David Eagleman, "Nella vita di là": una risata cosmica sulla mortalità
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David Eagleman, "Nella vita di là": una risata cosmica sulla mortalità

Quaranta scenari per immaginare il Gran Trapasso. Il tema dell'Aldilà è debanalizzato con  una iniezione di fantasia spezza-tabù

Uno dei libri più sorprendenti dell'anno, ha detto Brian Eno che ne  firmerebbe volentieri la colonna sonora. Tra Borges e Philip Dick,  Shakespeare e Stephen Hawking, il tema dell'Aldilà è debanalizzato con  una iniezione di fantasia spezza-tabù. Teologi, scienziati, poeti,  sognatori e veggenti: giù le mani dal Paradiso. L'Aldilà è di tutti (e  di nessuno). David Eagleman ce lo rende amico scomponendolo in quaranta  "bocconi digeribili".

Neuroscienziato americano membro del World Economic Forum e noto in tutto il mondo per i suoi studi nel campo della percezione, Eagleman gode di grande prestigio accademico eppure il mondo lo ha scoperto grazie a questa fiction tradotta in 27 paesi, in molti dei quali è diventata bestseller: Nella vita di là (Mondadori). Un libro sulla morte che parla della vita. O forse viceversa. Comunque sia, non lascia indifferenti.

In ciascuna delle 40 short stories ti svegli "di là". Ogni volta si ricomincia da capo, in uno scenario completamente diverso, incompatibile con il precedente. Ci sono quadri divertenti e altri amari, teneri, irriverenti, cervellotici, ingenui, bizzarri, inconfutabili, feroci, ambiguamente consolatori. Ma la cosa più strana è: sono tutti plausibili. Perché sulla trascendenza, come ha detto Voltaire, "l'incertezza è una posizione scomoda, ma la certezza è una posizione assurda".

David Eagleman mescola con gusto l'approccio scientifico e quello fantascientifico, i miti della creazione e la tecnologia futuribile, gli archetipi della reincarnazione e gli stereotipi teleologici. Ci sono poi temi che si ripropongono nei diversi scenari, e giocano con il lettore a farsi riconoscere. Il primo è quello della metamorfosi: in un racconto diventiamo quello che altri vogliono farci essere, in un altro siamo noi a scegliere in cosa reincarnarci. Narrata con dovizia di dettagli, la desiderabile opzione di scendere di specie (un cavallo, per esempio) rivela il suo drammatico paradosso. Troppo tardi, mentre ti si restringe il cervelletto, capisci in un istante che "con quel tuo ottuso cervello equino non sarai in grado di chiedere di tornare uomo".

Un altro filone è la rappresentazione del Creatore, ora demiurgo ozioso e gaudente oppure indifferente, ora benevolo e sbadato compagno di strada, ora minuscolo e benevolo batterio, ora inflessibile Punitore/Ricompensatore, ora di genere femminile (!), ora un co-Creatore in una coppia sposata. Tenera e spiazzante la storia in cui Dio è piacevolmente stupito di fronte alle meraviglie biologiche che - del tutto casualmente - è riuscito a creare da un guazzabuglio di materia. Ben presto però, esaurito il carniere dei miracoli, teme di essere smascherato nella sua incompetenza.

Un terzo, eccitante filone è quello tecnologico, che trasforma l'escatologia in un finale alla Matrix. La vita continua dopo la morte in un Aldilà virtuale privatizzato e computerizzato, acquistabile a pagamento, un cluster di processori iperparalleli su cui scaricare fantasie, pensieri e coscienza. Nel quadro intitolato Narciso siamo stati seminati sulla Terra dai Cartografi, i cui libri sacri sono le carte geografiche, allo scopo di raccogliere dati. Quando ci risvegliamo al centro del pianeta i nostri demiurghi sono profondamente delusi dei risultati: le sofisticate telecamere mobili che ci hanno installato sul viso sono poco poco utili alla causa, invece di sparpagliarsi in giro a raccogliere informazioni si addensano tutte vicine volgendo le loro lenti verso lo sguardo di altre lenti. Così il Capo-progetto viene licenziato: "Ha creato una meraviglia della tecnica che fotografa soltanto se stessa".

All'epoca della sua uscita, nel 2009, Sum - Forty tales from the Afterlives (il titolo originale) fu proclamato uno dei libri più spirituali dell'anno. Sorpresa, ma fino a un certo punto. Prova che le grandi questioni metafisiche sono affrontabili in modo assolutamente laico e tuttavia non aridamente scientista (e perfino con un sorriso), ma soprattutto che offrono un punto di osservazione privilegiato del comportamento umano. Cioè della vita di qua. Come nel quasi omonimo film di Clint Eastwood del 2010, lo sguardo sull'Aldilà è un formidabile espediente per leggere l'essere umano nella sua debolezza "costitutiva": avremo anche scoperto la particella infinitesimale che ha dato alla materia, ma nulla sappiamo di ciò che accadrà dopo.

Perché tuttavia ce ne preoccupiamo? Forse perché, come si legge nell'ipotesi intitolata Impulso, siamo stati programmati come piccole unità hardware interconnesse tra loro, su cui gira un poderoso software nel cui algoritmo si è infilato un minuscolo baco imprevisto: la nostra coscienza. Che pur non conoscendo lo scopo del suo essere-nel-mondo, sente ad ogni istante che esiste un modo di viverla bene, la vita. E fallire significa portarsi nell'Aldilà un carico troppo pesante di rimpianti e rimorsi.

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Michele Lauro