Anime scalze
illustrazione di Alessandro Baronciani
Lifestyle

Fabio Geda, 'Anime scalze' - La recensione

Ombre e luci di famiglia: un romanzo di formazione e fratellanza ambientato fra Torino e la val Chisone

Gli adulti alle volte "proprio non ce la fanno". È la sintesi estrema e pregnante di Anime scalze, il nuovo romanzo di Fabio Geda, esploratore dei movimenti dell'anima che caratterizzano il periodo di transizione per antonomasia: l'adolescenza. Il giovane Ercole racconta in flashback la sua storia di salmone nella corrente: per andare avanti deve prima tornare indietro, sbrogliare l'incomprensibile matassa da cui provengono tutti quei mostri che non smettono di tormentarlo. Sarà una strada di avventure e colpi di scena, un avvicendarsi di chiaroscuri da cui proviene forse "l'odore dei propositi che accompagna ogni nuovo inizio".

Famiglia come una malattia

Una madre sparita nel nulla, un padre labile e inaffidabile con dentro una ferita mai sanata. Nel corso della loro infanzia capovolta Asia e Ercole hanno imparato fin da piccoli ad arrangiarsi, ridisegnando il perimetro dei codici affettivi familiari. Sono loro gli angeli protettori di un padre-bambino, costretti a inventare stratagemmi per non finire nelle maglie degli assistenti sociali ma soprattutto per non lasciarlo solo a occuparsi di sé stesso. Più solida e strutturata Asia, la sorella maggiore cui i due maschi fanno affidamento per le quotidiane incombenze. Più meditabondo, sensibile e impulsivo Ercole, che sta per compiere quindici anni.

Forte della sua sensibilità di educatore, Geda interpreta un tema ormai ricorrente nella narrativa italiana contemporanea, declinato in numerose varianti lungo un arco che da L'addio di Antonio Moresco attraversa Il senso della lotta di Nicola Ravera Rafele fino a L'arminutadi Donatella Di Pietrantonio. Nel miserabile teatro della famiglia sono i più giovani a incarnare il lato affidabile, responsabile e protettivo del genere umano. L'egoismo e la debolezza degli adulti, la monogenitorialità, il crollo delle speranze in un futuro migliore, la confusione dei ruoli, la scomparsa dei riti di passaggio lasciano sul campo ragazzi costretti ad affrontare la crescita senza punti di riferimento. A farsi da soli le domande terribili: qual è il nesso tra la nascita e la morte, c'è relazione tra la verità e il male, dov'è il confine tra l'innocenza e la colpa, perché sono nato povero e tu ricco. 

Genitori, figli e quella reciproca sensazione di inadeguatezza. Genitori e figli sull'orlo di una crisi di nervi, per usare le parole di Gustavo Pietropolli Charmet, il grande psicoanalista dell'età evolutiva, quando raccontava con Marco Aime La fatica di diventare grandi e le trappole dell'AdoleScienza. È una crisi latente, a bassa intensità. Da quanto ormai in letteratura (da quanto nella vita reale?), finito il tempo dell'autoritarismo ma anche quello dell'autorevolezza, gli adulti sono schiacciati sotto il peso della propria fugacità? Soprattutto i padri, per dirla con le parole del magnifico Gaber di I padri tuoi, da quanto ormai sono "una presenza di nessuna consistenza che si squaglia si sfilaccia"?

Tutto nella vita parte dalle domande

"Chiacchierare coi bambini è una questione di equilibrio", precisa Enrico Macioci in Lettera d'amore allo yeti, romanzo con qualche affinità con Anime scalze, dove i mostri simboleggiano l'ambivalenza delle pulsioni affettive infantili (ti voglio bene/mi fai paura). Cosa succede quando un padre - come in La casa blu di Massimiliano Governi, altro bel romanzo sottovalutato - cade in depressione proprio mentre il figlio ha imboccato la tortuosa via dell'adolescenza? O quando essere infelici smette di essere un'abitudine, come per la madre di Ercole, e diventa una malattia che la spinge a scomparire proprio per paura di fare del male ai figli? 

Sono tutte domande che risuonano nella mia testa mentre la melodia narrativa di Anime scalze non ha nulla di queste pesantezze. È anzi ariosa e gentile, anche se l'incipit dà l'illusione di una spy story all'americana - le sirene di una volante, il parcheggio di un centro commerciale, due ragazzini e un fucile. Questo romanzo somiglia invece a una corsa in bicicletta sul margine del bosco, a una vogata sul Po mentre la città si sveglia, al rimbalzo di un pallone in un campetto di periferia. Il coraggio di rischiare e la paura di sbagliare vi coabitano come nello stomaco e nella testa di ogni adolescente che per la prima volta sperimenta l'aurora boreale dell'innamoramento.

La bellezza nonostante

Simile al finestrino di una corriera, l'osservatorio di Ercole inquadra un'umanità adulta accomunata dal disagio. Lungo il percorso la rabbia e la compassione si danno continuamente il cambio nell'anima in subbuglio. Ma intanto si fa spazio La bellezza nonostante, come si intitolava il bel monologo di Fabio Geda ambientato nel penitenziario della Montagnola. Quei frammenti di generosità e bellezza disseminati a caso nel mondo e perfino dentro noi stessi, a nostra insaputa. Quegli istanti di magia che non si dimenticheranno, come ben sapeva Lewis Carroll quando faceva domandare alla sua Alice: "Per quanto tempo è per sempre?"

Una geografia emotiva e commossa partecipa al racconto. Alla desolazione della periferia industriale torinese si contrappongono i dolci panorami dal Monte dei Cappuccini, con il Po che sonnecchia placido nella nebbiolina. Le dinamiche brutali della provincia si stemperano nei boschi della val Chisone, con i suoi radi villaggi, i cementifici dismessi, i torrenti e le pozze, le rocce a forma di schiena d'elefante che schiudono fantasie di un altrove. La geografia immaginaria è un formidabile oggetto transizionale e uno dei passaggi più intensi di questo libro è proprio il punto in cui le anime scalze lasciano spazio al sogno (la Cambogia e le rovine di Angkor Wat per Viola, il Venezuela e la foce del fiume Catatumbo per Ercole): alla cieca immotivata fiducia nell'avvenire. 

Per approfondire

Filippo Nicosia, Un'invincibile estate
Matteo Ferrario, Dammi tutto il tuo male

Fabio Geda
Anime scalze
Einaudi
228 pp., 17,50 euro

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Michele Lauro