Fulvio Scaparro, 'L'antispocchia' - La recensione
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Fulvio Scaparro, 'L'antispocchia' - La recensione

Una divertente raccolta di aneddoti per imparare a difendersi dagli arroganti

Un libro self help che "non eleverebbe una mucca", dice il suo autore. "Non riesco in coscienza a raccomandarlo per alcuno scopo utile". È una ragione sufficiente per leggerlo se il mentore si chiama Fulvio Scaparro, psicoterapeuta da sempre in prima linea nella difesa dei diritti dei minori, con alle spalle una lunga carriera come docente di psicopedagogia e psicologia alla Statale di Milano. Un professore che si toglie la maschera - che rarità - e rinuncia al ruolo di "movimentatore di sensi di colpa" per raccontare con ironia i piccoli fastidi del vivere quotidiano, quelli connessi alle relazioni umane: L'antispocchia.

Sono i dolori del terzo tipo, in una originale classificazione della quale Scaparro si dice debitore a suo padre. Nel primo tipo rientrano i grandi mali della vita, quelli legati indissolubilmente alla finitezza del genere umano, per alleviare i quali sono utili la filosofia e le scienze, le arti e più in generale il mondo degli affetti. Il secondo tipo riguarda le azioni umane responsabili di causare grandi sofferenze specie verso i più deboli: guerre, oppressioni, sfruttamento, fame, disoccupazione eccetera.

Del terzo tipo fanno parte i dolori causati dalla nostra inclinazione a farci del male, altrimenti detti dai latini fastidia, dagli italiani di una certa generazione tafazzismo e ribattezzati dall'autore self-mobbing (ma per farla breve, il padre di Scaparro li definiva semplicemente rotture di coglioni). Sono quell'insieme di piccole bassezze quotidiane da lei-non-sa-chi-sono-io, prepotenze, abusi, furbizie, dispetti, invidie, intolleranze, supponenze, gratuite burocrazie che ci avvelenano la vita con il loro potenziale di infelicità. "Mi tolgo il saluto" annuncia l'autore, quando mi accorgo di essere caduto nella trappola dell'arroganza.

Ironia e autoironia, humour e autonomia di pensiero sono l'antidoto al dilagare della spocchia, degli stereotipi e dei luoghi comuni. Il professor Scaparro ne offre un esempio concreto in questa raccolta di "bazzecole" tratte dalla sua lunga militanza nel mondo, accademico ma non solo. Da La sindrome del Gadda a L'attimino sfuggente, dal Ritocchino a L'unione fa la farsa, i titoli dei capitoli annunciano anche il disvelamento degli incartamenti mentali e dei cliché più rappresentativi del nostro tempo.

Si trova in questo libro un esilarante catalogo del lessico di gruppo, ricalcato in prevalenza su quello televisivo e del web, per il quale l'autore ha creato un neologismo: pidgin-italian, da pidgin-english (la lingua ausiliaria nata dal contatto dell'inglese con le lingue orientali - pidgin è la pronuncia cinese dell'inglese business). È stato compilato nel tempo dai suoi studenti, a cui era richiesto come esercitazione di registrare colloqui, esami, discussioni di tesi prestando particolare attenzione ai cosiddetti tormentoni, le frasi fatte, il gergo di categoria (di tutte le categorie, esaminati ed esaminandi). Per dire che tipo di professore era Fulvio Scaparro...

Esiste insomma un legame sottile tra la microconflittualità quotidiana e la bellicosità dilagante sulla terra, conclude l'autore, riservando la sua ammirazione alle persone che giorno dopo giorno si adoperano per spegnere i piccoli fuochi prima che divengano incendi. Ecco un proposito di etica leggerezza da mettere in pratica al rientro dopo lo stacco vacanziero, risucchiati di colpo nel tran tran di evitabili seccature: individuare il senso del ridicolo nella vita di relazione. Sarà forse più facile sbarazzarci della spocchia e del superfluo con un po' di sorridente intelligenza.

Fulvio Scaparro
L'antispocchia
Bompiani
185 pp., 12 euro

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Michele Lauro