loro qualche premura, ma brigano senza sosta per forgiare il proprio. C’è chi primeggia per intelletto, chi vanta un invidiabile décolleté, talvolta alcune di queste caratteristiche camminano insieme. Ogni rapporto umano si fonda sull’interesse. Chi di noi non è una "material girl" (come cantava Madonna) o un "material boy"? Anche chi rincorre il sogno di due cuori e una capanna si augura che in quella capanna ci sia la lavatrice.

Proprio Madonna è la moderna "femme fatale" che non subisce, ma domina il desiderio sessuale maschile. Ben presto la cantante diventa il bersaglio preferito dell’establishment femminista americano. "What a tramp!", che sgualdrina, titola il 3 maggio 1991 il New York Post, ma l’incestuosa Cleopatra sarebbe stata una sua fan sfegatata. A osannare la donna soggetto, dominatrice assoluta del regno sessuale, sono le femministe pro sesso, pro prostituzione e pro porno. La prostituzione volontaria esiste e va rispettata. Alcuni nomi? L’americana Camille Paglia, la capostipite dell’I-feminism Wendy McElroy, la gauchiste dissidente Élisabeth Badinter. Per non parlare delle femministe della prima ondata, come Mary Wollstonecraft e Olympe de Gouges, autrice nel 1791 della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina.

Il vero pericolo è la dittatura dell’indistinto. Il grande pedagogo vorrebbe renderci tutti uguali, sessualmente indifferenziati. Demascolinizzare i maschi e defemminizzare le femmine. Come si compie la rivoluzione asessuale? Con la repressione sistematica di quel che di naturale, passionale e dionisiaco esiste. Da qui le leggi antiprostituzione, la censura delle pubblicità osé e dei film sessualmente scorretti. Guai a violare il "Sacro canone femminile". La donna è incarnazione apollinea, madre e moglie, maglione a collo alto e mocassino rasoterra.

Sull’altare dell’antiberlusconismo, la sinistra ha sacrificato ogni anelito libertario. Si è passati dagli slogan sessantottini inneggianti alla libertà sessuale ai bigottismi bindiani e ai diktat boldriniani contro un concorso di bellezza. Okay, Ruby non è la nipote di Mubarak e le Olgettine non sono delle timorate di Dio. Ma Pier Paolo Pasolini, icona della sinistra, era un consumatore di fanciulli persino più giovani della minorenne anagrafica. A Milano, non nella Kabul talebana, al processo per il Rubygate 33 donne in qualità di testimoni, senza essere imputate di alcunché, devono rispondere a domande del tipo: "Lei è rimasta con un perizoma o con un tanga? Ha assistito a interazioni connotate da contatti lascivi?".

Le ayatollah di casa nostra reagiscono picchiando più duro. In nome dei diritti delle donne, s’intende. Tetti di cristallo, salute riproduttiva? Che importa! Le italiane hanno un solo assillo: l’indomito fallo dell’ex premier. Da qui le piazzate senonoraquandiste, gli editoriali indignati di Concita de Gregorio, o di Natalia Aspesi sulla "foemina berlusconensis", le analisi di Nadia Urbinati sul "fattore viscerale" all’origine dell’"abnorme vita sessuale" del Grande Puttaniere. Quasi dovessimo invidiare le sorelle saudite, cui è assegnato alla nascita un guardiano maschile; o barattare le gonnine impudenti con il sudario di pietra che ancora oggi imprigiona milioni di donne nel mondo. Ogni donna ha ventre e desideri. Il sacrosanto diritto di darla, per piacere o per interesse, va difeso dalle talebanfemministe che s’impicciano dei letti altrui e ci vorrebbero nemiche degli uomini. Siamo sedute su un’impareggiabile fortuna, e i maschi sono indispensabili. Ammetterlo è femmina.

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Annalisa Chirico

Annalisa Chirico è nata nel 1986. Scrive per Panorama e cura il blog Politicamente scorretta. Ha scritto per le pagine politiche de "Il Giornale". Ha pubblicato "Segreto di Stato – Il caso Nicolò Pollari" (Mondadori, pref. Edward Luttwak, 2013) e "Condannati Preventivi" (Rubbettino, pref. Vittorio Feltri, 2012), pamphlet denuncia contro l’abuso della carcerazione preventiva in Italia. E' dottoranda in Political Theory a alla Luiss Guido Carli di Roma, dove ha conseguito un master in European Studies. Negli ultimi anni si è dedicata, anche per mezzo della scrittura, alla battaglia per una giustizia giusta, contro gli eccessi del sistema carcerario, a favore di un femminismo libertario e moderno.

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