La Grande Guerra delle chiatte: i pontoni armati nella Laguna Veneta (1917-18)
Lifestyle

La Grande Guerra delle chiatte: i pontoni armati nella Laguna Veneta (1917-18)

Il dedalo di canali della laguna tra Venezia e l'Isonzo vide l'impiego di chiatte armate con compiti sia difensivi che offensivi a supporto delle fanterie

Allo scoppio della Grande Guerra, la  Regia Marina fu subito incaricata non soltanto della difesa costiera, ma anche dell'intervento a fianco della fanteria come supporto di artiglieria nella zona compresa tra la laguna di Venezia e il fronte dell'Isonzo.

Il territorio lagunare è caratterizzato da una fitta rete di canali e vie d'acqua che attraversano il litorale adriatico da Venezia a Grado fino a giungere alle foci dell'Isonzo, vale a dire all'estremità sudorientale del fronte.

Per le caratteristiche della navigazione della zona litoranea, fu necessario approntare un numero di imbarcazioni a basso pescaggio come i pontoni, sui quali venivano montati grossi calibri d'artiglieria e pezzi contraerei. Alcune di queste chiatte erano state riconvertite all'uso militare dal naviglio mercantile e da pesca, altri pontoni erano stati costruiti ex novo dall'Arsenale di Venezia. Tra i più potenti e prestanti vi erano i cosiddetti "monitori" (sinonimo di nave corazzata) Faà di Bruno e Alfredo Cappellini. Nati a Venezia dai cantieri dell'Arsenale, i due pontoni avevano ricevuto i grandi calibri originariamente destinati alla corazzata "Caracciolo", mai costruita. Si trattava di due cannoni da 381/40 con gittata utile di oltre 27km e proietti da 884Kg per una cadenza di tiro di circa 3 colpi/minuto. 

I due pontoni gemelli entrarono in servizio alla fine di luglio del 1917 nel corso dell' undicesima battaglia dell'Isonzo e furono impiegati assieme ad unità della Royal Navy contro alcune postazioni austriache del basso Isonzo. 

La disfatta di Caporetto vide la ritirata dei pontoni della Regia Marina a difesa della nuova linea del fronte scivolata oltre il Piave. I due monitori gemelli Faà di Bruno e Cappellini furono agganciati ciascuno ad un rimorchio per il trasferimento ad Ancona, dove avrebbero dovuto rafforzare le difese costiere della città. 

Mentre il convoglio con i due pontoni incrociava lungo la costa marchigiana, all'altezza della foce del fiume Esino fu investito da una violenta tempesta. Rotte le cime di traino dalla furia del mare, il Fàa di Bruno si incagliava nei pressi di Marotta. Per il gemello Cappellini la sorte fu tragica: data la tenuta non perfettamente stagna dello scafo, il pontone iniziò a imbarcare più acqua di quanto le pompe di bordo potessero aspirare. Poco dopo si inclinava su un fianco ed il peso dei pezzi da 381 lo fecero inabissare in pochi minuti. La maggior parte dell'equipaggio perì in mare, compreso il comandante Pesce. 

Il Faà di Bruno sarà messo in sicurezza da 11 ragazze di Marotta che, sfidando il fortunale con una piccola imbarcazione, riusciranno a ormeggiare il pontone armato ricevendo in seguito la medaglia di bronzo della Marina.

Alla fine della Grande Guerra il Faà di Brunosarà rimessato, per essere nuovamente impiegato allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale a Genova nel quando fu assegnato alle difese del porto con la sigla GM 194

Il 9 febbraio 1941 la Royal Navy bombardò il capoluogo ligure e il vecchio pontone interverrà sparando solo tre colpi prima di essere danneggiato dall'artiglieria britannica. L'ultimo pontone armato, che fece due guerre mondiali, verrà smantellato tra il 1945 e il 1946.

Wikimedia
Il pontone armato "Alfredo Cappellini" in navigazione nella laguna veneta. Era armato come il gemello "Fàa di Bruno" da 2 calibri da 381/40

I più letti

avatar-icon

Edoardo Frittoli