Caro Chef, ti metto in copertina
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Caro Chef, ti metto in copertina

In libreria spopolano come in tv, sono le nuove star della cucina.

Non c’è molto da scegliere, di solito la grafica dei libri di cucina è di tre tipi: copertine che ritraggono cose che si mangiano, copertine che ritraggono persone che preparano cose che si mangiano, copertine che ritraggono cose che mangiavano le nostre nonne. Ma negli ultimi tempi abbiamo visto l’avvento di una nuova categoria: copertine che ritraggono persone che la mamma si mangerebbe volentieri in un sol boccone.

Prendiamo Jamie Oliver , per esempio, l’anello mancante fra un cowboy delle praterie e un giocatore di rugby. Il suo primo TV show si intitolava “The naked chef”, un successo senza precedenti che lo ha proiettato nell’Olimpo del fornello televisivo consegnandogli il mestolo d’oro dell’audience. Era il lontano 1999, ma fece storia. Con lo stile rilassato e disinvolto che lo contraddistingueva, Jamie era quello che ogni uomo avrebbe voluto essere in cucina e che ogni donna avrebbe voluto che fosse il proprio uomo: una ricetta per ogni situazione, nessuna esitazione, nessun formalismo da gran gourmet. A suo agio dietro i fornelli come sulla copertina dei suoi libri , Jamie Oliver è l’uomo che dopo quattro ore di allenamento su un campo da football, neanche sudato, si mette a spadellare quei due o tre chili di proteine da divorare con classe (non a caso, mangiando di gusto, è uno dei pochi chef che mostra pubblicamente di essere dotato di un metabolismo). Uomo da terzo tempo.

In vetta alle classifiche anche i libri di Gordon Ramsey , protagonista di Hell’s Kitchen e Masterchef, l’uomo impossibile dall’avambraccio d’acciaio. La sua copertina tipo è quella in cui posa con l’espressione dell’uomo maturo che sa bene quanto il mondo sia un posto orribile e che dalle sue mani dipendono le sorti degli intestini di mezzo mondo: da grandi calorie derivano grandi responsabilità.

Più aristocratico invece il nostro Carlo Cracco. Dalla vetta del miglior titolo del 2012 (Se vuoi fare il figo usa lo scalogno) ci guarda con autorità quasi patrizia: è l’uomo che distingue il grano dal loglio e che andrà sempre fino in fondo perseguendo  verità e bellezza. Con Il giusto e il gusto di Davide Oldani si prova a volare ancora più in alto: bianco e nero e voilà, è subito Cartier-Bresson, con tanto di studiata posa plastica. Ma il vero tocco di classe sta nel titolo: cucina, arte e filosofia morale in un colpo solo, per intellettuali della nutrizione.

Ci pensa Alessandro Borghese a stemperare la tensione col suo libro del 2009: L’abito non fa il cuoco, assicura lo chef gentiluomo, quello che fra una battuta e l’altra s’insinuerà nella vostra cucina per rubare il frutto della vostra passione gastronomica. Dalla padella nella brace con Il gusto di sedurre di Simone Rugiati, ma meno male che alla fine arriva il Bigazzi Giuseppe a portare un po’ di rustico fascino patriarcale: pur tra sedani e carote non rinuncia a strizzare l’occhio all’imprudente casalinga promettendo Bugie e verità.  

Insomma, non sono più i tempi di Clerici e Parodi, figurarsi quelli di Suor Germana. Lo chef di domani deve essere virile e virtuoso: uno che torna a casa con in spalla il cinghiale che vi cucinerà in delicatissima sauce de pomme, riflettendo sulla moralità del suo gesto prima di divorarlo con classe. Cari papà, alla mamma piace così, avete chiuso con l’uovo al tegamino.

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Giulio Passerini