"Perché diamo i numeri?": la matematica è più bella, se presa con leggerezza
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"Perché diamo i numeri?": la matematica è più bella, se presa con leggerezza

Bruno D’Amore, matematico di professione, racconta ai ragazzi le curiosità e le anomalie della sua materia e ci insegna a prendere gli errori con un sorriso

Avreste mai detto che gli animali sanno contare? Che addirittura le galline hanno un’idea delle grandezze? Che il numero più importante in matematica si chiama “pi greco”? Che la matematica non serve a vincere al superenalotto? E soprattutto, che la matematica può essere addirittura una forma d’arte?

Lo confesso subito: a me la matematica non è mai andata giù. Sono sempre stata un somaro con operazioni, problemi, equazioni. Tuttora, appena sento parlar di numeri, cambio immediatamente discorso. Proprio per questo, forse, ho letto con tanto interesse Perché diamo i numeri?di Bruno D’Amore, Editoriale Scienza, e mi sono dispiaciuta di non averlo incontrato prima sulla mia strada.

Perché diamo i numeri? è un libro che parla di matematica in modo molto divertente e che vuole rispondere a tutte quelle curiosità che la matematica, se solo conosciuta un po’ meglio, potrebbe suscitare.
Bruno D’Amore, un matematico che si occupa da anni ormai di didattica della matematica, si preoccupa di rispondere con pazienza e simpatia. Un matematico simpatico, sì, avete capito bene!

Ho intervistato Bruno D’Amore per i lettori del blog di panorama.it, aggiungendo qualche domanda e curiosità alle tante che potrete trovare e leggere sul suo libro.

Come mai la matematica crea tante antipatie e insofferenze? Le maestre di matematica sono forse più antipatiche?

“Assolutamente no, ci mancherebbe. La matematica sarebbe di per sé una materia divertente, piena di sorprese, tant’è che i bambini piccoli, diciamo fino ai dieci anni, sono in genere attratti dalla matematica. Gli insegnanti in quegli anni hanno modo di far conoscere loro il gioco che c’è dietro. Purtroppo però è una disciplina che, ad un certo punto, richiede un certo formalismo e quando si arriva alle medie, noi tutti ce lo ricordiamo, cambia un po’ faccia e comincia a diventare più complessa. Quindi se l’insegnante decide culturalmente e professionalmente di dedicare un po’ del tempo che ha a disposizione a far capire il senso della matematica e ad attrarre i ragazzi, allora tutto funziona bene; ma se si trincera dietro questi formalismi perde purtroppo più della metà degli studenti.
Il momento tragico sono i quattordici anni, che già è un’età massacrante di per sé. In più ci si mette la matematica che è incomprensibile, non si capisce il perché un quattordicenne debba studiare i polinomi. Sarebbe giusto che gli insegnanti spiegassero loro il perché di questa fatica.”

A scuola si creano quasi sempre le fazioni: fan dell'italiano e fan della matematica. Quando era lei ad essere sui banchi di scuola qual era la materia che preferiva? La matematica era già nel suo cuore?

“Io sono sempre andato bene sia in italiano che in matematica a scuola. Mi venivano spontanei. Ricordo, quando avevo quattordici-quindici anni, che non capivo perché i miei compagni non capissero. Mi sembrava tutto così ovvio. Io passavo compiti a tutti, che mi adoravano e in cambio mi offrivano qualche merenda...ho pagato poi le conseguenze in qualche chilo di troppo!

Non riuscivo a capire dove fosse la difficoltà. E credo che uno dei motivi che mi hanno spinto ad occuparmi di didattica - ho fatto il matematico di professione per diversi anni prima - fosse proprio la curiosità di capire cosa ci fosse dietro la mancata comprensione.

Perché un ragazzo intelligente, che capisce la “Divina commedia”, che capisce “Meriggiare pallido e assorto, presso un rovente muro d’orto”, non capisce la fattorizzazione dei polinomi? A me sembra impossibile, perché la prima è una cosa difficile e complessa, mentre le altre sono stupidaggini. Mi sono messo a studiare questo tipo di ragazzi, che vanno bene in tutto, ma falliscono proprio in matematica e ho fatto delle scoperte incredibili. La maggior parte di loro fallisce non per colpa della matematica, ma per colpa dei meccanismi formali della matematica.

Ci sono due tipologie diverse di persone che reagiscono male alla matematica. Quelle che non ne capiscono la fantasia e l’artisticità e le vanno a ricercare tra le altre discipline. Con queste persone, io applico il procedimento contrario: mostro la matematica che sta dietro molte opere d’arte e di letteratura. A questo proposito ho scritto vari libri che hanno avuto un ottimo successo come Leonardo e la matematicaoppure Matematica. Stupore e poesia. Poi ci sono invece delle persone più tecniche e pragmatiche, che hanno bisogno di sentirsi dire a cosa serve la matematica. A questi rispondo che siamo circondati dalla matematica: qualunque cosa tu faccia, dall’uso del cellulare all’operarsi agli occhi, è legato strettamente alla matematica. Ho scritto un libro anche per loro Matematica dappertutto - spiegando che, ovunque guardi, c’è della matematica.

Lei studia e insegna matematica da tutta la vita e mi pare che si stia preoccupando anche di migliorarne la reputazione tra gli studenti, c'è una qualità particolare, o forse più d'una, che l'ha sempre affascinata della matematica?

“La fantasia incredibile dei creatori. Uno non verrebbe mai pagato per riscrivere un racconto già scritto o ridipingere un quadro già dipinto. In matematica è la stessa cosa. Un matematico di professione deve inventarsi sempre delle cose nuove. Inventarsi dei racconti nuovi o un quadro nuovo non è banale, ci vuole una fantasia tremenda. E così i matematici, uguale: i teoremi già dimostrati non interessano a nessuno. Inventare in matematica ha lo stesso senso che ha in poesia.

Spesso ci si sente impotenti - e lo dico per esperienza personale - di fronte a problemi, espressioni, figure geometriche di cui bisogna calcolare aree e perimetri avendo pochissimi dati, almeno in apparenza. Cosa bisogna fare quando sembra non ci siano soluzioni al problema? Sbattere la testa contro il muro, sperare in un'illuminazione? Scommetto che lei ha qualche suggerimento più intelligente.

L’unica è prenderla come fosse una sfida personale. Ma bisogna prenderla un po’ sul ridere. Anche questa enfasi esagerata del tipo “chi non è bravo in matematica non è intelligente” è assurda. C’è gente intelligentissima che non va bene in matematica, ma è bravissima in altri campi. È una fantasia legata ad un passato ormai superato: le intelligenze dell’essere umano sono tante. Una di queste è l’intelligenza logica.
Quando uno sbaglia a scuola sembra sia successo un peccato mortale. Cerchiamo piuttosto di trasformare l’errore in sfide personali divertenti dove lo studente si senta sereno. Lo spirito dev’essere: “Non sono riuscito a risolvere il tal problema”, “Bene, intanto ci facciamo una bella partita di pallone, poi vediamo di risolverlo insieme: fingiamo che sia un labirinto da cui devi uscire, ma non prenderlo con questo tono drammatico, prendilo con serenità.”

La storia della matematica è una storia di errori. È bello vedere gli errori tremendi fatti dai grandissimi della matematica per andare avanti. L’errore è visto come negativo solo a scuola, tra noi scienziati l’errore è una cosa del tutto normale: è ovvio che si sbagli.
Leggerezza è la parola che sta girando di più tra noi che ci occupiamo di didattica della matematica. Prenderla con leggerezza. Questa è la chiave.
La matematica non è chiusa in se stessa, ma è la disciplina più disposta a mettersi in discussione di tutte.”

In Italia la scuola inizia proprio oggi per la maggior parte degli studenti, un consiglio e un augurio che farebbe ai bambini e ragazzi che già partono con il cruccio di un anno di matematica da affrontare?

Auguro ai bambini di riconciliarsi con la matematica e di ritrovare il divertimento opportuno in tutto quello che faranno di matematica.

Bruno D’Amore abita con la moglie, Martha, matematico anche lei, a Bogotà, Colombia, 9 milioni di abitanti e circa 2.500 metri di altitudine. Cucina, ama il vino buono e viaggia in tutto il mondo, ha addirittura visto la danza matematica dei Quechua. Il suo numero preferito è lo zero e ricerca la matematica un po’ dappertutto, ma sopratutto tra le cose belle, come arte, musica e letteratura.  

Editoriale Scienza ha dedicato un’intera collana alla risposta di curiosità e domande riguardanti diverse discipline scientifiche: Teste Toste. Noi chiediamo, le teste toste intervistate rispondono! Chi sono queste teste toste? Uomini e donne che hanno dedicato la vita alla ricerca e alla scienza e che ora vogliono condividere con tutti noi le loro conoscenze per appassionarci. Una collana davvero preziosa ora che ricomincia la scuola.
Oltre a Bruno D’Amore che ci fa innamorare della matematica, avremo Margherita Hack che ci racconta Perché le stelle non ci cadono in testa? o Mario Tozzi che ci spiega il Perché i vulcani si svegliano? O ancora Telmo Pievani che ci dice il Perché siamo parenti delle galline?

A condurre le interviste alle Teste Toste il coraggioso e simpatico Federico Taddia , giornalista e scrittore, che pensa e parla per e con i bambini.

Perché diamo i numeri? E tante altre domande sulla matematica, Bruno D’Amore, Federico Taddia, Editoriale Scienza, 2012

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Ilaria Cairoli