Fabio Geda, 'Se la vita che salvi è la tua' - La recensione
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Fabio Geda, 'Se la vita che salvi è la tua' - La recensione

Da insegnante precario a clochard il passo può essere soprendentemente breve. Ma c'è un punto ancora più basso, da cui ripartire per provare a salvarsi la vita. Dall'Italia all'America, un romanzo di formazione che attraversa un vibrante caravanserraglio di umanità.

Il suono di un cellulare squilla nella tasca di Andrea, con la voce ruvida di Billie Holiday che intona Summertime. Porta in dote un abbozzo di sceneggiatura l'incipit di Se la vita che salvi è la tua , il nuovo romanzo di Fabio Geda a tre anni dall'intenso L'estate alla fine del secolo . Romanzo di interrogativi epocali e avventure on the road, sulla strana alchimia che fa di ogni vita un unicum irripetibile.

"Iniziamo tutti con l'essere figli" dice Ary, madre (ma anche padre, cioè monogenitore) di due gemelli tredicenni. "Ma siamo tutti chiamati a diventare il padre, alla fine". Questa saggia sentenza contiene il nucleo affettivo della storia, un nucleo universale che Rembrandt immortalò nel sublime Figliol prodigo. Il concepimento porta con sé un bagaglio simbolico complesso la cui primordiale espressione è per l'uomo, durante l'evento-nascita, il taglio del cordone ombelicale. Da figli a padri, specie per i primogeniti, si schiude un nuovo orizzonte.

Un aborto spontaneo all'ottava settimana, come quello subito da Agnese e Andrea nelle prime battute del romanzo, si configura perciò come evento doppiamente luttuoso. Aspiranti genitori alle soglie dei quaranta si ritrovano, ciascuno immerso nella propria solitudine, di fronte al simbolico fallimento del compito evolutivo. È un topos esistenziale declinato in numerose varianti letterarie: quando la paternità e la maternità si trasformano in assillo e persecuzione. Un tarlo che divora la coppia dall'interno. C'è una pagina bellissima in cui Andrea descrive lo stato depressivo della compagna ricorrendo a metafore del mondo della natura: "In lei avevano fatto la tana animali diversi". Che le impedivano di muoversi, pensare, sentire.

Ma dal substrato domestico il romanzo scarta subito in maniera imprevedibile. Geda lascia Agnese alla ricostruzione di una vita in solchi codificati, seguendo invece Andrea nella tortuosa, avventurosa, dolorosa ricerca di se stesso. La scena si sposta nei bassifondi newyorkesi, poi addirittura nella terra di nessuno del confine messicano. Lasciando il mantra urbano per i silenzi riarsi del deserto, nel finale Se la vita che salvi è la tua diventa addirittura romanzo di frontiera, viaggio iniziatico del migrante alla mercè dei trafficanti d'uomini, i temibili polleros.

Rifulge in queste pagine un aspetto germinale della poetica di Fabio Geda: la bellezza nonostante , per usare il titolo (splendido) di un suo monologo di qualche anno fa. Così come la felicità non è un prodotto esterno al nostro io, scampoli di generosità e bellezza sono sparsi dappertutto nel mondo, a saperli guardare. Nella zuppa speziata di una famiglia cinese che ti accoglie come uno di loro, nel sorriso del guardiano del Metropolitan, nel disegno di un ragazzino autistico, nel fruscio dell'alba nascosto in un vento leggero, nelle domande di un figlio in cerca di un padre. Nella parabola archetipica di un dipinto: la totale rimozione dei peccati.

Ci sono decisioni che quando le prendi hai l'impressione che la tua vita stia per cambiare. Alcune sono pianificate, meditate, sofferte, altre rispondono a una specie di bisogno irrazionale di sopravvivenza. Io non sono io finché non ho scelto di esserlo. Ma scelta e individuazione non sempre seguono un percorso lineare. La strada di Andrea si snoda attraverso un caravanserraglio di umanità che costituisce forse la cifra più originale di questo libro, seguito ideale dell'epopea migrante narrata nel bestseller Nel mare ci sono i coccodrilli. Ciascuno gli restituirà un tassello per ricomporre la propria identità.

È pieno di coccodrilli l'arido mare dell'Arizona. Saguari, tarantole serpenti ma soprattutto uomini. Ranger in battute di caccia ai clandestini come giaguari affamati di cuccioli d'antilope. Polleros pronti a calare i pantaloni e trasformare le dune in muto palcoscenico di istinti bestiali. Il deserto è un bugiardo. Ancora una volta è il sopruso verso il più debole, il grido soffocato dell'umiliazione che fa scattare nel protagonista la scintilla dell'azione. Il mite estrae i pugni, addirittura preme il grilletto sulle gambe malferme. La propensione genetica di un ragazzo silenzioso a ergersi a difesa delle ingiustizie.

In genere si arriva tutti, prima o poi, al traguardo di se stessi. Il come è un'altra storia. Andrea ha bisogno di fuggire. Una due cento volte. Lasciando però aperta una chance all'accoglienza, una fessura per gli altri. Gli altri che un giorno lo aiuteranno a tornare. Può essere una consolazione o una maledizione, ma com'è vero che "siamo fatti dei residui delle persone che incontriamo".

Fabio Geda
Se la vita che salvi è la tua
Einaudi
232 pp., 17,50 euro

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Michele Lauro