Cosa rimane del Codice da Vinci
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Cosa rimane del Codice da Vinci

A 10 anni dal best-seller da 80 milioni di copie, e in attesa del nuovo romanzo, Dan Brown fa ancora paura alla Chiesa? La partita si gioca tutta sul ruolo della donna

Oltre 80 milioni di copie vendute, traduzioni in 40 paesi, più i diritti cinematografici. Un successo planetario cheDan Brown punta a replicare con Inferno, il suo nuovo romanzo dedicato alla cantica più famosa di Dante. Ma cosa resta del Codice da Vinci a 10 anni dalla sua clamorosa uscita che costrinse persino l’ex Sant’Uffizio, allora guidato da Joseph Ratzinger, a lanciare un anatema contro l’autore? Probabilmente molto poco, "un fuoco di paglia", secondo lo scrittore e saggista Andrea Monda. Ma le indagini di Robert Langdon, lo studioso di Harvard protagonista del Codice e di Angeli e demoni, hanno aperto la strada a un vero e proprio genere letterario: i thriller a sfondo vaticano che tuttora spopolano nelle classifiche di tutto il mondo con centinaia di titoli. Tuttavia, come spesso accade, la realtà supera la fantasia e l’affaire Vatileaks, con le carte segrete del Papa rubate dal suo maggiordomo, ha finito per essere più avvincente di qualsiasi romanzo.

Se per l’Opus Dei il Codice da Vinci ha rappresentato una straordinaria pubblicità, che l’opera fondata da Josemaría Escrivá ha incredibilmente saputo volgere in proprio favore, per la Chiesa cattolica il best-seller di Dan Brown invece ha messo il dito in una piaga aperta da almeno 15 secoli: il rapporto con la donna, Cristo e "l’eterno femminino", Gesù e Maria Maddalena. Il Codice fa ancora paura alla Chiesa perché, seppure con il linguaggio di un fumetto, sovverte canoni cristallizzati dal tempo di sant’Agostino.

Circa fino al Quinto secolo le Chiese cristiane mutuano dal mondo greco-romano un concetto della donna che è messa sullo stesso piano dell’uomo. Alle diaconesse, nelle prime comunità, vengono riconosciuti analoghi diritti e responsabilità degli uomini. Non vi è discriminazione. Poi arriva il vescovo di Ippona che "introduce il parallelismo tra Eva, la prima donna, e Maria, vergine e madre, sulla scorta di quello proposto da san Paolo fra Adamo, primo uomo, e Cristo redentore" spiega la teologa Stella Morra. Da quel momento il femminile finisce rinchiuso fra due modelli: Eva tentatrice e Maria vergine. Sembra non esserci più spazio per la donna reale, per una "soggettività femminile" al livello di quella maschile.

Al tempo del Concilio di Trento c’è chi mette in dubbio che le donne abbiano un’anima, ma ancora 5 secoli dopo alle rappresentanti del sesso femminile viene vietato di partecipare al Concilio Vaticano II. Solo Paolo VI, a partire dalla terza sessione, ne chiamerà alcune come osservatrici: 23 su 2.500 padri conciliari, meno dell’1 per cento.

Nel 1978 Papa Albino Luciani proclama solennemente: "Dio è papà. Più ancora è madre". Ma dopo appena 2 settimane il mite e coraggioso pontefice viene trovato morto nella sua camera da letto. Karol Wojtyla nella lettera Mulieris dignitatem difende il "genio femminile". Che è tutt’altra cosa però dall’affermare la parità tra l’uomo e la donna, fa notare Morra.

Robert Langdon nel 2003 squarcia il velo dell’ipocrisia: mette in dubbio che Cristo fosse celibe. Nelle sembianze di Giovanni, il "discepolo che Gesù amava", rappresentato nell’Ultima cena di Leonardo, Langdon-Brown scorge le fattezze di Maria Maddalena, la sposa di Cristo, quella che gli avrebbe dato una discendenza regale, il "sang real", il "Sacro Graal": una dinastia dal sangue divino, scandalosa per la Chiesa e perciò nascosta, quasi sterminata, ma fortunosamente sopravvissuta nel priorato di Sion.

Un’invenzione senza fondamento storico, così come l’interpretazione del cosiddetto Vangelo della moglie di Gesù, frammento di papiro copto dalla discussa autenticità di cui si è parlato recentemente. Ma la vera provocazione di Dan Brown sta nell’aver posto a tema la possibilità che Gesù possa aver avuto rapporti sessuali. E aver ipotizzato che, accanto a Maria, la madre pura e vergine, ci potesse essere un’altra donna, altrettanto importante per Cristo: Maria Maddalena, per la quale purezza non significa castità, scelta per fare l’amore con Dio.

Dopo un’infinita teoria di vergini e martiri, da sant’Agnese a Maria Goretti, che hanno attraversato la storia della Chiesa, insieme con le grandi mistiche, da Teresa d’Avila a Teresa di Lisieux, che trasfigurano le loro pulsioni sessuali nella preghiera, d’improvviso irrompe Maria Maddalena che è donna a tutto tondo, corpo e anima, sangue e spirito. Per un potere rigidamente maschile, come quello che si è affermato nella Chiesa cattolica, il corpo femminile è una «trasgressione» difficile da accettare, scrive Giulia Paola Di Nicola: è il totalmente altro, pericoloso perché capace di scompaginare qualsiasi ordine costituito. È il corpo che genera una nuova esistenza, che seduce, che infonde dinamismo vitale, che trascende il dolore nella nascita, che sovverte le coordinate del pensiero maschile.

Il Sacro Graal da nascondere per la gerarchia della Chiesa cattolica è il corpo della donna. L’unica ad avere cittadinanza è Maria, vergine divinizzata, modello irraggiungibile. Le degenerazioni del potere declinato solo al maschile, aspirazione di dominio invece che disponibilità al servizio, sono sotto gli occhi di tutti: dalla pedofilia agli scandali finanziari. Oggi l’irrigidimento di una parte della gerarchia ecclesiastica cattolica sull’identità di genere mostra l’intrinseca debolezza del maschilismo dell’autorità: l’altro, il diverso, donna oppure omosessuale, fa paura al conservatorismo maschile. Non a caso la Chiesa registra, osserva il teologo don Armando Matteo, "la fuga delle quarantenni", che oggi si sentono incomprese dalla comunità cristiana. Una fuga che mette seriamente a rischio la trasmissione della fede alle generazioni future.

Senza scomodare Langdon e le sue fantasiose teorie sul Sacro Graal, bisognerebbe ricordare che l’annuncio della Resurrezione di Cristo è stato affidato a una donna, proprio a Maria Maddalena. Tanto basterebbe al cristallizzato potere maschile della Chiesa cattolica per rimettere in discussione il proprio ruolo.

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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