Lo Hobbit riaccende la passione dei tolkieniani
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Lo Hobbit riaccende la passione dei tolkieniani

Si risveglia l'amore per la Terra di Mezzo in Italia. Breve storia della "fortuna" dell'opera e del mito di Tolkien nel nostro paese

L'arrivo della versione cinematografica de Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien, con il primo film della nuova trilogia girata da Peter Jackson Un viaggio inaspettato, ha risvegliato la passione per il mondo della Terra di Mezzo in tanti italiani.

Le avventure di Bilbo Baggins, protagonista de Lo Hobbit, furono pubblicate nel 1937 dallo studioso oxfordiano per i propri bambini, ma la narrazione coinvolge grandi e piccoli, perché come tutte le favole è costruita su archetipi universali: c’è l’eroe, il viaggio iniziatico pieno di pericoli e imprevisti, le prove da superare per vincere le proprie debolezze, il combattimento con il drago e il recupero del tesoro che conclude la missione.

Tolkien in Italia è un fenomeno pop che ha colonizzato l’immaginario giovanile, anche grazie alla prima trilogia curata dal regista neozelandese (2001-2002).

La Società Tolkieniana Italiana, presieduta da Domenico Dimichino, è una delle più attive dei vari sodalizi nel mondo: conta oltre settecento iscritti, promuove da anni feste a tema, la più importante è la Hobbiton che si è svolta in Friuli e nel Lazio, e stampa due riviste di approfondimento, Minas Tirith e Terra di Mezzo.

I romanzi di Tolkien da noi ebbero un inizio-flop. Nel 1967 l’editore romano Mario Ubaldini pubblicò La compagnia dell’Anello per Astrolabio, ma il primo volume della trilogia del Signore degli Anelli non ottenne il successo sperato. E così l’opera, tradotta dalla giovanissima Vicky Alliata, fu offerta ad Alfredo Cattabiani della Rusconi, che fu perplesso su un’operazione culturale che avrebbe comportato la stampa di un romanzo di oltre mille e cinquecento pagine.

A cambiare il corso degli eventi intervenne Elémire Zolla, studioso di mistica, reduce da una serie di conferenze tenute negli Stati Uniti. Raccontò a Cattabiani che i campus erano pieni di scritte come “Gandalf lives”, inneggianti ai personaggi della saga: Tolkien era uno dei testi più diffusi durante la contestazione studentesca. E l’idea convinse anche Quirino Principe. L’editore Edilio Rusconi diede il via libera a Cattabiani con queste parole: “E’ un capriccio, ma la stimo troppo per non farle almeno questa concessione”. E così nel 1970 l’opera fu interamente tradotta e pubblicata.

La letteratura fantasy e i romanzi tolkieniani non furono particolarmente apprezzati dall’establishment della cultura italiana mentre nelle librerie le vendite subirono una rapida impennata intercettando lettori che amavano l’eroismo e cercavano la riscoperta del mito e del sacro.

A sinistra questo genere di scritti fu considerato con sospetto, soprattutto perché allontanava dall’impegno nei conflitti sociali, mentre a destra, anche grazie a una recensione sulla rivista underground La voce della fogna di Marco Tarchi (ora politologo dell’Università di Firenze), il Signore degli Anelli divenne un cult – definito “reazionarismo delizioso” - e rivoluzionò il lessico e la simbologia dei postmissini, che passarono dai labari a riconoscersi nelle gesta di Frodo, Sam e Aragorn e a organizzare festosi raduni chiamati “Campi Hobbit”. Negli ultimi anni è in atto anche una riscoperta di Tolkien a sinistra (anche negli ambienti più radicali, tra gli antagonisti di via dei Volsci e con i Wu Ming).

Con l’ultimo film di Jackson si moltiplicano le iniziative culturali e di marketing legate all’universo dei mezziuomini tolkieniani. Oltre a cd musicali, giochi di ruolo ispirati alla saga e videogames, c’è anche la serie Lego dedicata alla Terra di Mezzo e alle avventure di Frodo. La guerra per l’Anello si può combattere anche con gli storici mattoncini colorati.

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Michele De Feudis